Pinocchi e Don Chisciotte
ANTOLOGIA VOL. 151
Iannozzi Giuseppe
MOSCHE D’ANGELI
Sei un completo disastro
Mi dici un “ti amo”
come fossi un Gesù in croce,
mi dimentichi poi per il silenzio
Dormi e respiri su nuvole altrui,
su tatuaggi
che non m’appartengono
Sei un completo disastro
Mi dici un “ti amo”
e credi di potermi far fesso
su tutti i fronti dell’amore
– o dell’odio di Dio
Mi resta così poco in mano,
giusto un pugno di mosche bianche
– angeli infetti di gelosia -,
e in bocca un muto addio
per un silenzio spero uguale al tuo
NELLE VENE DELLA TERRA
passerà, passerà anche questa guerra
e questo giorno che dura da sempre
in immutabile sconfitta di uomini
come numeri strappati dal calendario
passerà ma non si potrà mai dimenticare
tutto il sangue versato nelle vene della terra
NON SANGUINIAMO PIÙ DEL DOVUTO
Puoi lasciare le mie mani adesso
Per un bel pezzo mi sono pianto addosso,
lasciando che i fiumi scorressero sotto i ponti,
sognando di scrivere poesie sul pelo dell’acqua
Una a una mi sono spezzato le ossa dell’anima
E mi sono pure illuso che il motore fosse l’amore
per Pinocchi e Don Chisciotte;
dovevo ancora incontrare il Diavolo all’incrocio
per accettare l’idea che si vive una volta e basta
Le cattedrali, che mai ho visto, franano felici di finire
sotto lo sguardo indifferente di Atlante,
e i minareti, persi chissà dove, fanno uguale fine
Non c’è motivo perché questo rapporto rimanga in piedi
Le orbite dei pianeti si sono allontanate e gli angeli,
che legarono i nostri polsi con manette di spine,
hanno da tempo un loro posto fisso al cimitero
Non sanguiniamo più del dovuto
Tanti prima di noi sono caduti nel tranello celeste,
e con le proprie forze si sono rialzati
o si sono scavati la fossa, senza sciupare lacrime
Puoi lasciare le mie mani adesso,
Dio non avrà il coraggio di trarti in inganno
Non sanguiniamo più del dovuto,
puoi lasciarti andare adesso
Hai una strada di possibilità da seguire
e nemmeno un secondo da perdere
in baci dell’addio
Dio non avrà il coraggio di trarti in inganno
Non sanguiniamo più del dovuto
GLI ANNI NOSTRI
Quante volte ho invocato il nome
perché solo una muta eco infine
si tuffasse dentro al cuore mio,
quasi che nullo spirito in me vivo
Amica, ricordi quei giorni
che trascorrevamo insieme?
Speravamo in giorni migliori,
attendevamo primavere e speranze
Era il cielo gravido di stelle
che i nostri occhi non riuscivano
a contenere; sospiravamo
Era Milano ancor tutta da fare
e se anche il fracasso delle bombe
la nostra innocenza in fiore minava,
ci promettemmo comunque che mai
e poi mai avremmo concesso al nemico
la voglia nostra di cambiare in meglio
Eppur gli anni son trascorsi
prima d’un batter di mani, e il grigio
sulle tempie ha da tempo preso
a calpestare i ricordi,
cosicché ogni dì oggi ci par uguale
a quello appena andato
Quel cielo di stelle, tanto amato,
non è per niente cambiato
Però noi sì, solamente a stento
ci riconosciamo, con moto
di disgusto
Che resta di noi, di quel ch’eravamo?
Non una foglia, non un fiore
fra le distratte pagine d’un libro amato
sin quasi alla follia, non un poeta
il cui nome al mattino ci svegli dal torpore;
avanti si va come animali da monta
scavando con l’indice nelle cateratte,
e sconosciuti si fanno i volti conosciuti
e gli amici morti, seppelliti: di essi
memoria noi non serbiamo
per tema che gli scomparsi sorrisi
ci ricordino che presto anche noi
li seguiremo per uguale destino,
così come sempre è stato
sin dalla notte dei tempi, Amica mia
LA CHIAVE DELLE TUE BUGIE
Ho la Chiave Delle Tue bugie
Ho preso confidenza col tuo amante
Siamo andati a trovarlo Magellano
Gli abbiamo portato arance siciliane
E’ uno di poche parole
Ama pescare dentro a un naufragio
Gli piacciono le onde e le reti gonfie
E’ uno che non spiccica parola
Siamo stati delle ore a dirgli
del più e del meno
quasi ci conoscessimo da sempre
Io e la mia ombra, e lui niente
Ma però la Terra è piatta
ed è una fortuna sfacciata, anche per te
Anche per te che non mi ami più
Hai l’amante, noi le arance rosse
Noi stiamo bene da soli
Verremo a trovarvi a notte fonda
per scoprire com’è che lo fate l’amore
Con la luna piena o con il cielo vuoto di stelle
verremo a trovarvi con una bottiglia scolata
e nessun messaggio di paura o di coraggio
Hai l’amante, noi le arance siciliane
che abbiamo fatto assaggiare a Magellano
Ho la chiave delle tue bugie
e nel videoregistratore un porno di fantasie
Non ti preoccupare per noi
Abbiamo tutto quello che ci serve:
le tue mutandine per pulirci il naso,
e fazzoletti di seta per pulirci il sedere,
e arance succose che ci fanno pisciare
e qualche volta ruttare di gusto
E risate a volontà
sotto i pergolati coi coltelli in mano,
e negli occhi semichiusi luminarie
per la notte che verrà
Ci sarà un gran divertimento da smaltire
Rosso, rosso come il sole di Sicilia
perché oramai ho la chiave delle tue bugie
NELLE LACRIME DI TOLSTOJ
L’amore che credevi perso
Il dolore che sapevi andato
Il volto che hai amato
Il volto che hai assassinato
Tutto torna,
come una superstizione tutto torna
L’odio che credevi eliminato
Il volto di Dio che hai amato
e la sua mano
che sul più bello ti ha tradito
Tutto torna ma non torna mai,
quando la notte s’alza oltre le onde del mare
Tutto torna ma non torna mai,
quando la notte s’alza oltre le onde del mare
Formulano le Erinni una maledizione,
io solo uno scongiuro in un passo di danza
come un indiano, come un indiano
Diana ha amato un principe,
io una principessa,
collassando in solitudine
come una candela a spiare il vento
Il cappello se lo porta via il vento
La risposta la sa il vento
L’eco la sa il Genio di Zappa
Tutto torna, tutto torna
quando passi sotto i pioli d’una scala
Tutto torna, tutto torna
quando cade l’ultimo sogno
del Quinto Stato
Tutto torna, tutto torna
quando le Anime Morte bruciano
nelle lacrime di Tolstoj
Perché questa stupidità
di crederci immortali?
Perché Re Lucertola
gli occhi sgrana al suo spettro?
E’ solo che troppo hai amato
e proprio non ti è riuscito
di dire “Basta!” al momento giusto
Così, ora siamo qui
a tendere la mano
in cerca d’un’altra Zingara
Così, ora siamo qui
a piangere un’elemosina
che sia finalmente per noi
Tutto torna e non torna mai
Ma è ancora l’amore che credevi perso
E’ ancora il dolore che sapevi andato
E il volto di Dio non smette mai
d’assistere all’umana disgrazia
VOCI FRA I DENTI, FRA I VENTI
M’hanno raccontato
che oggi vivi da sola
lontana
in una landa desolata
dove soltanto il sole
ogni tanto
s’affaccia con timidezza
Una volta al mese viene
a trovarti un corriere:
ha sempre con sé una pistola
di tartaro giallo
e una paura legata al collo
che non l’abbandona mai
neanche un secondo
M’hanno raccontato così
Ma io non so se sia vero
e giusto credere alle voci
che il vento sussurra al mio orecchio
mentre sorrido allo specchio
il vuoto della mia bocca sdentata
LA FINE DI UN AMORE
Dieci baci bastarono, furono
abbastanza in questa stanza
Dieci baci si sfidarono
fino all’ultimo fiato
E tu – quando in ginocchio caduto
sol più reggevo una bianca poesia
di niente – m’invitasti a risollevarmi
perché avevi un cappellino nuovo
e ci tenevi davvero tanto
che lo vedessi coi miei occhi
Quando le parole non servirono,
servirono i nostri baci
e la formula, quella dell’addio,
qui dove il sangue scorre in un tango
– nel fango dei ricordi calpestati
e ai piedi per sempre appiccicati
L’ADDIO
Se ha raccolto
l’Inferno la metà
delle lacrime
nei secoli piante
da chi in vita
e poi tosto dannato,
allora è luogo
dove i sogni
son segni d’Eternità
sulle schiene
dei condannati
che ai figli
hanno sol lasciato
i tristi loro fogli
nel tentativo vano
di spiegar loro
perché l’Addio
fu così feroce,
e più veloce
d’un lampo
CONFRONTO FINALE
Meglio volare alto e casomai cadere che volare basso e accusare del mondo il puzzo. Chi di poesia vive di poesia muore. Il Re si diverte sol quando pedoni e fanti, regine cavalieri e torri, da ambo gli schieramenti, dalla scacchiera cadono. Il confronto finale non può che essere fra Re.
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