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Quando Lovecraft incontrò Barker in Italia

(di GIUSEPPE MARESCA) - No signori, la mitopoiesi su ipotetici viaggi in Italia del Solitario di Providence o del Negromante di Liverpool è ricca di episodi mai avvenuti sui quali poi si è costruito. Però si sa, la letteratura horror se fatta da italiani è quanto di più ingrato ci sia da quando l'uomo ha imparato l'arte del raccontare su carta; sì, perché c'è un autore dimenticato (ma tanto tanto tanto...) che sembra raccogliere in sé le stravaganze de "l'unico vero erede di Stephen King" e la fantasia sfrenata di "colui che sussurrava nelle tenebre"... Domenico Cammarota, a volte indicato come Domenico Cammarota Jr. o M.D. Cammarota (fa tanto H-P. Lovecraft di Santa Lucia), classe 1953, napoletano, ha manifestato mille interessi poliedrici: da un saggio sulla poesia Futurista (ma tu pensa...) al cinema peplum, dal cinema di Dario Argento alla fantascienza di Dick, ma elencare la saggistica prodotta da questo ierofante partenopeo è davvero sconfinata; però non è sulla saggistica di Cammarota, autore peraltro per Fanucci del poderoso terzo volume di Storia del cinema dell'orrore, che contrariamente a quanto afferma un noto critico di una rivista specializzata, affronta tutto, ma proprio tutto sulla produzione horror dal 1977 al 1993 (mica cazzi, ci mette pure i detestabili mondo-movies come Dimensione violenza, pellicola che più horror - più nel male che nel bene - di così non saprei cosa immaginare). Ma dicevamo: non è su questo che vogliamo soffermarci. Sì, perché chi seguirà questo excursus sulla narrativa di Cammarota, scoprirà piccole grandi perle dell'horror in narrativa, allucinanti e barocche, che meriterebbero subito una riscoperta o quantomeno una ristampa. Intendiamoci, non è particolarmente prolifica nel campo della narrativa la produzione di Cammarota, ma due romanzi brevi (o racconti lunghi, odio queste dicotomie inutili), due racconti "alla Lovecraft di Weird tales", un paio di racconti alla Robert Erwin Howard (che Dio lo benedica, ovunque egli sia, per tutto ciò che ha dato alla narrativa fantastica), che più che ai barbari di Howard richiamano i truci personaggi fuori dal tempo alla Kane del compianto Karl Edward Wagner, e avere avuto l'onore e la possibilità di scrivere tre racconti basati su delle tracce lasciate da uno dei grandi maestri di Lovecraft nonché "padre" del Grande dio Pan: Arthur Machen. Ebbene sì, questa è una storia che parla di riscoperte di arcani e innominabili volumi, autori che sarebbe bene non leggere perché causano una forte dipendenza e perché dopo le prime pagine, si chiude il libro e si inizia a guardare sotto il letto, dentro l'armadio, in cantina, o si scruta con sospetto chiunque ci circonda perché lo si immagina diverso da come appare o culture chissà di quali culti dimenticati. 
Ma attenzione: le storie di Cammarota non sono solo bei racconti di atmosfera alla Weird tales o alla Tales from the Crypt... sono anche storie dalla violenza grafica insistita come nella migliore tradizione dello splatter vecchia maniera, quello che impressionava tanto nelle opere cinematografiche dei maestri italiani alla Fulci, D'Amato, Lenzi e Deodato o nelle pagine del Clive Barker dei Books of blood o di Gioco dannato. Anche il sesso, grande tabù di un certo tipo di narrativa alla Lovecraft, legata forse ancora a stilemi da letteratura vittoriana (se non addirittura elisabettiana) irrompe in maniera ammaliante e perversa nelle sue opere migliori, l'interesse e la cura per la ricostruzione storica (due delle sue storie migliori sono ambientate una nel Medioevo, l'altra nel Seicento) e una prosa a tratti cristallina, a tratti allucinata completano il tutto. Il problema di Domenico Cammarota? Di essere nato in Italia...perché se fosse nato in Inghilterra o in America, sicuramente avrebbe fatto strada. Il problema degli italiani? Non aver la minima capacità di sapersi emozionare per la lettura fantastica!


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