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IL RITORNO DI LUIGI SINISCALCHI A CATANIA: UN'INTERVISTA DISPERSA (E RITROVATA)

(di GIUSEPPE MARESCA e LUCA RAIMONDI) - Torna a Etna Comics Luigi Siniscalchi (conosciuto anche come “Sinis”), attualmente uno dei più apprezzati disegnatori di casa Bonelli ma che, non appena diplomatosi presso il liceo artistico, Siniscalchi ha iniziato a lavorare nel mondo dei fumetti come assistente di Giuliano Piccininno su Alan Ford, per poi esordire come disegnatore ufficiale con fumetti erotici e con Masters of the Universe. Nel 1989 ha pubblicato su riviste come Splatter e Mostri alcune storie horror. Debutta alla Sergio Bonelli Editore, poco più che ventenne, con un episodio di DYLAN DOG "I killer venuti dal buio", pubblicato nel marzo del 1993. Sarà solo l’inizio di una lunghissima carriera che lo porterà a disegnare i maggiori personaggi della casa editrice di via Buonarroti: Martin Mystère, Nick Raider (di cui è diventato un disegnatore simbolo), Julia, Magico Vento, Demian, Saguaro Cassidy e Il Commissario Ricciardi.

Lo abbiamo incontrato l’anno scorso, dai nostri disordinatissimi archivi è saltato fuori il file disperso di una breve intervista!

Caro Luigi, non possiamo dimenticare il tuo esordio con Dylan Dog in uno dei primi, mitici, cento numeri (il 78, già citato, “I killer venuti dal buio”), una storia del nostro amico Claudio Chiaverotti, così come di Claudio era la tua storia successiva, “Fantasmi”. Cosa ricordi di quel periodo?

C’era una bellissima atmosfera già quando mi presentai alla Bonelli e all’appuntamento con Tiziano Sclavi, saltò subito fuori che lui conosceva i miei lavori per “Splatter” e “Mostri”. Mi diede delle tavole di prova (una dozzina, che poi erano appunto relative a “I killer venuti dal buio”), mi disse di proseguire, che mi avrebbe inviato le altre pagine di sceneggiatura, e mi mise in contatto con Claudio, persona stupenda (dal forte accento torinese), ero giovanissimo e mi approcciavo a un fumetto popolare che già conoscevo, avevo letto Dylan Dog già da ragazzino, dal primo numero… avevo a che fare con Sergio Bonelli, con Decio Canzio, con Alfredo Castelli, per era un sogno che diventava realtà, qualcosa a cui sembrava impossibile arrivare e invece…

Ricordiamo un altro episodio disegnato da te e sceneggiato da Gianfranco Manfredi, “I giorni dell’incubo”

Fu una storia strana, io non avevo alcun soggetto, avevo le prime pagine in cui si parlava di una ragazza entrata a far parte di una setta. Dylan cercava di difendere e comprendere da lì si snocciolava una situazione che io, non avendo alcuna sinossi, disegnavo e scoprivo man mano come se fossi il lettore., io stesso mi meravigliavo di quello che succedeva. Ricordo una scrittura totalmente nuova per me, Manfredi era uno sceneggiatore molto immediato, che veniva dal cinema, che con pochi dettagli ti faceva immaginare subito la sequenza; l’ho reincontrato anche dopo, con Nick Raider, Magico vento…

Le tavole di quell’albo, in particolare quelle finali, erano dei piccoli capolavori, in una di queste Dylan Dog indossava degli occhiali perché fotofobico e tu hai realizzato delle vignette tra luce e ombre in cui il chiaro e lo scuro si scambiano… e poi soprattutto quando Dylan prevede il futuro grazie a una specie di collirio e allora appaiono un cavallo scheletrico, un bambino già anziano nella carrozzina… quanto è frutto della tua immaginazione?

Manfredi aveva già descritto tutto perfettamente, la cosa che mi lasciava sbigottito era disegnare Groucho anziano o lo stesso Dylan invecchiato allo specchio… anche il bambinonel passeggino mi incuriosiva, era un po’ come in Benjamin Button, era sottile il filo che poteva unire un vecchio vestito da bambino… fu strano il tipo di ragionamento che dovevo fare per arrivare a una soluzione grafica, la fioraia anziana coi fiori secchi, tutto quello che Dylan vedeva attraverso gli occhiali, una realtà distorta, ma reale…

Per quanto riguarda la tua esperienza con quel fantastico fumetto che era “Magico Vento”, cosa ricordi? C’è qualche numero a cui sei più affezionato?

Mah, quello delle cannibali (“Le cannibali”, n. 110 del 2007, sceneggiatura di Gianfranco Manfredi ndr)… mi divertii molto a disegnarlo perché per la prima volta dovevo illustrare dei corpi nudi o seminudi che saltavano da un albero all’altro. Un tipo di fumetto alla Burne Hogarth, quello di Tarzan per intenderci, in cui mi divertii a scoprire un me stesso che non conoscevo. Avevo disegnato i Masters da ragazzino, ma era un fumetto per un altro target… qui bisognava essere realistici, disegnare delle bambine nella neve assalite dai lupi era una situazione nuova per me, anche se disegnavo già da un bel po’ di tempo.

Progetti futuri? Passerai mai a qualche nuovo personaggio (come Zagor, magari)?

Lo farei di corsa, ma è già impegnativo continuare con il commissario Ricciardi e con Dylan Dog, avendo un’altra vita… Dylan poi è il Dylan di “Old boy”, quello delle origini, quello che ho conosciuto io da giovanissimo, devo quindi ripulirmi di tutta la modernità per riportare Dylan agli anni 90!

Grazie maestro!




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