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Cercando di allontanare la tentazione

Cercando di allontanare la tentazione

ANTOLOGIA VOL. 210

Iannozzi Giuseppe

HO FEDE IN TE

Ho fede solo in te
Non mi dire dei Setti Cieli
o di Angeli che non vedo
Raccontami di te,
di come sei bella nuda
quando sogni davanti
allo specchio la vita eterna
che già sai esser dentro te

DI QUESTO SOSPETTO

A gran voce
chiesero la verità
Gettai loro pane
in abbondanza
Stanno ancora
alla porta incollati
a bussar forte,
col pugno chiuso
Nutro così sospetto
che ci dev’essere
qualche cosa
che l’animo morde
più della fame

E di questo sospetto
non chiaro mi nutro

QUESTA NOTTE CONTA

Questa notte,
questa notte conta,
conta più stelle in cielo che anime

A piedi nudi o no
ho percorso strade
che portavano dappertutto,
ma mai lontano
Ho commesso degli sbagli,
cercando d’allontanare
la tentazione dell’amore

Ho visto donne spogliarsi subito
e altre rivestirsi dopo due minuti
perché la Luna spiava la loro bellezza
E lo ammetto, con occhio curioso
ho spiato tutto ciò che era proibito
E questa notte conta,
conta più stelle in cielo che anime
E lo ammetto, sono caduto,
ancora una volta sono caduto
al centro d’un miracolo:
nel peccato dell’amore

Come il Siddharta assumo il bello,
faccio mia la posizione del Loto,
e rigetto il buio che si nutre di sé;
ma quando stanco di pensarmi santo
sveglio le gambe,
sveglio l’uomo e il suo cuore
per amare ancora,
per essere peccatore fra i peccatori
Per essere un eroe fragile fragile

Questa notte,
questa notte conta,
conta più stelle in cielo che anime
Davvero non c’è altro da sapere
per far brillare l’anima mia quaggiù,
dove nella mia condizione io sto
Dove nella mia condiziono io do

DI NOI POESIA SBAGLIATA

Una poesia venuta su sbagliata
è stata abbastanza
perché il velluto della tua pelle
per sempre sparisse da queste stanze,
che ancor vivono del tuo profumo,
che ancor s’inebriano del tuo fantasma

Quale mai il senso del dì che mastica sabbia,
e quale quello della notte senza il volto tuo?

SUL TUO VOLTO IL SUO ADDIO

Dedicò il sole al tramonto un bacio
al tuo bel volto sconvolto, arrossato

Piano ti tremavano le labbra,
incapaci di dire, di baciare
chi ti stava lasciando,
reggendo delle tue mani il calore
nelle sue sempre più fredde
Buon Dio, avevi tu lacrime sì silenti;
e dicevano gli occhi più di quanto
il cuore avrebbe potuto sopportare

E allora sfiorarono le dita
quei rivoli amari sulle gote;
sui polpastrelli il sapore loro
subito alla bocca di lui
che sì, lo capiva bene quanto
e quanto eri stata tu importante
E il crepuscolo già sfumava in buio
totale e assoluto, cosi che dell’amato
sol ti rimase l’ombra sua fugace
lavata in un niente, da onde su onde
a morir sulla sabbia,
sulla sabbia di sole ancor calda

IL CIELO DELLA MUSA

…e Tu, Musa, non sai quanti mari
e inutili cieli il Poeta ha navigato;
ma sempre t’ama con mille versi
che non sanno uscire
dalla pochezza del suo ingegno.

Un castello di sabbia si fa deserto
e cerca rifugio nell’imbuto del tempo;
ma sempre la tua Immortalità,
sempre costruisce un’altra dimensione
che possa accogliere riso e pianto.

…e Tu, Musa, mia sola Immagine
e Coscienza, tieni in piedi la fragilità
della Anima mia.

…e Tu, Musa, mia sola Immortalità,
sai perché il Poeta che è in me
non sa un Cielo che non sia anche il tuo.

MIA POESIA

Ma io che mai ho censurato
la misura del sentimento mio,
non lo puoi tu sapere quanto,
quanto a lungo ho sognato
di stringerti (per) la vita,
di coccolarti sull’adulta mia vita

A mani nude
dal collo tuo lo strappai
quel crocefisso tuo d’oro
e ora di nuovo cadente
dentro ai bianchi tuoi seni;
per te lo baciai,
per te lo adorai,
nascondendo
la prima vergine lacrima
allo sguardo tuo sì severo
già perso altrove,
forse per altro amore

E ora non c’è che questa strada
fra silenzi e bassi casamenti,
e all’opposto lato
scheletri di sinistri rami
tesi all’infinito, sì tesi al domai
E non c’è che questo amore
così presto rinnegato, Mia Poesia

BACI DI DIO

Uccellino, uccellino,
sì grazioso sei
Caldo e pulsante,
cuoricino di piume sei
Sì piccolo
sul palmo d’una mano
ti posi e un poco stai

Uccellino, uccellino
che cinguetti mai?
Altre briciole vuoi?
Oh, che pena!
Mi son vuote le tasche:
tutto il poco ch’avevo
tosto te l’ho dato
Solletico d’amore
in cambio ho ricevuto,
di più per me
davvero non chiedo

Quanto vorrei però
aver altre briciole
da donar al becco tuo,
per assaporare ancora
teneri baci volanti

Per amare ancora
i piccoli tuoi baci
pulsanti di Dio

IL POETA SA

Testa bassa,
conosce il poeta
la preghiera
e la gemella sua sposa,
la candela accesa

Sempre gli occhi
li tiene bassi,
non per pudore,
ma per non dover
rispondere
a chi dovesse levar
lo sguardo suo
a tiro di schioppo

Testa bassa,
il poeta sa
che domani lascerà
pensieri e cose,
dimenticato
al pari di tutti i mortali
che con bocca cancerosa
piena di stupidità,
da millenni,
il mondo l’hanno illuso
con conio d’Immortalità

CASTELLI

Tu, mio grande castello in aria,
mi porti fra gli angeli di dio
e nell’inferno dei tuoi sogni poi
Tu, solo tu, ragazzina dispettosa
che cogli rose rosse e casti baci

COME UN UOMO

Vindice
poi da me verrai
come un uomo
senza pietà

MALVAGI

Malvagi fischiettano,
con l’indice
e un sorriso d’ambiguità
ti puntano
Si fanno poi in volto scuri
e buia diventa la vita
ch’era tua

IN DUE

In due andiamo
fra cessi e rottami
di seconda mano
Uno avanti
l’altro dietro

Di niente ci lamentiamo
Ma quando una cipolla
o un callo bestemmiamo

IN ERRORE

Fra le macerie
di quel vecchio casolare
dove giusto ieri lo facevamo
riparati da un po’ d’ombra soltanto,
su te avevo investito qualcosa di più
dell’anima e del suo bossolo
Su te avevo investito qualcosa
che non è davvero possibile spiegare

Non puoi farmi fuori con un bacio
e scappar poi via in punta di piedi,
nuda ma come se mai fossimo stati
fra gli amanti i più generosi e focosi

CASTA DIVA

E si muore assai più di virtù,
quasi mai per rosicata verità

REGINA IN AUTUNNO

Il cancello del giardino
con passo stanco attraverso
e infine piano piano busso
alla porta che muta rimane
Ad attendermi un turbine
di foglie sullo zerbino arcobaleno
I gatti mi si fanno dappresso
Miagolano forte,
nelle tasche infreddolite
cercano le mie mani;
sotto il mento faccio loro una carezza
e subito fuggono via dispettosi,
egoisti e felici, a modo loro
più coscienti di me delle stagioni,
degli amori consumati a lume di candela

Imprecando, di nuovo busso
Chiamo il tuo nome,
ti chiamo Regina
Risponde abbaiando il silenzio
Con la coda fra le gambe
come un fesso rimango sull’uscio
Con il pugno chiuso busso allora duro
fino a sbucciarmi ben bene le nocche;
non rispondi, ma dispettoso
un riccio di castagna mi becca in testa
per ricordarmi  che è l’Autunno,
che nel bosco ti devo cercare

NON GIOCHERÒ MAI PIÙ

Il Piccolo Buddha m’invitò
a toccargli la mano;
diedi così inizio al piano
di spogliarmi dei capelli
Il Piccolo Buddha disse
che ero nato per amare
Gli risposi che ero a secco,
che le mie possibilità
erano a un minimo storico

Ho lavato via la sporcizia
dal cranio, ma non è stato
come avevo immaginato;
per questo adesso vado in giro
bussando di porta in porta,
chiedendo di restituirmi
la forza che ho perduto
– prigioniero d’un sogno

Tutte le notti prego
con il cappello poggiato di sbieco
sul cranio rasato;
e a ogni nuova alba
mi rendo conto che mai più giocherò
con i tuoi lunghi capelli, Cristina

SE MAGIA E BUGIA

Se fai d’una bugia la magia,
di colpo entrambe
si rivolteranno

Se magia e bugia
son per te la stessa faccia,
prima o poi, o l’una o l’altra
sceglierà di star a te accanto
con affilato stiletto
e sulle labbra ti taglierà di netto
la dolorosa sua verità,
senza che tu ne abbia
comprensione

E parole di sangue sputerai
cercando con le mani
di far tampone alla ferita,
scoprendo che non c’è colore,
che non c’è il rosso a tingere
la pelle nonostante il dolore
lacerante

SCIOGLI IL CANE

Sciogli il cuore
dalle catene cui l’hai dato
Sciogli il cane
prigioniero nel petto mio>
Non lasciare che la rabbia
di non averti mi possegga

Sciogli l’animale
e libero lascialo
di darti tutto quell’amore
che hai pensato
ma non hai mai osato
dir ad alta voce

Sciogli l’animale,
non aver paura
del bisogno naturale
che nell’intimo ti morde

BELLE SPERANZE E POI PIÙ NIENTE

Tanto ma tanto tempo fa le donne mi amavano, da lontano, certo che sì, ma mi amavano. Ero giovane, ero di belle speranze.
Il tempo è stato macinato in fretta dalla quotidianità e le belle speranze sono cadute per terra insieme ai capelli. Non ho potuto far altro che armarmi di scopa e paletta, raccogliere speranze e capelli e buttare un bel pezzo di me nel cestino dei rifiuti.
Oggi le donne, giù al bar, mi consigliano un cappello di dubbio gusto, e quando rispondo loro che non ne ho bisogno mi guardano storto, mi dicono poeta o pezzente, sculettano poi via e mi lasciano a godermi in santa pace il mio solito caffè. C’est la vie.



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