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Baci, botte e sudore

Baci, botte e sudore

ANTOLOGIA VOL. 221

Iannozzi Giuseppe

Angel with violin by Valeria Chatterly Rosenkreutz

C’ERO ANCH’IO A DIRMI ADDIO!

E’ solo un anno
che simile a tanti altri passa
E’ solo il tempo
che si fa più vecchio di quei buchi
che le suole delle scarpe minano
E’ solo il botto d’un petardo
fra il ragliare forte degli asini
E’ solo il canto d’una sirena
che il suo mare cerca per svanire
E’ solo il popolo degli gnomi
che nell’ira delle stagioni si prende
E’ solo uno spazio vuoto
con un fil di voce raccontato
a chi il sonno non lo sa mai o quasi
cogliere in tempo
E’ solo un amore che va a puttane
senza neanche sputarti in faccia
un’ultima volta
E’ solo calpestata fantasia
e un valzer viennese che cade
nella valanga dei ricordi dell’Ebreo Errante
E’ solo un tiratore scelto
che l’ultimo suo bacio l’ha seppellito
nella canna del fucile per stupido amor
di dire “C’ero anch’io a dirmi Addio!”

Sono le nostre gambe
che per il destino di Garibaldi tremano
E’ una Parigi di gambe rotte e corte,
come le bugie che abbiamo raccontato
allo specchio e al nostro migliore amico

Ma sono in tanti a farti la corte
Ma sono in tanti a divertirsi così
Ma sono in tanti a sognarti amore
Ma sono in tanti a farsi solitudine

Quando tu non vedi, quando tu non vedi
E lo sguardo lo butti in fondo alle tasche
per inseguire una chimera

Quando tu non vedi, quando tu non vedi

RE

Un Re giusto
sa essere ferale
con chiunque
osi versar sangue
al suo cospetto,
foss’anche Ginevra

SULLA PIETRA DEL MIO ADDIO

Guardami, guarda
dentro agli occhi miei;
non distogliere
lo sguardo ora
per paura d’incontrare
in me la paura, la stessa
che pure tu avverti
con l’arrivo della sera
spessa di buio,
d’inenarrabili solitudini.
Sii forte almeno adesso;
nell’avvolgente silenzio
non dar corpo
all’ennesima menzogna
che più a lungo vive soltanto
l’uomo senza coraggio,
colui che d’ogni tragedia
umana e non
fa finta di niente.
Provo sgomento
per ogni morto ammazzato
passato in cronaca nera
e tosto lì seppellito
e dimenticato: tentato sarei
di cercar rifugio
in un dire “non è affar
che mi riguardi”; però, per dio,
se oggi vivo da vigliacco
nessuno domani sarà
chino sulla pietra del mio addio,
manco un cane
col suo caldo piscio.

IN LUTTO LA SPERANZA

Lasciami il Lotto in lutto
Wow, Concerto Grosso!
Lasciami, lasciami dormire
finché non mi sveglierò
negl’imperfetti versi del giorno

Non teme il mio nome
di giudicare lo stupido Autore
che l’innocuo suo lavoro spaccia
per quello di Dio, del gemello mio

Osi tu forse di chi è Caduto
sfidar la fama e l’immane fame?

Sappi però che i primi a cadere saranno gli stolti
poi, senza pietà, uno a uno tutti gli altri;
sol questa verità in piedi alla Fine del Secoli sarà

Cadono pesanti
le foglie
simili a lacrime di sogni infranti
Non le spazza via il vento
Sotto la sferza
d’una nuvolosa incontinenza
rimangono a macerare
Sul viale del tramonto
ha preso l’infarto il Vecchio Saggio;
senza un gemito
in ginocchio è caduto
Se incontrarlo vuoi,
ancor è al suo posto
a dar spettacolo delle vuote sue orbite

MARIA

E tu invecchierai
Invecchierai
cogliendo del prato
i fiori più belli
E avrò io ancora la mia penna,
la sedia di ieri su cui oggi siedo
muto con il solito vecchio sguardo

E nasconderai tu i polsi
perché non si vedano i segni del suicidio
Dirai a tutti d’aver posseduto
mille amanti e mille stelle ai tuoi piedi;
e a Dio racconterai di come il sole
al mattino spogliava la tua bellezza
Continuerò io invece con una mano
a pettinarmi la barba bianca,
mentre la destra impegnata a scrivere
quanto forte fu per te il mio amore,
il mio cuore sconsiderato che s’illuse

E in una melodia lontana
torneranno le tue parole,
le tue tante parole all’orecchio mio;
e tornerà l’immagine di noi due
sotto a quel lampione
che illuminò il tuo fuggire con allegria
il fiume dei timidi miei baci

Ancor da me ti nasconderai,
con allegria sì, ma stantia;
e rivangherai l’età mia già antica allora
Ti basterà però un momento per capire
che non sono cambiato affatto
nel tessuto delle rughe, nell’ordito
di quelle poesie che non osai, Maria

E in un sussurro mi confesserai
che ho vinto il tempo
senza possederti mai veramente;
a capo chino
ti farò capire che è vero,
che è vero che per paura
non sei tu cambiata;
e ti scoprirò bambina,
ancora bambina

IL RITORNO

Tace il tuo volto,
ma tremano le labbra
Facile amare
il primo cane
che bussa alla porta
quando si è odiato
per tanto tempo,
partorendo rabbia e dolore
dal fondo
della fine del mondo

Non una virgola
è però cambiata,
eterno ritorno:
poter morire
in primavera,
esser sicuri
che il domani
non sarà più
E’ chiedere la luna
in fondo al pozzo

ETÀ

Una poesia scritta
male
e nella terra
sepolta
Fiorirà
o forse no
con la bella stagione

Per ora riposa
mio cuore
Della morte
del gelo alle radici
non ti curare

GIOVINEZZA

Giovinezza
ogni cosa ispira,
bellezza
e morte lampo

Uguale
alla collera di Dio
i passerotti
fa cadere uno a uno
morti stecchiti
senza un perché

FUNERALI DI STATO

Si morì
fra polvere e macerie,
nient’affatto convinti che
la vita un perché
sempre
a portata di mano
o al termine della notte
nascosto

Si morì
schiacciati
dal peso tremendo
della terra
sotto i piedi franata,
nello squasso
delle mura sbriciolate,
delle fotografie care
rovesciate
E non era ancora
la Pasqua

Si morì;
e se qualche sogno
lo nutrimmo,
con noi finì
Si morì
per finire
in un incubo
partorito dal profondo
della terra

Si finì
di essere
senza avere il tempo
minimo di capire
che risate e pianti
più non avrebbero sepolto
albe e tramonti
dentro ai nostri occhi

Crollò infine
il cielo
in Aprile
ai Funerali di Stato

PRIMAVERA

Sboccia l’amor a Primavera
Il vino allegro giù va tutto d’un fiato
A tarda notte i canti degli avvinazzati
Il tuo petto eccitato non nasconde
il suo splendore, vien fuori e riempie
il maschio cuore di sentimento

Così eccitante l’amore
nell’affanno in piedi consumato,
in un angolo costretto e spogliato
In un ritaglio di Luna immortalato

IL NOSTRO ODORE

Non ti dirò addio
per sempre
L’ultima volta
abbiamo consumato
un’eternità intera
a scollarci di dosso
baci botte e sudore

DICIASSETTE

Gli occhi chiuse
per un sonno breve,
dopo una lunga corsa
all’ombra d’un filare
di giovani alberi;
e del domani
non vide più la luce,
né udì il pianto
della pioggia
sulla spoglia bara

Sotto due metri
di profondità,
nel suo grembo
la fredda terra
felice lo accolse

Diciassette primavere,
la frettolosa preghiera
e il segno della croce
del becchino: dalla vita
null’altro ebbe

UN ANGELO SERENO

Un angelo sereno
la Morte
In pace
la tua voce
ascolta
levarsi
ora piano
ora irata
dalla strozza;
e
nella tue parole
ti seppellisce
Non ride
lei
Si limita
invece
a osservare
L’agonia
La sorpresa
Il terrore
di chi pensava
non potesse accadere
proprio a lui

Un angelo
la Morte
Non conosce lei
la preghiera
né il cimitero
dove
i mortali
pensano
di poterle
dare casa

Angelo libero
Angelo sereno
per terra
per mare
o altrove
ma sempre
in ogni dove
presente
eternamente

UN MORENTE

Tu
che conoscesti
il pregiudizio
oggi
a mani giunte
vieni,
e da me pretendi
il perdono
perché
gli anni severi
hanno straziato
carni e pensieri
In sincerità
ti dirò
che non vedo
un motivo
valido
o una convenienza
zoppicante
perché debba io
riesumare
il passato
e storpiarlo
con borotalco e belletto

Ora va’!
Non sciupare
oltre
i giorni
che
ti restano
seppur d’ombra
– come
scimmie di dispetti

IN TRIBUNALE

se più conveniente
la morte
o l’incancellabile inimicizia
solo il tempo
vindice portatore di giudizio
ma sempre
con un margine
d’insicurezza

così è

COL TESCHIO IN MANO

Perché caduto
dalle grazie
di quel Dio
da tutti o quasi
in varie fogge
osannato,
adesso qui
assiso
non ricevo
che l’attenzione
di stranieri,
di morti
senza arte
né parte
Col teschio
in mano
ripeto il motto
che fu
di Shakespeare,
moro cattolico
quanto me perverso,
e geniale, certo che sì

Perché caduto,
muovo guerra
non al Cielo,
ma a coloro
che han fatto
del mio nome
Spavento

VERRÀ PRIMAVERA

Verrà primavera
Avrà il tuo nome
Verrà con gli occhi
bagnati di lacrime
Verrà in silenzio
quasi, e al tuo seno
piano si stringerà
Verrà in preghiera
perché sepoltura
sia data a quei corpi
rimasti sotto la neve
nascosti e martoriati
E avrà il tuo nome
di umana pietà
fra stelle alpine
e fior di pervinca

Sotto un cielo blu
non più livido
né reclamante vita,
con la neve
sciolta oramai
anche lassù in alto,
dalle tue mani
un fiore cadrà
piano
per ogni morto
al sole svelato

Primavera verrà
fra le montagne
imbevute di sangue
e di giovane libertà

SI TEME IL NANO

Si teme il nano
e non Dio o il Diavolo,
il nano
che ti prende per mano
con la scusa
della bassa sua altezza

LA TUA CALIBRO 9

Non mentire
Quella calibro 9
non la nascondi
a dovere

Non mentire,
non con me
So che sei bella
Me lo ripeti
ogni giorno
Hai capito
il significato
estremo
d’esser donna
Ti metti
in mostra,
sei bella
sei una stella,
lo sai bene
Hai capito
che più del pensiero
conta la forma
Non mentire
Le pistole
non sono adatte
alle bambole
or come ora
Domani chissà!
Ma oggi
ti conviene
farmi fuori
con i tacchi
ancheggiando
mostrandomi
la perfezione
del tuo culetto
a mandolino
che non avrò mai
per mio cuscino

Non mentire
Hai imparato
presto i nomi
di Dio, tutti
Quella calibro 9
non ti si addice
Per farmi secco
non hai bisogno
di premere il dito
sul grilletto

Sei bella
sei una stella,
me lo ricordi
ogni santo giorno
E mi maledico io
Sei bella, sì

Lascia a me
la calibro 9
La mia mano sa
tutto della canna
del grilletto
del mirino,
ma non la userò
Basta un attimo
Un tuo comando
Il tuo sculettare
per mandarmi
al Creatore



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