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Caso Giambalvo, anche la Cgil chiede le sue dimissioni

La società castelvetranese deve riscattarsi attraverso un impegno comune, che veda insieme le istituzioni e le associazioni locali, contro la mafia, la corruzione, il malaffare e una subcultura mafiosa che genera connivenza”.

La Cgil di Trapani e la Camera del lavoro di Castelvetrano intervengono sulla vicenda del consigliere comunale Calogero “Lillo” Giambalvo di Articolo 4, che dopo 13 mesi di carcere è stato assolto e adesso siede nuovamente in consiglio, su cui pesano le gravi parole, registrate nelle intercettazioni telefoniche dei Ros dei carabinieri, in cui manifesta apprezzamento e rispetto per il boss latitante Matteo Messina Denaro.


“I cittadini castelvetranesi e le forze sane del territorio – dice il segretario generale della Cgil Filippo Cutrona – devono pretendere con forza che chi rappresenta le istituzioni non inneggi alla mafia e ai suoi esponenti. Il Consigliere Giambalvo è stato assolto dopo l’arresto nell’ambito dell’operazione Eden 2, ma adesso, rese note le intercettazioni, non si può tollerare la sua presenza all’interno del consiglio comunale. Inoltre è inaccettabile che il consigliere sfidi le Istituzioni e la città intera annunciando, con arroganza, la sua ricandidatura alle prossime elezioni”.
“E’ indispensabile – prosegue Cutrona – che la città chieda con forza l’esclusione dai ruoli istituzionali del consigliere Giambalvo e di chiunque manifesti qualsiasi tipo di legame con il sistema mafioso”.
La Cgil ribadisce, ancora una volta, una “presenza e un condizionamento mafioso nel tessuto economico del territorio trapanese, e in particolare castelvetranese, tale da ostacolarne lo sviluppo e la crescita sociale, anche a scapito delle imprese sane e dei cittadini onesti”.
“Castelvetrano – conclude Cutrona – deve scrollarsi di dosso il peso di una sottile e pervasiva intimidazione che oltre a ostacolare la crescita e lo sviluppo del territorio la piega ai propri criminali interessi alimentando nella società diffusi comportamenti omissivi che rischiano di essere culturalmente asserviti al potere mafioso”.

L’ufficio stampa

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