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ULTIME TENTAZIONI DI UN UOMO SOLO E ALTRE STORIE

Ultime tentazioni di un uomo solo 

e altre storie riviste e corrette

Iannozzi Giuseppe

LUNA BUGIARDA

Quante volte ho fatto a botte
con l’acquasanta
vestendo
il rosso del diavolo
e la bocca a trentadue denti

Su lividi tramonti
vuoti d’allegria
ho segnato il mio destino,
perché non mi sfuggisse
il guinzaglio di Cerbero
Lungo i Sette Mari
ho cercato Sirene e Venti
E sempre sotto la Luna
ho cantato ebbro;
ma salse lagrime
m’han segato il viso
Sino a Babilonia mi son spinto,
cercando fra le macerie
una parola o un volto amico
che m’insegnasse Poesia;
e di Dio la faccia irata
subito ho incontrata,
la bocca spalancata come fornace
cosicché indietro ho mosso il passo
ma non prima d’aver gridato la collera,
la mortale fragilità dell’Ebreo Errante
E anche Dio ha piegato il ginocchio,
lo giuro che così è stato

Tu, Luna, che luce diffondi
di Verginità, or dimmi la Verità,
dimmi se speme è giusto nutrire
se dopo tanti e tanti anni
ancora son qui e son sempre io
non diverso non migliore,
soltanto più stanco del lungo vagabondare
Ora non tacere
Il dubbio dissolvi, adesso e per sempre
o giuro che mai più mi troverai
di fronte a te in ginocchio

POVERA FANCIULLA

Hai perso il senno
Sulla Luna credevi
di poterlo raccogliere
insieme a quell’altro
d’un uomo
piuttosto famoso
un dì ormai lontano
– da tutti dimenticato;
e invece solo
hai scoperto
che pazzia chiama
pazzia, piena pazzia
che i mari fa incollerire
e gl’amori morire
nel mezzo di procelle
senza nome né anima

Povera Fanciulla
E’ verme strisciante
quel luccichio negl’occhi
che ogni mattina
allo specchio ritrovi
insieme alla tua imago
sì virginale

Povera, povera Anima
che le notti tutte vivi
a lume di candela
plorando per la Croce
– danzante stella –
fra gli acerbi seni
non ancora sfiorati
da mani innamorate

UNO O DUE PENSIERI IN PIÙ

Fanciulla in fiore,
quanti sogni, quanti, per Dio!
Domani avrete però accanto
uno o due pensieri in più,
un figlio e un uomo duro
che col favore delle tenebre
nelle vostre camere
farà irruzione pel piacere
di veder sulle vostre gote
subito diffuso rossore
nel chiamarlo “Marito,
Marito caro, presto venite!”

Nei giorni di lontananza
che il nome caro impegnato
in guerra a rischiar la vita,
quanti sospiri darete
fissando negl’occhi il piccino
che v’ha dato sì simile a lui;
ed allora gli perdonerete
gli slanci d’ebbrezza,
quella sua voglia d’amarvi
tanto per la carne
quanto per l’ascosa anima
nel gravido petto allattata.

Son certo che una lagrima,
almeno una la spenderete
perché a voi ritorni tutto d’un pezzo;
poi al seno il figlio roseo stringerete
e una ninna nanna gli canterete
con calda voce, dolce dolce…

PRIMA DELL’ESTATE

Un bianco giglio di valle
dalla neve a sciogliersi nascosto,
gitana malizia, raggio di gioia
in punta di piedi danzante

ULTIMA TENTAZIONE D’UN UOMO SOLO

Tu non mi ami
Non mi ami tu, or lo so
Quante, quante illusioni
ho pianto sul cuscino
nelle notti in bianco
pensando te a ogni istante
Tu non mi ami
E io non posso legarti,
non posso straziarti l’anima
come fai tu con la mia,
con un graffio di sguardo e via

Ogni santa notte immagino
sulla schiena mia le tue unghie
a graffiarmi la vita che se ne va
Lunghe pause di silenzio ingoio
ascoltando il batticuore
A niente serve, non serve
Non sei tu con me a farmi l’amore
Mi fa star male il pensiero di te,
di te così bella,
così bella e impossibile per me

Dentro di me ci sei te,
chiodo fisso piantato
ben dentro a mani e piedi
come fu per Gesù!

Prima o poi il fondo lo toccherò
e sarò santo e per sempre perduto,
destinato a spiegare alla gente
perché con tanto fracasso son caduto
sollevando nuvole di polvere e cenere
A tutti sarò costretto a spiegare
che avevo una croce
e che non era abbastanza
per il mio dolore, così son caduto

Per una goccia di dolore in più
son caduto

Per una croce più pesante
così in basso sono adesso

Non mi ami e insieme a me
non posso inchiodarti,
insieme a me
anche se la tentazione c’è

FEMMINA!

Ti par questo il modo
di rivolgersi a un Re?
Perché sei la Favorita
non pensare di farmi
scacco matto! Basta
una mia parola e tosto
– te lo giuro! -, finisci
nelle negre segrete
a piangere sul destino
che t’ha voluta indifesa,
giovane ma in catene

Regolati dunque
e portami il rispetto
che si deve a un Re
qual io sono per diritto
di nascita, Femmina!

MARLENE, DIMMI PERCHÉ

E adesso sì che è finita
Marlene, Marlene, Marlene…
Non cade più la neve al confine
della Germania

Tu hai sempre su
la solita aria svagata
Fumi sigarette buone
Fuori tuonano i cannoni,
muoiono i barboni
gli zingari e i papponi,
tutti in un campo uguale,
tutti condannati
a medesimo basso destino

Tagliano le nuvole
in due questo cielo
che i preti dicono essere
Infinito di Dio;
c’è però solo una strada in salita,
d’ingiusta penitenza,
e poi il fischio delle pallottole
veloci alla schiena
Non ne esce salvo uno mai
nemmeno in orizzontale

Si fa pesante di fumo
questo cielo,
si fa di carne umana
che brucia e brucia e brucia

Marlene, Marlene, Marlene…
Che ne farai adesso della cenere?
Che te ne farai…
un lusso o niente?
A chi darai il tuo rossetto,
la prima boccata di fumo?

Marlene, Marlene, Marlene…
Così bella, belle come te
in Germania non ce n’è,
il sorriso bianco…
è più bianco della neve
di questo triste inverno
sol più grigio…
di questo inverno
che a rotta di collo vien giù
fra scoppi di risa isteriche
e urla di cenere

Marlene, Marlene, Marlene…
Fra scoppi di risa isteriche
e urla di cenere,
dimmi perché, perché…

GABBIANO

Non oso davvero
dire se un gabbiano
sia come un uomo
felice o meno,
se la pace la trova
fra le alte nuvole
o a pelo dell’acqua
in cerca di cibo,
d’un piccolo pesce
affogato al sole
Né oso dire
se tra sole e venti
le ali gli siano
solido appoggio;
eppur quando
un uccello così
profumato di salsedine
e non stanco
del lungo viaggio
si trova davanti
al mio sguardo,
in quel momento
capisco
che chiamato
al mondo
non posso rifiutare
di vivere
per quel che sono

ORIENTALE

Il Piccolo Monaco ha sorriso
al fiume impetuoso
La Donna ha alzato
gli occhi a mandorla
da terra
e ha tenuto il silenzio
come le hanno insegnato
quand’era una bambina al Tempio

MAESTRINA DI PAESE

Conoscevo un tempo
una maestrina
Di buon mattino si svegliava,
un bacio subito gittava
all’uccellino
sull’eterno suo ramo di ciliegio;
poi davanti allo speglio
spogliava fantasie
petalo dopo petalo
con lo sguardo perso
– fisso – quasi cercasse
sulla lucida superficie
l’imago d’una grandezza
nel Profondo nascosta

Forte le batteva il core in petto
per un niente o un verso di poesia
Amava i rossi velluti di Valencia
e il grezzo saio di San Francesco
Sempre stupiva
– arrossiva, scoperta
a immaginare il Nudo Peccato
In lei, gli alunni scoprivano tracce…
sul volto d’acqua e sapone,
e ne ridevano di nascosto
più per celia che per malizia,
non conoscendo ancora
della carne la forza

Conoscevo una maestrina
che ogni dì faceva la solita strada,
incontrando lungo il cammino
un piccolo prete di campagna
giovane e anche un po’ bello:
forte pedalava in piano e in salita,
ma quando la incontrava
le gambe gli cedevano
e poco mancava che rovinasse
fra ortiche e rampicanti al limite
della strada

NERO GREMBO

Viviamo poi solo
per tornare al buio
là dove il Nero ci ha partoriti

Qui siamo
con uno scopo
che non è la Primavera
né quella vita eterna
da dio promessa
a milioni di figli mortali
Remote ombre siamo
che nell’animo si nascondono
uguali a repellenti tumori:
niente conosciamo
che dalla sete sia diverso,
o dal rosso del sangue
che il ventre della Luna squarcia

Siamo l’Incubo e il Sogno,
Vampiri
che la morte la vivono portandola
a chiunque ne abbia desiderio
o meno

GRANDE VUOTO

Dammi indietro il mio sitar,
i libri degli antichi saggi
e quel giorno di pioggia
che ti mancava una bugia
L’autunno ha preso casa qui
Quando sono venuto
te l’avevo detto ch’ero
di passaggio;
hai taciuto
invitandomi a radermi il capo
Ci siamo poi seduti
senza parlare:
fuori c’era aria di rivoluzione

Dammi indietro quel giorno,
il suono estatico del sitar
che insegnava all’anima
la ribellione e la comunione
Dammi indietro la saggezza
e tutto il Grande Vuoto dell’Universo
Quando sono venuto
non ho mentito, ero una zucca vuota
una fra le tante possibili
Ora ho bisogno di suonare
e riprendere la strada sotto il sole
Ho conosciuto tante malattie,
alcune mortali e sono ancora qui
Ho visto piccoli uomini spaccare teste
e ho visto i loro stupidi becchini
Ho conosciuto un momento di pietà
per fermarmi a lungo in una distrazione
Ho visto monaci scivolare lungo il fiume
con la pancia gonfia d’acqua e il volto ammaccato
L’Universo ha impiegato proprio niente
per cadere nel suo Centro
Così ti chiedo di darmi indietro il sitar
Sono una zucca a metà e non vuota,
me l’hai insegnato tu immersi
nelle luci delle candele
Ma ora devo trovare il Suono Perfetto
che ci sollevi dalla Miseria
Fuori c’è più morte che rivoluzione,
non è tempo buono per la meditazione

I Beatles sono quasi tutti morti
I Rolling Stones sono neri dentro

O sì, sono così neri dentro
Tutti noi lo siamo
Dammi indietro il mio sitar,
le parole consumate degli antichi saggi
e quel giorno di pioggia
che ti mancava una bugia
per dirmi “t’amo”


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