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Rischio dazi in USA e il calo dei consumi interni minacciano il Pecorino romano; Andrea Pinna (F.lli Pinna SpA):’Stagione ancora incerta ma il mercato terrà botta’

(Andrea Pinna, direttore commerciale F.lli Pinna SpA)

L’anno scorso hanno compiuto 100 anni di vita. Una storia, quella della Fratelli Pinna di Thiesi, che arriva fino a oggi con la terza generazione al timone di un gruppo leader in Italia nella trasformazione del latte di pecora e di capra e nella produzione di pecorini sardi. 185 dipendenti e 60 milioni di fatturato grazie agli 8,4 milioni di chili totali venduti e ai 40 milioni di litri lavorati di latte di pecora e di capra.

Ma il rischio di introduzione dei dazi doganali in Usa preoccupa Andrea Pinna, direttore commerciale del gruppo caseario sassarese. Il 15 agosto, lo United States Trade Rappresentative deciderà se anche il Pecorino Romano verrà inserito in quella lista in cui sono finiti il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano, che ha comportato dazi del 25%.

Il Nord America rappresenta per noi il 50% del mercato del Pecorino romano”, dice Pinnaconversando’ con ‘CUOREECONOMICO. “Sarebbe una batosta molto dura che si aggiungerebbe a quella del Covid che ha fatto diminuire i consumi”.

Quali le produzioni su cui siete impegnati?

“In primis, il Pecorino romano. Ci sono poi i prodotti da tavola, come il Brigante, il Fiore sardo e anche i prodotti alternativi quali i canestrati, i rigati e le specialità col tartufo, il rosmarino, lo zafferano e le ricotte o i prodotti vegetariani col caglio di cardo per il mercato inglese”.

Quanto pesa l’export?

“Il 30% del prodotto viene esportato, di cui il 90% è fatto dal mercato nordamericano. In Italia vendiamo dappertutto, sia nella grande distribuzione sia nel normal trade”.

Come state affrontando la crisi del Covid?

“Alla giornata. Abbiamo contratti che iniziano da ottobre-novembre e finiscono ad agosto e quindi ritiriamo tutto il latte che ci viene portato, a prescindere dal prezzo o dalle vendite in cantiere. Certo, con la pandemia abbiamo dovuto riposizionare alcuni prodotti”.

Prossime strategie?

Negli ultimi anni, abbiamo cercato di specializzarci nei prodotti da tavola. Restiamo comunque i più grandi produttori di Pecorino romano. Ma è un boomerang: quando tira bene esalta tutti con prezzi del latte in aumento, quando invece va in depressione è un problema anche per gli altri prodotti”.

 E quand’è che va in depressione?

“Quando hai una quantità di prodotto che non riesci a collocare a certi prezzi. È successo due anni fa: si sono prodotti 340 mila quintali a fronte di un mercato che ne poteva accogliere 250 mila. Quest’anno, la produzione sarà un 15% in più dell’anno passato. I consumi del Romano diminuiranno perché avrà prezzi più alti. Ma terrà botta! Oggi il Romano è sotto di un euro rispetto al Parmigiano reggiano, mentre un anno fa il Reggiano costava più del doppio: 13 euro al chilo contro i 5,5 del Romano”.

Di Lanfranco Olivieri

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