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La Luna spiava la loro bellezza

La Luna spiava la loro bellezza

ANTOLOGIA VOL. 248

Iannozzi Giuseppe

LA FINE DEGLI ANGELI

Tutto è finito
Ogni cosa ha perso
di valore
Tutti gli angeli
caduti
schiantati
sulla durezza
delle nostre anime
hanno assunto
quella volgarità
che ci tiene in piedi

FUORI DALLA TEMPESTA

È stata la tempesta,
non l’ho voluta
ma è stata;
così, adesso,
che sono
e sono fuori
dall’ingombro
di nuvole e vili strali,
taccio, lasciando
la parola non a Dio,
non all’amore
e nemmeno al mio Io
Lascio il silenzio
perché parli a lungo
con parole malfatte;
e lascio il sorriso,
quello di Calibano:
tutto questo poco
lascio qui deposto,
e miro l’orizzonte
a fronte alta
sfidando della stupidità
la somma spergiura.

CON LA TUA BOCCA
E I TUOI OCCHI LA MORTE

Avevi detto
che mi amavi.
Che ero per te l’uomo
dei tuoi incubi,
dei migliori
e dei peggiori anche.

Sei adesso con un altro
più bello e di me ricco.
E sono io qui a leggere
lo sfratto,
a schiacciare scarafaggi
con la residua impronta
dell’anima mia
che sotto alle piante dei piedi
nuda m’è rimasta incollata.

È venuta,
è già venuta la Morte:
aveva i tuoi occhi
e con la bocca tua a cuore
la mia silente ha baciato.

SORRISO DI DONNA

Come ogni uomo
ho creduto
a una donna,
alla sua bellezza,
e del suo sorriso
sono rimasto vittima,
con il cuore quasi
arrestato in petto,
ingoiando
il pomo d’Adamo,
pregando
che ancora
mi sorridesse lei.

Nulla di lei
sapevo io,
ma già l’amavo:
fortemente.

Nulla di lei
sapevo,
sol vedevo
il suo sorriso
perché
da sempre
– lo ammetto –
uno stupido io,
un tipo votato
a concedersi
alla malinconia.

NON SIA DI POESIA

Non sia di poesia il giorno,
sia invece di carnali passioni,
di immensità vuote di barocchismi;
sia il giorno impietosa lama di luce
che le verità a una a una le denuda;
e sarà bello vivere e godere,
anche sotto l’occhio mai stanco
della macchina da presa

NON SIA DI POESIA
(2nda versione)

Non sia di poesia il giorno,
sia invece di carnali passioni,
di immensità vuote di barocchismi;
sia il giorno impietosa lama di luce
che le verità a una a una le denuda;
e sarà bello vivere e godere,
anche sotto l’occhio mai stanco
della macchina da presa

Non sia il giorno uno qualunque,
una fossa comune da seppellire
dentro a una notte ai confini
del mondo conosciuto e no

Non sia di bugie e poesie il giorno,
sia invece oscenità di angeli nudi
Di angeli scalzi e nudi
che violentano i fasti delle vanità
per una emorragia di carnale verità

LA FAMA E LA FAME

E c’è che forse mi son rotto,
andare, andare e continuare
sempre cercando l’ago nel pagliaio
Cambiano delle strade i nomi,
non la fama e la fame
che in fondo ai tombini scivola

C’è che forse mi son rotto
di tenere un faccia a faccia
con il solito zuzzurellone impiccato
che dal mazzo le carte le sceglie
e all’orizzonte il destino mi profila

C’è che forse mi sono venuto a noia…
scrivere, scrivere e tutto dimenticare
nell’eco delle parole, nell’assurdità
che il giorno lo spogliano
per il solito girone infernale
fra Dante e un Buddha adorante

Cambiano gli uomini i nomi
che li hanno conosciuti un po’
perdendosi in un labirinto borgesiano
Cambiano come cambiano,
ma mai l’identità che li forma e li sforma
in un venire di sdentate finzioni

C’è che bella o brutta che sia
m’affascina di più la realtà,
la realtà con il cuore in gola,
quella realtà veloce e lenta
che la vita di botto te la schianta
quando meno te lo aspetti

4 LOVERS

mangio pane del giorno prima, costa poco
fiocca veloce la neve
la donna di picche vende calze a rete
ho una pena di penne nel taschino pieno
il nodo della cravatta però è perfetto

dormo sul mio cuscino e conto le oche
fingo d’esser maestro in fotografia
è ora di censurare il mio io dall’inguine in giù?
le tue rughe non mi eccitano più?
la scimmia suggerisce che la vecchiaia porta via e basta
quando posso leggo Platone e i Vangeli
testa o croce, una monetina una ricchezza

nel giardino del vicino l’erba voglio cresce
l’avviso di sfratto e la tv satellitare a scrocco
il profilattico questa volta ha tenuto le seghe
Buddha mi passa una mano buona
prima che puzzi stasera mangio pesce bollito

rischia la caduta la repubblica italiana
e la più bella piange a miss Italia, me ne frego
mette a punto una strage di cuori Kierkegaard
e rimane inchiodato al cielo Pilato dall’eco della sua risata
l’anchorman di grido? scomparso sull’isola di Robinson C.
ancora mi fa dar di matto quel tuo giochetto
come fai coincidere le lancette dell’orologio
l’una sull’altra nel momento esatto che decidi tu

l’ultima maîtresse ha trovato un difetto nel budino
un nero pelo attorto, diavolo d’un diavolo!
se l’è presa come una porta girevole d’un hotel
Miles Davis o Herbie Hancock per credere nell’arte
sogni per innamorati, songs 4 lovers
dimmi da che parte sta oggi la realtà
pisciano i verbi coniugazioni fatali
mangio pane del giorno prima, costa poco

disegni per innamorati, dreams 4 lovers
che bella intenzione avercela l’intenzione!
e tu mi ami oppure no, una questione di grammatica
accosta, accosta ora, mi scappa di farla qui
tutta colpa di questa ipocondria così vivace e fugace

non una notizia ai turbati
ma i turbanti hanno barili di greggio
per Dio, che regioni erogene!
e noi il nostro colesterolo alto

mi sento la faccia un cartello stradale
che bello che è questo amore così strano
facciamo l’inventario
che bello che è questo particolare
facciamo l’inventario
amore amore amore

REGINA IN AUTUNNO

Il cancello del giardino
con passo stanco attraverso
e infine piano piano busso
alla porta che muta rimane
Ad attendermi un turbine
di foglie sullo zerbino arcobaleno
I gatti mi si fanno dappresso
Miagolano forte,
nelle tasche infreddolite
cercano le mie mani;
sotto il mento faccio loro una carezza
e subito fuggono via dispettosi,
egoisti e felici, a modo loro
più coscienti di me delle stagioni,
degli amori consumati a lume di candela

Imprecando, di nuovo busso
Chiamo il tuo nome,
ti chiamo Regina
Risponde abbaiando il silenzio
Con la coda fra le gambe
come un fesso rimango sull’uscio
Con il pugno chiuso busso allora duro
fino a sbucciarmi ben bene le nocche;
non rispondi, ma dispettoso
un riccio di castagna mi becca in testa
per ricordarmi  che è l’Autunno,
che nel bosco ti devo cercare

NON GIOCHERÒ MAI PIÙ

Il Piccolo Buddha m’invitò
a toccargli la mano;
diedi così inizio al piano
di spogliarmi dei capelli
Il Piccolo Buddha disse
che ero nato per amare
Gli risposi che ero a secco,
che le mie possibilità
erano a un minimo storico

Ho lavato via la sporcizia
dal cranio, ma non è stato
come avevo immaginato;
per questo adesso vado in giro
bussando di porta in porta,
chiedendo di restituirmi
la forza che ho perduto
– prigioniero d’un sogno

Tutte le notti prego
con il cappello poggiato di sbieco
sul cranio rasato;
e a ogni nuova alba
mi rendo conto che mai più giocherò
con i tuoi lunghi capelli, Cristina

QUESTA NOTTE CONTA

a Isabella
cui voglio un bene immenso

Questa notte,
questa notte conta,
conta più stelle in cielo che anime

A piedi nudi o no
ho percorso strade
che portavano dove portavano
Impossibile allontanare
la tentazione dell’amore

Ho percorso strade
che portavano dove portavano
E ho visto donne spogliarsi subito
e altre rivestirsi dopo due minuti
perché la Luna spiava la loro bellezza
E lo ammetto, con occhio curioso
ho spiato tutto ciò che era proibito
E questa notte conta,
conta più stelle in cielo che anime
E lo ammetto, sono caduto,
ancora una volta sono caduto
al centro d’un miracolo:
nella tentazione dell’amore

Di tanto in tanto,
come il Siddharta faccio mia
la posizione del Loto,
e rigetto il buio che di sé si nutre;
la verità è che
a lungo non so meditare,
sveglio allora le gambe,
sveglio l’uomo e i suoi muscoli
per amare ancora,
per lasciarmi tentare
Per essere un eroe fragile fragile

Questa notte,
questa notte conta,
conta più stelle in cielo che anime
Davvero non c’è altro da sapere
per far brillare l’anima mia quaggiù,
dove nella mia condizione io sto
Dove nella mia condizione io do

MIE DOLCI PUTTANE

Mie dolci puttane,
se in mezzo alla strada
mi son sentito solo,
non a lungo; assetato,
dalla seta delle vostre gambe
con carezze e altre gentilezze,
presto son stato dissetato;
e che importa se per un momento
o due, che importa!

Mai stanche d’abbracciar
l’umana debolezza,
così siete, mie dolci puttane:
da peccatore vengo,
col capo chino,
e sulle labbra una punta d’amarezza
dall’istinto mio di poeta non-poeta
un poco appena stemperata.

ATTENDERE L’ALBA

Coi piedi sporchi e scalzi
la nudità dell’alba attendo
perché fra le mani mi consegni
il Sacro Libro dell’Umiltà
che centinaia di anni or sono
con nel sangue la sofferenza
il mio Maestro vergò.

IL GOBBO FAVOLOSO

Come vampiri sul limite resistiamo
Si sciolgono i ghiacciai, i nevai, i viavai
Rimane quel che rimane,
e non lo sappiamo mai bene cosa
Ma questa cosa, questa cosa
tu non la chiamare primavera, radice, face
I granchi camminano all’indietro
Dovremmo farlo anche noi
invece di cercar fortuna in un ferro di cavallo,
di battere il ferro, di far d’Efesto il mestiere

Come vampiri sul limite ci affacciamo
per un momento soltanto;
e ciao ciao al gioco, testa o croce,
addio alla tradizione, alla ginestra

Come vampiri lasciamo la bellezza
Come l’inganno che in fronte ci baciò
lasciamo il suicida libero di volar via
La bruttezza al gobbo Leopardi, perché no!
Favoloso e di più, con o senza di noi
si sciolgono i ghiacciai, i nevai, i giammai

FRA LE GAMBE LEGAMI

Abbracciami, abbracciami,
e poi fra le gambe legami bene

Non ha senso,
non ha senso ostinarsi
a cadere nel silenzio
Entrambi abbiamo delle colpe,
mai ho però dimenticato il dì
che dalla tua bocca
il primo bacio si dipartì,
e come Dio comanda
presto giù pioggia di carezze
e di altri non riferibili ardori

Quando già lontano il mattino,
in una nuvola di capelli
con passione svegliami:
e fino allo sfinimento tormentami

I sogni che hai, i sogni che fai,
nel sonno uguali ai miei falli;
e svegliami, veloce svegliami
Fra le gambe legami,
fra il cielo e l’infinito
della tua anima legami bene

LE DUE DI NOTTE

Al bancone,
fra bravi sghignazzanti
e canti ubriachi di sbadigli,
scoccano le due di notte

Gli amici, i più vecchi,
si guardano gli occhi lucidi;
uno cita Martin Mystere,
l’altro Il nome della Rosa,
e il più saggio tace

Una sigaretta si fuma
da sola
Una tirata, una sola
Nel posacenere
vien presto dimenticata

Il male, quello solito
Tutto è già stato detto
l’altra notte
e quella prima ancora
Ma persino il male
non fa più male

Si butta giù
un ultimo vetro di alcool e sale
E giù in strada a gridare
che il mondo si deve svegliare

I MIEI ANGELI

Hai fatto in fretta a dimenticarmi,
e tutti gli angeli che avevo
son caduti in lacrime ai miei piedi,
e io nemmeno una parola

Hai fatto in fretta a dimenticare
che son stato il tuo sacco da boxe
nei tuoi momenti di smarrimento
Costretto all’angolo rosso
il ring spara ancora pugni
sul volto mio disfatto; e aridi
gli occhi sol chiedono il buio

OLTRE LA BELLEZZA

Hai ragione
Tu sei bella
Io invece no
Hai ragione
Tu metti le scarpe,
quelle con il tacco;
io vado scalzo
e l’eskimo non l’inchino
né alle signore all’Opera
né ai loro buffi partner

Hai ragione
Procedo io deragliato
sotto questo cielo bigio,
senza mai pensare
di farmi una doccia,
e dormo in stazione
quando butta bene;
tu invece riposi
fra lenzuola di seta
e origlieri imbottiti
di piume d’oca

Hai ragione, hai ragione,
tu sei bella, tu sei bella
Io sono solo quel che sono

LA PIÙ DOLCE MUSICA 

La più dolce musica l’ho ascoltata fra le colline calve e le basse pianure: l’alito di Buddha, talvolta leggero, talaltra pesante.

IN UN’ALTRA VITA

In un’altra vita ero una capretta tibetana e bevevo birra dai capezzoli della Grande Madre.

SUL CIGLIO DELLA FINE DEL MONDO

Sul ciglio della Fine del Mondo, Buddha mi ha detto la verità: “Torna sui tuoi passi, qui ci sono soltanto anime di uomini e rifiuti.”
Ho seguito il consiglio e sulla via del ritorno ho brucato l’erba più tenera della mia vita.

FARFALLE NELLO STOMACO

– Quando ti vedo sento le farfalle nello stomaco.
– Non ti preoccupare, sarà un po’ di gastrite nervosa.



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