Sarà pure un’affermazione banale ma è frutto della penna di Simon Kuper, giornalista del Times che ha condotto ricerche a riguardo sia a casa sua, in Inghilterra, che nel resto del mondo. Sembra che i genitori di tutte le latitudini siano ossessionati dal futuro dei propri Figli, tanto da volerne fare con ogni mezzo persone di successo ed economicamente realizzate.
Sì ma a quale costo? Tutta questa pressione che già dalla tenera età si traduce in poco gioco e tanta competizione tra coetanei non è funzionale alla loro felicità. Corsi di lingue, due o tre sport, uno strumento da suonare alla perfezione, bambini con un’agenda così piena di impegni rischiano di diventare adulti ansiosi e insoddisfatti, sentimenti che un bel conto in banca non può cancellare.
Ecco quindi l’annosa ed irrisolta questione dell’essere (ricchi) o non essere, della scelta tra la carriera e la vita privata. La felicità non è direttamente proporzionale al reddito e molti studi lo dimostrano. In Inghilterra le statistiche danno Sacerdoti e Personal trainer come i più contenti, categorie di lavoratori che non hanno di certo stipendi da mille e una notte.
Un esempio tutto Italiano è Reggio Emilia, dove Kuper nel corso di un’inchiesta ha incontrato più persone soddisfatte che a New York e Londra. Fare un lavoro che si ama piuttosto che uno in cui si guadagna molto, vivere con ritmi meno frenetici e stressanti potrebbero essere le giuste scelte per la nostra felicità e quella dei nostri figli. Non ci resta allora che concentrarci su ciò che ci piace ed allentare la pressione.