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L’ho detto chiaro e tondo

L’ho detto chiaro e tondo

ANTOLOGIA VOL. 148

Iannozzi Giuseppe

REGINA IN AUTUNNO

Il cancello del giardino
con passo stanco attraverso
e infine piano piano busso
alla porta che muta rimane
Ad attendermi un turbine
di foglie sullo zerbino arcobaleno
I gatti mi si fanno dappresso
Miagolano forte,
nelle tasche infreddolite
cercano le mie mani;
sotto il mento faccio loro una carezza
e subito fuggono via dispettosi,
egoisti e felici, a modo loro
più coscienti di me delle stagioni,
degli amori consumati a lume di candela

Imprecando, di nuovo busso
Chiamo il tuo nome,
ti chiamo Regina
Risponde abbaiando il silenzio
Con la coda fra le gambe
come un fesso rimango sull’uscio
Con il pugno chiuso busso allora duro
fino a sbucciarmi ben bene le nocche;
non rispondi, ma dispettoso
un riccio di castagna mi becca in testa
per ricordarmi  che è l’Autunno,
che nel bosco ti devo cercare

SOGNI DI CRISTALLO

così è il mondo dei lettori
e degli autori
un giro di solitudine
uno di ingratitudine
e un altro e un altro ancora
e un bicchiere infranto…

un bicchiere di cattivo cristallo
ch’era colmo se non di speranza
almeno d’una buona dose di gioia
infantile e un poco crudele

SENZA FINE

Era tanto tempo fa
che ti dicevo amore
Era poco tempo fa
che ti chiamavo rosa
Morivo e vivevo solo per te
in un crimine senza fine

NEVE AL SOLE

Quando tornerai
dall’uomo che ieri amasti,
lo scoprirai insieme
alla neve baciata dal sole
Quando mi piangerai
per l’ultima volta,
sarò io l’ultima verità
tra mille stelle alpine
che nascono sotto il peso
dei tuoi piedi a camminare
questa terra di speranze
nel sangue sconfitte e tradite

R.I.P.

L’assoluta solitudine
non esiste,
né esiste
il fragile suo corpo
Esistiamo però noi,
cadaveri in vita

UN MOMENTO

nel tuo abbraccio son morto
con sembianze di spavento

solamente ho cercato un momento
di negra serenità, e non la verità

GIULIA

Il mattino non è ancora venuto
Ma in questa casa che è piena di te
c’è ancora il sapore della tua assenza
Oh Giulia, Giulia, perché l’hai fatto?
perché hai lasciato il tuo cuore
nel mio – come un soldato prigioniero
sulla linea di confine?

Se stringo le mani per impotenza
è perché ancora cerco la tua stretta
Se ancora piango, se ancora rido,
è per quella pazzia così dolce
che m’insegnasti a non dar via facilmente
E però ora sono giusto un soldato prigioniero
e ogni passo avanti è uno indietro,
un avanzare lentamente, inesorabilmente
incontro all’impietosa faccia della morte

Oh Giulia, Giulia, perché l’hai fatto?
Avevo te e avevo tutto
E poi, in un niente, son rimasto da solo
a combattere sulla linea di confine
E poi, in un batter di ciglia, ho pianto
un infinito perdere te

Oh Giulia, Giulia, (come) potrò mai
dimenticare? con quale coraggio
confessare amaro è l’amore
agli amici che ci sapevano felici?

Il mattino non s’è ancora svegliato
e la notte non ha sbadigliato l’ultimo colpo
Però, davvero, non ho più forza
Però, davvero, non ho più volontà
Così, dal vento caduto dentro al crepuscolo
infinitamente invoco il tuo nome
per ricordare me a me e com’era bello
il tuo volto addormentato sul mio

OCCHI SPAGNOLI

Occhi spagnoli, Occhi spagnoli,
tu che sulle labbra mie addormentate
ora piangi, sai forse dirmi quanti eoni,
quanti ancora dovranno darsi la fine,
quanti baci dovranno ancora morire
perché possa in petto la vita tornare
a pulsare?

Come vedi dormo:
vento e ricordo sono,
un passato mai passato

Occhi spagnoli,
fa sempre freddo qui
Quanti e quanti i giorni
che mai ho vissuto
fino in fondo,
come un assassino

E i passi tuoi leggeri
l’Eterno fendono,
la causa del saggio Ebreo piangono

LA MIA CAREZZA

In un soffio
una carezza
che attraversi
cuore e mente
– dolcemente –,
perché dia vita
alla vita

Con il sogno
che da mane
a sera portiamo
– bagaglio di soli
e di notti, fiato
dei nostri polmoni –,
semplicemente
la mia mano stringe la tua
e su te si posa

Così teneri
ci ricorderemo al mondo,
alle tante lacrime
che le ère hanno visto
in chi come noi, prima di noi
Così eterni saremo, sempre,
per la semplice bellezza
che noi amiamo

NON GIOCHERÒ MAI PIÙ

Il Piccolo Buddha m’invitò
a toccargli la mano;
diedi così inizio al piano
di spogliarmi dei capelli
Il Piccolo Buddha disse
che ero nato per amare
Gli risposi che ero a secco,
che le mie possibilità
erano a un minimo storico

Ho lavato via la sporcizia
dal cranio, ma non è stato
come avevo immaginato;
per questo adesso vado in giro
bussando di porta in porta,
chiedendo di restituirmi
la forza che ho perduto
– prigioniero d’un sogno

Tutte le notti prego
con il cappello poggiato di sbieco
sul cranio rasato;
e a ogni nuova alba
mi rendo conto che mai più giocherò
con i tuoi lunghi capelli, Cristina

DUBITO CAPIRETE

Sono il piccolo Ebreo che a mano ricopia i libri proibiti,
sono il ladro che entra nella casa del suo miglior amico,
la mano che taglia la gola al bue e all’asinello
Sono il piccolo poeta che della Bibbia nulla ha compreso,
l’Ebreo Errante che bussa alle porte della fortezza Bastiani,
il vecchio usuraio che al mercato compra una fanciulla

Quando mi avete incontrato sulla vostra strada
l’ho detto chiaro e tondo,
“so bene chi sono, voi invece non sapete, ecco la differenza”,
così oggi mi accusate d’essere il nemico, l’uomo che bestemmia
e quello che china il capo sulla croce
Lo ripeto, lo ripeto e ve l’ho detto chiaro e tondo ed era solo ieri

Lo ripeto, lo ripeto e ve l’ho detto chiaro e tondo ed era solo ieri,
“non schieratevi dalla mia parte, santi e diavoli non tessono bandiere”
Non avete compreso, dubito capirete oggi la drammaticità della verità:
non basta una lampadina a illuminare la grandezza del mistero di Dio,
se c’è o non c’è

Ho distrutto una dopo l’altra le vostre immagini sacre,
e senza riguardo ho calpestato i fiori dei vostri giardini;
quando poi siete venuti da me piangendo per chiedere il mio perdono
ho fatto la mia scelta,
ho fatto la mia scelta e vi ho dato le spalle ridendo di gusto

Ho dato al fuoco le poesie mie più belle e non ho chiesto soldi
Lo ripeto, lo ripeto e ve l’ho detto chiaro e tondo ed era solo ieri,
“vengo in pace, vengo in pace, non scrivete sul vostro il mio nome”
Non avete compreso, non avete compreso,
dubito capirete un giorno quanto profonda la severità di Dio

Quando mi avete incontrato sulla vostra strada
l’ho detto chiaro e tondo,
“disegno il cerchio, voi invece il quadrato, ecco la differenza”,
così oggi gridate ai quattro venti che ho mentito,
cercando invano di invertire il senso della corrente del fiume

Non avete capito, non capirete mai: il pentimento non si compra
sbattendo la testa contro i muri o elemosinando pietà dal vicino

PENELOPE, PENELOPE

Amore,
quale amore!
Amore, un cavolo
fra giochi equestri
e storie maldestre;
qui si sta e si sta
come in agonia
il cielo delle aguglie
mirando,
sassi sul pelo
dell’acqua scagliando,
l’umbratile ovest
sempre scrutando.

Un cavolo d’amore,
Penelope, Penelope!

Passami il vino,
la sua bellezza
e un’ubriachezza
che del bicchiere
regga la fragilità.
E i Proci tutti,
sgomenti
li vedrai mancare,
in ginocchio cadere,
e le ritorte budella
dall’epa svuotata,
in un ultimo fiato,
con mano toccare.

Non ruggine o lucchetti,
prometto qui ora a te.

LA BELLEZZA DELLE DONNE

Non fermiamoci,
non su questa riva
dove il blues
in altro blues affoga,
dove beccano
i gabbiani
di uomini e donne
solo la sfortuna

Nell’abbaglio
che il bagaglio
a ogni passo
qua o là
lo stesso
o più pesante
non crediamo

Delle donne
la bellezza
preghiamo
– invochiamo –
perché domani
un blues a due
per sempre sia



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