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una vita inutile

una vita inutile

Giuseppe Iannozzi

Foto di Teral Goe su Unsplash

“senti, Hank, ce l’avresti qualcosa per me?”
lo guardo storto.
“rispondi, sì o no?”
gli rispondo dopo aver fatto finta di pensarci su: “no.”
“peccato.”
il vecchio Stalin scivola giù dalla sedia. barcolla fi-no alla porta. i più ridono di lui. è scappato dalla Russia tanti anni fa. la sua storia l’ha raccontata almeno un centinaio di volte in questo bar, non c’è uno che non la sappia a memoria: a sentire lui è stato costretto a fuggire dalla Russia… non è che non gli piacesse, ma non amava Stalin e se fosse restato gli stalinisti lo avrebbero fatto secco. non ama stare qui, in America, ripete sempre che non è diverso o qui o là. qui ci abbiamo fatto il callo, lo sfottò si limita a chiamarlo Stalin. lui non se la prende, felice di sapere che il vero Stalin è finito all’inferno da un pezzo. di tanto in tanto blatera di voler tornare in Russia perché non gli garba poi troppo di crepare qui; ma alla fine desiste perché tanto non è diverso o qui o là e poi qui ci sono le puttane… basta pagarle e non si fanno problemi a farsi un vecchiaccio male in arnese, mentre in Russia…

Stalin è morto tra le braccia di una puttana, seppellito con la faccia nelle sue tette grosse e flaccide.
Daisy butta giù senza pensarci su.
“è crepato fra le mie tette, giuro su dio.”
“Uhm!!!”
“metti forse in dubbio che…”
“no, no… ti è sembrato felice?”
“felice? che intendi, Hank?”
“è morto con il sorriso sulle labbra, sì o no?”
Daisy si fa rossa in volto, e non è facile che una come lei mostri pudore, in pubblico per giunta.
“non gliel’ho guardata la faccia. i morti mi fanno orrore.”
“povero diavolo!”
di secondo in secondo Daisy si fa sempre più rossa. alla fine sbotta: “che vorresti insinuare, Hank?”
“è solo che non sei più di primo pelo già da un bel pezzo.”
mi appioppa un ceffone. dovrei darle un bel calcio in culo, o una sberla come dio comanda, ma non faccio nessuna delle due cose. le offro invece un altro bicchiere, anche se in tasca ho quattro spiccioli sputati.
beviamo senza parlare.
il rosso nel bicchiere è una meraviglia anche se il sapore non è per palati gentili.

accompagno Daisy a casa. è tardi e non c’è la luna e solo il diavolo sa quanto è sbronza Daisy. non le era mai capitato che un uomo morisse nel suo letto, per di più con la testa sepolta fra le sue tette.
“il suo ultimo schizzo è stato per me”, farfuglia Daisy.
sulla guancia le scivola una lacrima.
“Hank, è vero che Stalin violentava le ragazzine?”
“il nostro Stalin non faceva male a una mosca.”
“Iosif Stalin.”
“non lo so, ma immagino di sì. Dmitriy diceva che era un porco senza anima.”
“Dmitriy?!”
“Dmitriy, certo, era questo il nome di battesimo del nostro Stalin.”
Daisy tace.
“fa freddo stasera, abbracciami.”
sbuffando rammento a Daisy il motto di Dmitriy: “non è diverso o qui o là.”
lei finge di non capire.

L’autore:

Iannozzi Giuseppe: (Torino, 1972) è scrittore, giornalista, critico letterario e blogger. È autore dei romanzi Angeli caduti (Cicorivolta edizioni, 2012), L’ultimo segreto di Nietzsche (Cicorivolta edizioni, 2013), La cattiva strada (Cicorivolta edizioni, 2014), La lebbra (Edizioni Il Foglio, 2013). Nel 2016 ha curato e tradotto gli apocrifi bukowskiani Bukowski, racconta! (Edizioni Il Foglio, 2016); nel 2017 ha pubblicato la sua prima antologia poetica, Donne e parole. Sulle orme di Leonard Cohen (Edizioni Il Foglio). Ha inoltre scritto introduzioni e critiche per diversi autori. Attualmente collabora con diverse testate online e non.



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