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Ho fatto tutto a modo mio

Ho fatto tutto a modo mio

ANTOLOGIA VOL. 246

Iannozzi Giuseppe

SONO A NUDO

Ho visto la morte
Ho conosciuto la perdita
Ho viaggiato in un vagone postale
Mi sono perso a Parigi sotto la neve
Ho toccato il fondo
e dal sale sono riemerso,
con le mie sole mani
Ho toccato Cuba e la miseria
di chi costretto a vendere il corpo
allo straniero, all’americano
Ho visto compagni morire
accartocciati su una panchina d’un parco,
e ne ho visti altri dimenticati
in un sottoscala o in una soffitta
con l’ago ancora in vena
Ho preso manganellate
senza mai sapere bene il perché,
e ne sono uscito in piedi, pulito
Ho visto sangue innocente
sprofondare dentro a un tombino
Ho perso il controllo della moto
e poco c’è mancato
che di me avessero ragione le pietre
Ho avuto donne, belle e non dico di no,
poche però
Ho toccato il Nord e il Sud,
dimenticando me stesso
in una camera d’albergo
dopo settimane di lavoro malpagato
Ho pagato i miei libri uno a uno,
ho mangiato quello che avevo
o non ho mangiato affatto
Ho incontrato uomini potenti
e altri che invece fingevano
Ho preso per il naso uomini strafottenti
e mai nessuno mi ha allacciato le scarpe
Sono stato lontano dal gioco
e dalle donne di facili costumi
Ho pagato le mie bollette,
ed ho sanato le mie ferite
rimettendo al loro posto
grammatiche e ossa spezzate
Ho rotto il collo al panico
quando mi voleva in catene
Ho giocato a fare il duro e il buffone,
e finché mi è stato bene mi sono divertito
Ho portato pesi sulla schiena
guardando in faccia la notte vuota di stelle
Ho alzato lo sguardo sui padroni
e ho detto loro “non sono quel tipo d’uomo”

Ho fatto tutto a modo mio
Ho fatto bene ed ho sbagliato anche
Ho meditato sul fiume in piena
e nei cimiteri ho parlato con chi fu
Ho cercato una speranza
vagolando fra epitaffi e memorie
Ho pagato i miei debiti
e non ho chiesto indietro i crediti

Ho fatto, a modo mio ho fatto
Ho visto, a modo mio ho visto
Non ho però toccato i Bastioni di Orione

REGINA DI GERUSALEMME

La luna, la luna
quanto il mio sorriso alta,
stanotte: non è forse così,
non è forse così, mia Regina?

Ancor hai sognato
il Drago, il Crociato
e Gerusalemme in fiamme;
e il mondo d’attorno gira,
gira e gira in una vertigine
di persa verginità

La luna,
così alta, così alta
non l’avevi vista mai
Il sorriso che scorgi
l’anima in petto
ti spaventa,
non è forse così?
Il sepolcro vuoto
e la luna sì pallida;
il mio sorriso
ancor ti lacera
la bellezza
fra le gambe nascosta,
mia Regina

SVEGLIAMI ADESSO

Svegliami adesso
prima che mi muoia
il coraggio in petto
e il sogno che ho nutrito

Svegliami
Immagina un bambino,
immagina un uomo
che è stato ferito
più e più volte
da un eterno ritorno

Svegliami adesso
sul tuo sorriso:
ubbidiente,
uguale a un monaco
spezzerò
la catena delle vite
e di questa solitudine

SIA CON TE L’ALBA

Sia con te l’alba e la pace:
possa un sorriso sbocciare
sulle tenere tue labbra
anche se la tormenta prepara aliti di vento
perché siano violentati i petali nuovi
alla vita destinati

FUNERALI DI STATO

Si morì
fra polvere e macerie,
nient’affatto convinti che
la vita un perché
sempre
a portata di mano
o al termine della notte
nascosto

Si morì
schiacciati
dal peso tremendo
della terra
sotto i piedi franata,
nello squasso
delle mura sbriciolate,
delle edicole sacre
rovesciate
E non era ancora
la Pasqua

Si morì;
e se qualche sogno
lo nutrimmo,
con noi finì
Si morì
per finire
in un incubo
partorito dal profondo
della terra

Si finì
di essere
senza avere il tempo
minimo di capire
che risate e pianti
più non avrebbero sepolto
albe e tramonti
dentro ai nostri occhi

Crollò infine
il cielo
in Aprile
ai Funerali di Stato

SEPOLTI DAI RIMPIANTI

Alle spalle l’estate,
le belle ragazze
che ci sorrisero
la lieta lor giovinezza;
e avanti a noi
pioggia di foglie,
l’autunno bruno
che viene e ci ricorda
che non è lontana
l’ora del nostro morire,
dimenticati, sepolti
dai rimpianti
di non aver saputo
cogliere
nella nostra età bella
le opportunità
che eppur ci furono
offerte.

NON DARMI L’ADDIO

Non darmi l’addio,
non ora che amo
e sfido di Dio l’ira
per averti ad esso
rubata

Son io un uomo,
non un dio immortale
Ma l’acciaro mio
al tuo servizio,
questo te lo posso
promettere oggi
e per sempre, amata,
amata fantasia mia!

TI VOGLIO BENE

Non servono parole
Questione di sguardi
riconoscersi
e nel bene e nel male
volersi insieme

Non servono parole
per capire
che ci si vuol bene
col sole o con la luna
ad allungare
le ombre di noi

Se puoi, se lo vuoi,
all’amore
non servono parole
Se lo senti veramente
non servono risa o pianti,
virgole o punti perché…

Semplicemente
ti voglio bene
più che a me perché…

Semplicemente
questo sentire
si spiega da sé
scalzando eclissi e perché

0.

Dicono…
Si dicono poeti
Piattole abitano
cervelli calvi
Topi imper-
versano,
scelgono tope
di seta vergine
& fanno il verso
prima di venire

Scavalca il cielo,
beve dall’utero:
Allen sa come
si fa, come si sta
dopo

Meraviglioso

I.

Piovono sassi
Il Cristo che amavo
da bambino
se l’è fatta sotto
– rimango qui
in attesa di oro,
di una risposta

II.

Non guarisce
il taglio sulla mano;
il pollice alzato,
il sorriso di Neal
uguale
a un taglio cesareo
si affaccia alla mente
& nemmeno un’auto
Blu e altro blu
sulla U.S. Route 66
Era su tutti i giornali:
“Charlie spoglia l’uccello!”
Fumo e note
& ora in mezzo
ai ricordi per tornare
nel grembo
della Grande Madre

III.

Bruciano i libri
Buddha si fa enigma
& i giovani bonzi
lo imitano male
Bruciano le parole
Bruciano i significati
senza averli mai
conosciuti da vicino
I pochi salvati
dal rogo venduti
sottoprezzo
a ubriaconi e spacciatori,
& i giovani bonzi
si danno fuoco
in segno di protesta;
& nasce il sospetto
che non abbiano capito
quel che c’era da capire

IV.

Gran disastro:
tutto ho perso
nel Tutto
& niente, niente
è tornato indietro
Ma all’improvviso,
qui, sublime visione,
felina Bellezza
che mai prima d’ora
avevo visto,
sorriso d’avorio
& mille stelle
negli occhi suoi,
Hollywood
che non accenna
a spegnersi

In questa notte
che la Pantera Nera
sorride
al volto mio cinereo
per lacerare a morte
la solitudine,
solo a lei mi dedico

VI.

E’ sulla Settima
la disgrazia
La lavatrice
ingoia gettoni
su gettoni,
e non lava
uno straccio; & Dio
da lassù incassa

VII.

Wall Street
in caduta libera
Dollari & Pagliacci
La giornalista
ha predetto che
domani
uomini e vetri
voleranno giù;
cambiare pettinatura,
sconti per il taglio
più corto, il barbiere
ha parlato chiaro

LA TUA ASSENZA

Dove sei scomparsa
nessuno lo sa

Se tu sia ancor qua
o passata nell’Aldilà
a rovinar di Cherubini
e Portaborse l’esistenza,
noi che umani siamo,
e che moriamo
per una scimmia sulle spalle
o per una peritonite di troppo,
noi non lo sappiamo

Alla tua salute ora bevo
Tutti simpatici gli amici tuoi,
s’ubriacano che è una bellezza
Bestemmiano anche,
si grattano le ascelle,
e nei bagni cercano un’avventura
che gli faccia dimenticare
d’esser stati partoriti
per presto finire in una tomba,
anonima e lontana,
vuota d’epitaffio
e d’una foto di circostanza

L’ultima tua in bella calligrafia
la tengo nascosta sotto il cuscino

LASCIA CHE SIA COSÌ
(versione alternativa)

E ora, ora lascia che…
lascia che sia
il vento a parlare
Abbiamo lasciato la casa
che era nostra e ogni cosa,
ogni cosa che accolse
i nostri respiri prima,
ogni cosa che testimone si fece
dei silenzi che ci presero dopo

Ora, ora lascia che…
lascia che i fantasmi scivolino via
con la pioggia e con le prostitute di Dio
Lascia che sia così, lascia che sia così,
purtroppo eco ripetuta, martellata a vuoto

Non abbiamo più niente,
tutto il bello lo abbiamo sciupato
senza riguardo
Questo camino a cielo aperto
che è gravido di cenere bagnata
non mente, non mente su niente
mentre gli occhi tuoi blu crocifiggi
sull’ombra mia scarna all’orizzonte



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