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Le ho viste le stelle cadenti

Le ho viste le stelle cadenti

ANTOLOGIA VOL. 230

Iannozzi Giuseppe

PER LA POLVERE NEI MIEI OCCHI

Sei tornata a carezzarmi
per la polvere nei miei occhi,
per tutto quello che nel deserto
hanno e non hanno visto
in mezzo a disperati orizzonti,
a notti di stelle solo un poco brillanti
con me in cerca di Lawrence

Quando arrivai a casa tua
dalla testa ai piedi di sabbia vestito
non riconoscesti il mio volto bambino
Dicesti solamente che ti sembravo spento
Mi invitasti però alla tua tavola
a sedere, a spezzare il pane con le mani
e a vuotare mille caraffe di vino

Presi a raccontarti del deserto,
di come sia facile cader preda
d’una gonna in un miraggio,
perché quando tutto il santo giorno
l’ombra tua la ubriachi sotto il sole
arrivi al punto di far fuori l’orgoglio
che in fondo alla coscienza sta

Con un sorriso strano,
da una solitaria lacrima tagliato,
mi carezzasti il capo arruffato
In quel momento capii
che non sarei mai più stato
un cercatore di solitudini

IL POETA SA

Testa bassa,
conosce il poeta
la preghiera
e la gemella sua sposa,
la candela accesa

In strada
sempre gli occhi
li tiene bassi,
non per pudore,
ma per non dover
rispondere
a chi dovesse
eventualmente
puntargli addosso
lo sguardo

Testa bassa,
il poeta sa
che domani lascerà
pensieri e cose,
dimenticato
al pari di tutti i mortali
che con bocca cancerosa
piena di stupidità,
da millenni,
il mondo l’hanno illuso
con conio d’Immortalità

VOI CHE TUTTO PRETENDETE

Voi che tutto pretendete
senza una briciola mai dare,
per Dio, lontano,
lontano dalla vista mia.

Non bussate alla porta
con quelle vostre mani
di chiacchiere colme
buone solamente
su cessi e deretani altrui.

Non insozzate l’uscio mio
con preghiere guaiti ragli:
mostri da bestiario siete,
non altro, non altro, per Dio.

Non nacqui per esser bruto,
schiavo in catene obbediente
bastonato e sottomesso,
considerato meno
d’un mulo da fatica, d’uno
scribacchino di lingua muto.

E sopra tutto
non osate accomodarmi
lungo disteso al vostro livello;
non osate né ora né mai
seppellire il nome mio
col vostro sì sporco.

FUTURISMO

Saluti veloce,
veloce veloce
con la mano
E non c’è…
non c’è un cane

La notte alla notte
E lei,
lei non è con te
E non è che
si possa far da soli
Spiccioli
in tasca uno o due
D’accordo,
sì va per andare
D’accordo,
tentiamo l’accordo
con un goccio,
con uno solo di vino

E all’improvviso
la finestra di lei si snuda
E subito
si ammoscia la spada 
dentro
al tuo pigiama che
si finge sonnambulo
Come sempre
la donna è vestita vestita,
persa persa in sé,
sempre più dentro
a uno spavento
che non comprendi

Vorresti fosse
diversamente,
ma la mente
sol ti suggerisce
“Che vuoi che sia!”

LULÙ

Ogni notte lo stesso sogno, Lulù
La seta delle tue calze legate strette
intorno al collo mio magro
e sulle labbra mie vizze i tuoi baci

Troppo stupido per capire
che al mio dolore ti eri crocifissa,
con un fil di voce
reclamavo io la tua bellezza

E mentii sapendo di mentire,
ti lasciai credere d’aver il nome
scritto sull’acqua,
così mi rovesciasti tu addosso
un bicchiere
fino all’orlo colmo di fuochi fatui
E sulla mutezza ch’ero ormai diventato,
col rossetto rosso d’un Natale fa
bene in evidenza scrivesti il mio epitaffio

Conoscermi fu disgrazia,
in eterno costretta a vergare
col rossetto poesie di chiodi

NESSUN SERTO!

Mai mi sono detto…
Confessa verità personali
la poesia,
mai e poi mai la realtà

Teneva viva un preghiera Gesù
e Giuda pure, forse più santa
Furono entrambi traditi
dalla stupidità d’un milione di sé,
finendo nell’inchiostro di pagine
un po’ così e così – esasperanti

Non pregherò
per un serto un po’ così e così
o una corona di spine capovolte
A nessuno chiederò
dove l’anima l’ho gettata
Come vedi, come credi,
c’è che non m’interessa sapere
che infinita fine abbia fatto

Non pregherò
per le mie ginocchia stanche
Sulla stessa bilancia
si bilanciano il torto e la ragione;
e umano, troppo umano,
giorno dopo giorno, vado avanti;
e se qualche volta inciampo,
sempre mi rialzo da me

Non voglio scrivere ogni cazzata
che mi passa per la mente
per finire poi antologizzato
fra i grandi idioti dell’umanità
Solo desidero me, e non di vivere
in eterno, ché mai mi son detto
santo o poeta

Quello che voglio veramente,
quello di cui non posso fare a meno:
stare con me, finché fiato nel fiato
dentro ai polmoni

FIGLIO

Ha perso il bosco
il suo verde.
Sono uscito
per una lunga passeggiata,
calpestando more selvatiche,
cadute, mai raccolte,
marcite.
Mio figlio caduto
per uno scambio di persona,
l’hanno seppellito
tanto tempo fa 
sotto un salice
spoglio da una vita.
Circondato dal paesaggio,
gli fan compagnia
mulinelli di foglie miste,
brune brune, morte.

LA FINE DEI GIOCHI

E’ la Fine Dei Giochi, amica mia,
dei giochi belli e di quelli brutti
In fondo l’abbiamo sempre sospettato
che la noia ci avrebbe preso per mano

E’ così bello avere una certezza
per quanto dolorosa
Così bello sapere che il sole
continuerà a risplendere lassù
nonostante noi e le altalene di ruggine

Quando dentro di te qualcosa va a puttane
il cuore bacia extrasistoli a ripetizione
Con l’autunno i colori bruni
e tu che non mi sai amare più – tutto questo
da sopportare senza mai sapere dove,
dove sbattere la testa

E’ la fine delle risate, delle scenate di gelosia,
dei baci dati in segno di pace e che eran morsi
Ha cambiato pelle tanto tempo fa il serpente
Sembra ieri, sembra ieri che andavo per boschi
in cerca d’un indizio sulla strada delle fate

E’ la fine dei giochi, amica mia,
d’ogni abbaglio e sbaglio, per gli Déi!
In fondo l’abbiamo sempre sospettato
che l’ultima amante sarebbe stata la Morte

BURATTINO!

Se or vedessi
le lacrime solcare
il volto mio,
capiresti allora
che con la tua lettera
condanna più grande
non avresti potuto
infliggere all’alma mia
– che scricchiolando
strepita e urla.

Di me rideresti
per la ridicola debolezza
che fa muovere
gambe e braccia
di quest’essere
sì simile a un burattino.

CASA

Gridavano ieri a gran voce,
oggi non più.
Il fiume in secca
lo evidenzia la pianura ferita
là dove i ragazzacci rubavano
acini d’uva matura
e le donne mature o no cantavano
ubriache già di primo mattino
ben prima di cadere
stanche sui tavolacci
giù in osteria.
Affollano la mente i ricordi.
Sulla linea del tramonto buco;
trascinando la bicicletta,
faccio ritorno…

LACRIME SUPERFLUE

Una scemenza
strappò dall’occhio di Dio
superflue
lacrime di sangue
su madonnine
e santini da collezione.

Non una
fu però sprecata
per il giovane prete
morto
ammazzato in chiesa
perché contro la Mafia.
Solamente due parole
sul giornale locale.

Così
l’eterno silenzio.

PER IL TUO PERDONO

Ti offro un calice pieno
del rosso mio sangue
Ti offro da bere
l’anima che ho,
per quanto mi renda conto
che vale poco o niente
Ma tu, ti prego,
non la versare
nel vaso dei fiori
che solo ieri ti regalai,
combattuto
fra timidezza
e quella brutta stranezza
che mi fa dire cose cretine

DOVE VAI?

Dove vai?
Lontano
dove tu non sai arrivare

Dove vai?
Lontano
dove l’eco non ha casa
né passi da ripetere
a ogni secondo

Dove vai?
Lontano,
lontano oltre l’orizzonte
e il mondo conosciuto

Dove vai?
Lontano
al di là della luce e del buio
Lontano, lontano da te,
che sei stata il bene e il male,
il primo sorriso
e il sale sulla ferita
lasciata aperta

Dove vai?
Lontano
dal dolore

Dove vai? Dove?
Perché più non rispondi,
perché lasci che i secondi
passino inesorabili, lenti,
cadendo
nei battiti del cuore?

Dove vai?
Hai dimenticato
le sigarette, per Dio!

VITA CONTADINA

Fra l’erba alta
immobili le lumache
al sole e all’ombra
se ne stanno
mentre un contadino
nel bicchiere versa il vino,
con mani tremanti
spezza poi il pane;
e negli occhi tiene
del prato tutte le età
E all’ora del vespro
fra le rughe
gli si distende un sorriso,
e tutto d’un fiato butta giù
il vino, e alla salute di Dio
l’ultimo bicchiere

VIA PER SEMPRE

Penso, io penso debba esserci anche per noi un posto
che non sia la solita abitudine di fare le valigie
e partire via per sempre – per sempre dimenticati,
assassinati nel buio di un angolo amante del silenzio

CREPUSCOLO

troppo a lungo ci siamo riposati
su questo sottile rosso crepuscolo

spettri, e mai un silenzio diverso
da quello delle nostre voci;
è dunque vero che siamo morti!

STELLA CADENTE

mi hanno strappato il passaporto
per mettere in prigione la mia carta d’identità
in una notte fumosa di roghi e crocifissioni

quando poi la luce del primo mattino
mi ha accarezzato gli occhi pesti
sorridendo sulle mie labbra gonfie di botte
ho sbirciato al di là delle sbarre e le ho viste
le ho viste le stelle cadenti
ed allora ho capito d’esser tanto tanto stanco
così sono tornato fermo
lungo disteso sulla branda
con in petto il peso del respiro di dio



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