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Un racconto in musica da Rocca Massima a cura di Maria Lanciotti

@ Futuribilepassato | Luca Tittoni. È andata a scovarlo sulle asperità di Rocca Massina, non lontano da lei, veliterna. Un'intervista racconto che affascina; ci parla di tradizioni, di innovazione e di borghi storici che provano a riprendere vita durante il vuoto dell'epoca globale. Parli di Rocca Massima, territorio dei Lepini e ti aspetteresti olio di oliva, vino o qualcosa di enogastronomico. No. Spunta una sinfonia, scorgi un liutaio, e che liutaio. Belle le mani, forgiano capolavori, scrivono racconti. Maria Lanciotti intervista Paolo Dubla nell'ambito del progetto Maestri artigiani e nuovi talenti per il made in Rome. 
Parola a lei.

“È a rischio secondo me la cultura italiana. Vedo una demolizione di quelle che sono le possibilità per i giovani musicisti. Invece di pensare se con la cultura si mangia o no, pensiamo a una società senza una forma d’arte”
Una storia che parte dalle brume e gli sterminati oliveti di Rocca Massima con un nonno falegname e il ritorno all’antico borgo del nipote liutaio.
Paolo Dubla, nato a Velletri nel 1983, fra i vincitori del concorso nazionale “Premia la tua idea di impresa” edizione 2015, rappresenta da qualche tempo un’altra eccellenza di questo nido d’aquila posto su uno sperone, il comune più alto in provincia di Latina.  Trecento anime e tanta animazione anche quando tutto sembra fermo nel tempo.
Paolo si presenta con un sorriso disarmante e quietamente, quasi meditando ogni parola, ricostruisce le fasi di un percorso tortuoso e affascinante che tuttora lo impegna in una ricerca che va oltre le ragioni di studio e di lavoro. Ascoltarlo è anche un interrogarsi sulla nostra società e il senso profondo e inalienabile dell’arte.

Paolo, com’è arrivato a essere quello di oggi?
Tutto lineare fino alle superiori, poi inizio a suonare la chitarra. E da lì c’è stato un cambiamento di mentalità, forse anche di valori. La musica l’avevo sempre ascoltata con piacere, ma entrandoci, suonandola, ho sentito il bisogno di capire altre cose. Il tocco, i suoni sempre diversi secondo chi suona lo strumento. E capisco che faceva parte dei sentimenti. Una volta un amico con cui suonavo, senza mai sentirmi all’altezza, mi disse: “Come tu suoni la chitarra non la suonerà mai nessuno, come la suoni tu, è tua”. Questa cosa mi ha appassionato sempre di più, poter esprimere sentimenti e provare emozioni.

Come ha proseguito gli studi?
Dopo l’ITIS ho preso ingegneria. Ma c’era qualcosa che non andava. Mancavo proprio di concentrazione.  E suonavo troppo rispetto a quanto dovevo studiare. Avevamo messo su un gruppo, Sensi Inversi, e avevo iniziato a scrivere canzoni. Da lì è nata la liuteria.
 
L'intervista prosegue a questo link. Buona lettura. 
Fonte foto post, clicca qui.


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