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Immagina il nuovo inganno

Immagina il nuovo inganno

ANTOLOGIA VOL. 207

Iannozzi Giuseppe

NEBBIA

Con un anello di nebbia
sposasti le mie illusioni

SOLO VITTIME

Solo vittime siamo
di noi stessi:
il coltello fra i denti
e le rose in mezzo al seno

STANCO IL SORRISO

Stanco
Sorride il Buddha
Sorride sempre il Santo

Prendo tempo
Stanco ripeto
Buddha dice di sì
Si gratta poi
la pancia
Stanco anch’io
ammette infine,
e sputa di bocca
il Sacro Nome

PASSANO GLI ANNI

Passano gli anni, passano
E tu non te ne far meraviglia
La gioia, forse, il prossimo anno
La vita già adesso
immagina il nuovo inganno

ORIZZONTI

Il vecchio masticava tabacco
Io sputavo sentenze e rivoluzioni

Chi più in là, non so dire
Ma a ognuno un orizzonte
E un affronto di fumi e fiumi
Da affrontare

SCIOCCHEZZE

Perché scrivo sciocchezze?
Solo per prendere distanza da me
O dalla gibbosità dell’infinito leopardiano

KADDISH

Non era previsto,
non era previsto che così presto
cadesse la testa nella cesta
Presto volterò l’angolo

Prego,
ti prego di dimenticare
che mi hai incontrato
Prego,
ti prego di dimenticare
che hai ascoltato le mie parole,
che sono stato uno
che parlava con bocca d’amore
inventando follie su follie
per un sorriso, per il tuo sorriso

Sono stato un folle,
uno senza arte né parte
che non ce l’aveva il diritto
di sconvolgere la tua vita,
invitandoti a posare
la prima pietra per una chiesa
Da te sono stato
per un battesimo di luce,
ma già da un’eternità
nella siccità giaceva il fiume
In ritardo
su quasi ogni cosa di me,
lo capisco adesso
e non cerco assoluzione

Considera che
non avevo esperienza;
e considera che,
fra miracoli alla buona,
cadute e preghiere inascoltate,
quasi sempre la mia guancia
ha raccolto in silenzio
schiaffi nudi di guanti

Presto volterò l’angolo
Per le mie parole
sono stato condannato
a tacere fino alla fine
Per le mie parole
sono stato condannato
a bere l’acidità della verità
fino a quando ce la farò

Presto volterò l’angolo,
non te ne dispiacere
Non mi hai conosciuto mai,
mai veramente, mai sul serio:
solo inventavo storie su storie,
giorno dopo giorno,
ora dopo ora,
minuto dopo minuto,
per un sorriso non venuto

RICORDERAI IL SORRISO
(da “Donne e parole”)

Ricorderai il sorriso
che ti amava tanto,
che t’imbarazzava tanto

Scoprirai che,
che fra sole e luna
davvero poi non c’è
tutta quella differenza,
tutta quella diffidenza
che gli amici dicevano a te,
che i cinici
insegnavano ieri a te

E scoprirai da te,
da te,
che male davvero non c’è
sotto la neve bianca,
né sotto la cenere ancor calda

E ti chiederai perché,
(perché?)
ogni cosa ha fatto male a te,
a te più che a me

E, fra le lacrime
con o senza un perché,
puntini di sospensione…

PIOGGIA PRIMAVERILE

A spruzzi
come una pioggia primaverile,
come una pozzanghera
tagliata dalla velocità d’un’auto
Sei la solita bambina
che cerca l’arcobaleno
entro i confini d’un piccolo mondo,
nel sorriso dei mascalzoni
che a pallone giocano in cortile

Dopo tanti anni
non sei cambiata d’una virgola,
riesci ancora a farmi battere il cuore
per un goal, per il tuo bel sedere

I.

Se stelle e pianeti piovon giù,
se vene e mari si prosciugano,
e anche l’ultimo dio
al filo della lama s’arrende
con occhi di lacrime vuoti
e nemmeno una preghiera
in silenzio a Salomè rivolta,
sian questi magri versi proiettile
per vuota tragedia di sé malata

II.

Sulla bianca neve
la rincorse Vladimir
Di lei neanche
una sporca traccia

E la piazza gremita:
uomini e donne
in colli di bottiglia
ma a loro agio
nell’agitazione

Gli sorrideva
il ricordo di lei
e nel corpo
d’una vuota innocenza
collassava

Ma sempre,
in silenzio,
da bianchi guanti
sarà accompagnata
la bara di Katerina
verso il cammino
del disposto oblio,
sognato

III.

Quando si fa tarda l’ora,
la tentazione la solita,
quella d’una poesia
o d’un dolore che nessuno,
che nessuno ascolterà.

Quando la notte
nella notte si completa,
troppo tardi davvero
per ammettere la verità
che sol si è ombre
di crepuscolari identità.

IV.

Lascia adesso
che alle spalle
ti prenda,
o al tuo ventre
raccomandami
in questo mentre
che con te sono,
come le stelle
mistico

LA STAMPELLA RIMBAUD

Se ti porterai all’Inferno,
mi troverai ad accoglierti a braccia aperte
ma uguale a un feto abortito,
più triste d’un facchino dall’amor rifiutato

Non puoi semplicemente gridare
e restare dove ora stai,
invitandomi a buttar giù altro whisky
per calmare la sete

Vieni, vieni per un po’ dove io patisco
E se non è tua intenzione scendere dove io sto,
evita di dar fiato alla bocca;
nonostante la schiena a pezzi, ce la farò da me
a raccogliere la gamba amputata di Rimbaud
che adopero a mo’ di stampella e che ora riposa
davanti ai miei piedi lambiti dalle fiamme

L’AMORE CAMMINATO

Il tempo, il tempo te lo dimostrerà…
l’amore camminato su lame di rose.
E noi, a piedi nudi,
davamo il meglio di noi:
il rosso.

ALBA E TRAMONTO

Affonderai in me
il tuo sentimento
senza mai trovar
appagamento,
perché son io
luce confusa
fra Alba
e Tramonto.

UNA GOCCIA DI MORTALITÀ

Mi dirai che,
che sono stato un angelo
e un diavolo incarnato
fra le tue gambe delicate.

Mi dirai che,
che sei stata fredda
perché di me sapevi
ogni virtù e sventura.

Ti dirò che,
che t’ho amata per conoscere
la fredda mortalità della carne.

Ti dirò che,
che sono stato su di te e in te
come una goccia di Chanel N.5

NUDA VERITÀ

Tu vesti i tuoi vestiti,
io solo la mia nudità
perché così so amare.
Perché così è la verità
che tu vorresti odiare.

TEMPO

Tu aspetterai
un mio commento
che ti dica
dove oggi l’amore.

Io solo mi darò
– con calma –
al mio tempo
perché vita è.

NON SONO JAGO

Non è vero che son Jago
Che son quel mostro
che descrivi
sol perché ho osato peccare
di vanità
portandoti a Corte
Il tuo bel volto
l’han visto in tanti;
e ognuno avrebbe pagato
pur d’averti con sé
almeno un istante
Non ho però io ceduto
Per il tuo onore
ho combattuto;
e ho preso pure
dentro alla spalla
il fioretto d’un gentiluomo
che si vantava d’esser stato
con te a letto non una volta
ma ripetutamente
Giuro, non c’ho visto più:
gli son saltato addosso
nudo e crudo, coi denti
l’ho assalito e quasi sbranato;
ma il filo della sua spada
m’ha infilzato
e in ginocchio son caduto
tra gli scherni
degli sgherri d’attorno
Gli occhi mi si son fatti rossi
e seppur più di là che di qua
mi son fatto contro quello
che osava vantare impudiche vittorie
E anche se tu mi credi ignorante
incapace di poesia,
sappi, Amor mio, che il sangue mio
ha per te scritte gesta
da far impallidire milioni di scribacchini

Il tuo nome
sempre l’ho difeso,
col sangue mio, dipingendo rose a Corte,
in strada e in stretti vicoli se necessario,
senza temere mai l’eterno oblio

IL PIANTO

Quel giorno pioveva forte
Tu non avevi gli occhi bagnati
Il cielo era grigio – un funerale –
e la gente portava il passo avanti
Tu mi raccontavi dell’ultima volta
che l’avevi fatto
Io ascoltavo, ti nascondevo
sotto l’ombrello
per toglierti dai denti affilati dei passanti
Improvvisamente ti facesti scura in volto,
la bocca si contorse in una smorfia
di morte e lussuria; e uscisti allo scoperto
oltre la portata del mio riparo

Ti vidi che affondavi
in una pozzanghera nera
che pareva un pozzo di pece:
le tue bianche piume divennero pesanti,
di piombo, piegate, massacrate,
arrese lungo la schiena;
i tuoi piedi, nudi, scomparirono per primi;
scomparirono poi le ginocchia,
e scomparì il seno…
Non smettevi tu di ridere a bocca aperta
mentre l’inferno t’ingoiava:
sguaiata, portavi imbarazzo e pena
Sembrava che solo io mi rendessi conto
di quanto ti stava accadendo
Non facesti niente per salvarti,
né invocasti il mio nome

Se oggi ripenso a quel giorno,
un pianto sordo mi squarcia il petto
Non serve però a sedare le fiamme
che l’inferno m’ha messo addosso
in larghe spire, forti come risate
di gola

LA FRANA

violenta la frana
finalmente
seppellisce
il poeta
dal sorriso felice
giù a valle

ALL’ALBA

E all’alba scoprirai
che non è lontano
il tramonto
dentro agli occhi miei

SANTI E POETI

Non dovreste credere
a quegli esseri strani
che si professano poeti;
son come certi santi
da mane a sera ubriachi
incapaci di dir preghiere,
grandi stupratori però sì
…ruina del mondo intero



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