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Sognò d’esser l’Illusione dell’Umanità

Sognò d’esser l’Illusione dell’Umanità

ANTOLOGIA VOL. 193

Iannozzi Giuseppe

SEI ANDATA

Sei andata
senza uno scongiuro
né un addio
in un bacio
o in una lode sperticata

Spericolata
sempre lo sei stata
Certo non immaginavo
potessi prenderti bene
per un Mattia coi soldi
e la medaglia al valore
al petto bene appuntata

NON UN DOLORE

Andasti via nella coda del tuo occhio,
reggendo il filo d’un aquilone
e il suo vento.

E, in cielo, non un dolore.

FRA LE TUE BRACCIA

Quando sera si fa,
muoio fra le tue braccia:
sono un soldato.

SONNAMBULI

Di tutte le gioie cantate all’alba,
che rimane? Questa pallida luna,
aspettando un altro tramonto,
rosso, uguale a umana eternità
che sin troppo bene conosco
e che non m’affida libertà,
né voglia di spendere o spiare
sulle lancette il batter lento,
monotono del tempo – del sogno

SOGNI IN FONDO AL MARE

E tentò d’affogare
i dolori nel profondo del mare,
e forse, a modo suo, ci riuscì
Fin oltre l’orizzonte si trascinò
per disfarsi di quell’àncora dell’Amore
da tempo legata a una caviglia
di legamenti spezzati,
di dita senza più il solletico
E nell’immensità del sale pianse sale
guardando il sole che in fronte lo baciava,
che quieto scompariva
dietro sottile linea del tramonto

Comprese che i tumori della pelle
Che quelle sue labbra mai baciate
Che l’amore e l’odio erano sale
E non altro
Comprese che la vita l’aveva sprecata

Comprese la cecità
di non aver mai saputo
distinguere la luna dal sole
Si abbandonò così alle onde
per affondare,
per colare a picco
come una barca abbandonata,
dal molo slegata
in un dì di festa e di tempesta

E sognò,
per sempre sognò da qui all’eternità
l’amore d’una puttana,
d’un pesce troppo piccolo
e d’uno squalo troppo grande
E sognò stranieri affondare
nella sabbia del deserto
E sognò di altri ancorati a strane visioni
E sognò d’essere un cavaliere
senza la vergogna della paura
E sognò la sua faccia
negli occhi d’una Bella

E sognò d’esser l’Illusione dell’Umanità
E finalmente fu l’alba d’un nuovo dì

SE MI LASCI A BOCCA VUOTA

Se non me lo dimostri
che mi ami veramente
Se mi lasci a bocca vuota
senza che sia il tuo bacio
a soffocarmi per sempre,
questo amore allora, Bella mia,
questo amore nasce invalido
e vive e muore in un momento

L’AMORE DIMENTICATO

Il tuo amore
uguale a un bubbolio
di tempesta in lontananza,
di disfatti orgasmi
dimenticati
dentro a un milione di tombe
senza il nome

SE M’INNAMORO

Se m’innamoro
e vado a fondo
non significa
che il mondo
domani sarà
più profondo
del mio amore
dato alle ortiche

L’ULTIMO PASSO

Ho camminato la via,
e non è una poesia
Ho camminato
Ho inseguito
e mi sono inseguito

Alla mia maniera
ho cercato, ho cercato di dare
un senso a tutto questo
sbagliando sbadigliando sbancando
Alla mia maniera, colpevole sì,
forse solo delle impronte lasciate
sul freddo assassinio della vita mia

Così oggi penso che sono stanco
Tutto deve avere senza fiato una fine
perché ho camminato fino in fondo
Bene o male, l’ho fatto alla mia maniera
perché ho legato le stringhe delle scarpe
camminando sempre verso il sole o la luna
Per dio! L’ho fatto, sì che l’ho fatto,
fino a che le ginocchia han retto il peso

Non posso più sbagliare:
non è mio desiderio desiderare
né ho bisogno di sapere
che fine hanno fatto
gli amori miei giovanili
Ho camminato la via,
e non è stato per poesia
Mi sono inseguito
e ho inseguito senza risparmiare
il fiato per il domani
Così, lo capisci da te
che ora non posso più sbagliare

Ho perdonato e perduto lungo la via,
e il contrario, così oggi sono arrivato

Non posso più sbagliare
Alla mia maniera farò l’ultimo passo
per dare giusta sepoltura al mio assassinio

Non posso più esser perdonato
né lo desidero, come uomo
Così penso solo all’ultimo passo

Alla mia maniera sono arrivato

ESTREMO ADDIO

Vennero proprio tutti
dal vicino al prete, dal santo al becchino:
avevano tutti le loro pistole ben cariche,
era difatti il giorno del nostro matrimonio

Amor mio, che sorridi e piangi e deridi,
reggevo io la Colt e la fede con la mano
che in un dì non lontano cercò la verità
– la verginità fra le tue nere mutandine

Vennero proprio tutti
a darci l’estremo addio

PIANOFORTE JAZZ

Ti sono piaciuto una volta,
la prima soltanto
Poi di troppo pure la mia ombra
fra i tasti bianchi e neri
di questo pianoforte di jazz

NON È IL MIO CUORE
(Pensando a te)

E dove sono io?
dove lo spazio infinito
che m’ebbe in sua gloria?
Ero una stella e in cielo brillavo, alto,
ma solo m’illudevo che così fosse
Ero uno sbadiglio
e dentro al petto soffocavo
Ero una risata
e fra le labbra della notte morivo

Dicesti un giorno: “Basta!”
La tua mano sulla mia bocca posasti
perché finalmente tacesse
e con essa anche l’alma mia disfatta
Delle mie false verità eri stanca;
più non sopportavi che mi dessi via
nelle fauci d’un cielo senza stelle
Per me eri triste
perché troppe volte mi perdevo
Per me eri triste
perché da tempo ero già morto
e non me n’ero accorto io:
sol facevo conto di tornare a brillare
nella luce dei tuoi occhi

Gridasti un giorno:
“Non è il mio cuore!”
E soffocai finalmente io,
infinitamente
perché ero sbadiglio ammutinato
e solo ero capace di soffocarmi;
perché ero una risata strozzata
e solo fra le labbra della notte
capace ero di morire

E tu dove sei?
dov’è quello spazio infinito
che ti ha in sua eterna gloria?
Speranza non nutro,
ma lì ti vorrei raggiungere,
lì ti vorrei incontrare per ammirare
un’ultima volta la luce dei tuoi occhi belli,
dei tuoi occhi
che son mille stelle di verità
– pensando a te, pensando a te solamente

MUTO IN ATTESA

Dissero di me, “poeta!”
Stavo muto io in attesa,
con tanti altri in fila,
per pisciare l’anima via
dalla vescica,
in un giallo vespasiano

PADRE E FIGLIA

per Viola Corallo (Vany),
dolcissima bambina

Il sorriso
non lo perdere oggi,
ché quando lo perdi lo perdi
e più non torna indietro.

Se un raggio di sole
– che non credevi –
di sguincio
le tue labbra le sfiora,
non rifiutare il dono
che Natura ti fa
perché sia tua la possibilità
di mettere in luce
la bellezza, quella forza
che nell’anima tua,
in un cantuccio,
riposa.

Se vero è
che sol siam qui
e di passaggio,
non ci manchi
però il coraggio
col sorriso di stordir
gl’idioti a piede libero
che, con sguardo truce,
nella rassegnazione
sconfitti e rassegnati
ci vedrebbero bene.

Le lacrime
dal virginal faccino
presto asciuga;
da lassù qualcuno spia,
spia la bella figlia sua
che in dolori e affanni
or la tenerezza macera;
spia il Padre la figlia bella
che ieri, da mane a sera,
sempre per lui era
l’òpra sua più sincera,
di benedizione degna.

APRI AL CIELO

Apri la finestra
Regina, apri al cielo
C’è il fringuello
che picchia forte
il becco sul vetro,
e il sole già tenta di fecondare
le tue labbra di miele e sete

Apri la finestra
L’erba tutta si commuove
sotto la carezza del vento,
e tu non senti
che nell’aria c’è musica
che si spande
oltre il campanile
e ti sussurra l’avvenire

Apri al cielo,
sotto l’ombra del platano
Apri al cielo,
sotto la poesia del vólo
Apri al cielo,
apri al cielo, apri il cielo
prima che ti cada in lacrime

LE TUE PROMESSE A DIO

E così hai pensato bene
che tanto il tempo aggiusta poi tutto
Hai così pensato
che potevo ben esser trascurato
per un giorno o due, o per sempre
Ti sei fatta un giro di tango
sotto un tappeto di stelle straniere

M’hai lasciato,
con in mano le pistole
e nostro figlio nella culla

A Dio tante promesse avevi regalato:
che fino all’infinito m’avresti amato,
che ogni dì di sole
l’avresti con me consumato…
a letto sudati d’amore di sangue di rose,
o in piazza a mostrar i nostri passi di tango

Ma già mi colora le tempie l’argento
Son volati gli anni,
e nostro figlio seppellito
E ancor qui io ad aspettare
fra sabbia cenere e carbone,
e in mano le solite vecchie pistole
che mai un colpo l’hanno sparato
manco per sbaglio

Domani, domani sarò morto
Sarò sotto due metri di terra buona
e sul mio cuore una croce di legno

Domani, domani sarò eco
nell’infinito perso, meno d’un ricordo
E sarai tu ancora giovane e nuda
come quando la prima volta ti amai



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