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Promesse e scommesse

Promesse e scommesse

ANTOLOGIA VOL. 243

Iannozzi Giuseppe

D’UNO CHE LEGGE

D’uno che legge
si dirà che…
un sognatore,
uno che la fatica
non la sa,
un poco di buono
certamente!

Lasciate
che dicano,
non sanno
quel che dicono,
ma non per questo
meritano il perdono
dei pesci
a far bolle d’aria
nell’acquario

GLI ERRORI CHE HO FATTO

Gli errori che ho Fatto li rifarei
Non paralizzate le ambizioni
d’un uomo che una storia ha
da raccontare,
e da consegnare alle cure
della bocca a culo di gallina dell’infinito

Gli orrori che ho adottato
ancor oggi li cullo spogliandoli,
domandoli
in faccia al sole del domani

San bene le stelle lassù
che non sono qui caduto
per darmi, anima e corpo,
in pasto alla volgarità
del pane quotidiano
o a miracoli mai accaduti

Gli errori, gli orrori miei,
così veri, di me son pieni

MODIGLIANI

Non diciamo più niente
Tacciano le parole tutte
La bocca non riempiamocela
con una stronzata o due,
strappando perle opache
da ostriche senza più patria
né saggezza

Fu messo a tacere…
Modigliani:
nel delirio,
con bottiglie vuote
e scatole di sardine soffocate,
già si preparava il funerale
a Montmartre e Montparnasse

E boccheggiano i pesci,
a pancia all’aria
sulla riva destra del fiume;
e nero inchiostro piove giù,
incessantemente
sui nostri corpi esposti,
nudi e indifesi
dopo l’amor sofferto,
di fretta consumato
a metà strada
fra Sodoma e Gomorra

Non diciamo più niente
Gli manca solo la parola,
solo quella

YOUR SMILE

Ho incontrato ieri il tuo sorriso
Mi chiedevi una poesia,
ma soltanto avevo in tasca
una monetina di stanchezza

Ho visto la delusione
oscurare la tua bellezza

Facendomi forza
ho voluto sapere
perché su due piedi
spezzi agli uomini tu il cuore;
e subito è tornato il sorriso
a illuminarti il viso

Hai oggi incontrato la mia faccia
A muso duro mi hai fatto notare
che di me ride l’ombra ai miei piedi
Non ho potuto far a meno
di spiegarti che la colpa è tua,
soltanto tua, ed hai riso di cuore

PRENDI QUESTA MANO,
PRENDI QUESTA PIUMA

Prendi questa mano
Non badare al nano
che fa il verso
all’ombra sua
credendola gigante

Prendi,
prendi questa carezza
Sia il tuo cuscino
Sopportala,
ha su il peso d’una piuma
Sul cuore reggila
e peserà lei
il battito della vita
che t’appartiene

Inciampato è
il nano
nell’ombra sua:
rotola ora via,
e mille volti lo ridono

Ma tu,
ricevi tu questa carezza,
la piuma che è,
l’amore che sa dare
Prendi,
prendi questa piuma
e al caldo conservala
E le ombre nane
che si pensano giganti
scompariranno
e con loro il passato tutto

Prendi questa mano,
tienila vicino al cuore
Sempre ti amerà,
così, senza altra pretesa

Quella solitaria lacrima
che il volto ti rigava
per farti triste e drammatica,
l’ho asciugata
E’ rimasta adesso
la bellezza tua solamente

Prendi questa mano,
A lei basterà esser lì,
lì con te a pregare
per la tua felicità,
per la tua eternità

VEDERMI STANCO

E vedermi stanco
E vederti stanca
Aver sol voglia
d’esser tradotto
là dove riposano
libri svogliati,
sfogliati e spogliati
Aver questa voglia
e null’altro da donare

NEL SONNO

quando nel sonno
son cadute le anime,
a mollo
in un sonno crudele,
sol allora vengono
e vengono bene
quelle cose strane
che c’illudiamo siano…
poesie

HO INFRANTO LA SACRA LEGGE

Ho infranto la Sacra Legge
leggere e non scrivere,
per questo sono stato condannato
a radermi il capo come un bonzo

Adesso mi dicono, dicono
che scrivo triste, che sono
più di là che di qua
Intendono dire che non ci sto
con la testa, che lascio al Caso
gli occhi vuoti di piànto

Adesso dicono “schifo!”
Rispondo che da tempo
mi sono fatto la mia Idea
su come gira il mondo
Ho visto tanto, quel che basta,
un elefante e una formica rossa
suonarsele di santa ragione
per una mollica di pane,
e una colomba bianca
che, senza fare una piega,
sbiadiva all’orizzonte
Rimango però colpevole
perché ho infranto la Legge,
così sono stato condannato
a vivere nell’Aurora boreale

Ho infranto la Legge,
la sacralità della promessa
di non far più sesso
immaginando questa
e quella posizione di guerra

CROCIFISSIONI

Non parlate,
non d’amore almeno
Ha Caino chiesto
e gli è stato dato
il possibile e di più

Le croci lassù,
sulle calve colline,
non le vedete
ma le immaginate,
le immaginate bene,
anche se il male
che in petto nutrite
non lo sapete
a parole spiegare

Parlano le mani,
le mani insanguinate
milioni di volte
sulle natiche strofinate

TUTTE LE PROMESSE

Tutte le promesse,
tutte le scommesse,
tutto quello che ieri era…
tutto ma proprio tutto
con il niente collabora

L’avresti detto mai?

Tutte le pagine bianche
e non pensarci neanche
a riempirle

L’avresti immaginata
questa porcheria?

D’UN UOMO

D’un uomo
l’anima sua
non indagate:
a spese vostre
scoprireste
che dall’alto
in basso
la nera rogna
la consuma
senza mai
venirne a capo

SENZA UNA MINIMA FORTUNA

Ho visto uomini seminare il male
e li ho visti toccare un secolo di vita
senza che un alito di vento
gli scomponesse mai la chioma

Giù in paese dicevano parole,
le ripetevano come un mantra;
aspettavano i retti che il tempo
trovasse il tempo d’esser giusto
Aspettavano che la giustizia
sposasse del popolo la verità
Aspettavano, speravano

Ma ogni giorno, ogni santo giorno
uscivano dalla chiesa le bare,
quelle di uomini poveri in canna
che mai avevano rubato una paglia;
ogni giorno un timorato di Dio
finiva male, a pezzi, in orizzontale,
senza neanche aver sfiorato
la mezza età

Ho visto uomini seminare il bene
e in sequenza li ho visti cadere
senza che una minima fortuna
gli asciugasse la fronte di sudore

TI SANTIFICA O TI CONDANNA L’AMORE

Ti santifica o ti condanna l’amore
Come un pugno incontra i sogni,
come una trottola sbanda
e non gliene frega niente

Ti santifica o ti condanna l’amore
Togli a un uomo la donna che ama
e tutto gli avrai tolto; togli a una donna
l’uomo che dice d’amare alla follia
e solo gli avrai tolto un cuscino,
solo l’avrai salvata da una bugia,
da una telenovela di battute ripetute

Non parliamo d’amore,
non così, a cuor leggero:
già lo fanno in troppi
tirando su ospedali di parole,
ospedali quasi belli ma fragili,
di menzogne,
di vanità quasi mai educate
e denudate

Non parliamo d’amore,
non così,
non per un inganno di cipria,
per una composizione barocca
che si consuma in Fa minore

Ti santifica o ti condanna l’amore
Come un pugno incontra i sogni,
come una trottola sbanda e sbanda
e dove va poi a sbattersi,
se in cielo o in un postribolo,
non lo puoi indovinare tu

RESISTO

Se questi miei giorni li senti tristi
Se davvero li senti piovere e piangere
Se è vero che sei tutta la tenerezza
che ho mai osato chiederti,
Amore, ricordarti
che la vita è un pezzo di ferro
E io solo cerco di resisterti

LUTTO

Non lo so perché amo te
e non un’altra
Tu, sempre,
hai pronunciato il mio nome
come un vieto lutto
Io, invece,
sempre in bocca il tuo
come un carnoso frutto

VIVEVO

Vivevo per il suono della tua voce
Vivevo per quella luce
dentro agli occhi tuoi
Quasi felice
tentato ero di creder in Dio

HO FATTO IL MIO DOVERE

Ho fatto il mio dovere,
frantumando sgrammaticature
e parole cariate vuote di luce
Ho fatto quel che andava fatto
e non ricordo più niente, più niente
Non un ricordo ingombra la memoria,
non uno sgarbo o uno sgorbio sposa
la storia che fra noi mai fu

Ho fatto il mio dovere,
e l’ho fatto per amor mio,
per amore della mia statura

Voi anelate a un’incomprensibile banalità,
io a una professionalità uguale
a quella di uno che semina morte
Voi cercate ancora la luna in fondo al pozzo,
io no,
io so che posso essere più d’un cecchino

Ho fatto il mio dovere
mentre Dio si dava via a una distrazione,
a un capriccio di donne un po’ così e così
Ho fatto il mio dovere
consumando il passato a lume di candela,
aggiustando versi su versi
fino a sfiorare una perfezione da coglioni

Voi anelate a vivere fra nani e mezze verità,
voi amate andare avanti con le gambe corte,
io no, punto a una semplicità più che perfetta
che uno a uno sgozzi agnelli bianchi e neri

Ho fatto il mio dovere,
fino in fondo ho fatto
tutto quello che andava fatto
per amore della mia statura,
della mia statura solamente

E ora non ricordo, più niente ricordo
Solo anelo a una professionalità uguale
a quella di uno che semina morte,
solo aggiusto lo sguardo per cacciarmi
in una perfezione da coglioni e superarmi

MORFEO E PESSOA

E poi cadere,
fra le braccia di Morfeo scivolare
tentando l’azzardo
fra un sogno in bianco e nero
e uno a colori
Il destino tentare
al confine fra realtà e illusione,
e al buio scegliere le carte
pizzicandole dal mazzo,
fra la storia di Damasco
e l’avvenire di Gerusalemme

E poi, poi dimenticare,
riuscire a tornare in un’èra indefinita
quando i prati eran tappeti verdi
e le donne sapevano commuoversi
Tornare in quell’ospedale,
incontrare l’ombra sciamanica di Orfeo
e senza pensarci su
gli occhiali di Pessoa infrangere
contro le mura delle identità
in blocchi di ghiaccio imprigionate

E a ogni cristo dire bene in chiaro
che suprema fu la truffa dell’alchimia,
l’imposto esodo nella misticanza,
nella Cabala per inespresso desiderio

E poi gli occhi infine riaprire,
incontrare l’alba di lacrime d’oro bagnata
e il passero nella notte caduto seppellire
all’ombra del più tenero nocciolo in fiore



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