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Cesare Battisti arrestato dall’Interpol

Cesare Battisti arrestato dall’Interpol

Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Cesare_Battisti_(1954)

Tentativo di estradizione del 2018

Nell’aprile 2018 Cesare Battisti e l’ex moglie Joice Lima sono sottoposti a revoca del passaporto e a misure restrittive per aver usato documenti falsi al matrimonio. In ottobre il candidato presidenziale Jair Bolsonaro promette l’estradizione del già PAC in caso di sua elezione. A fine ottobre Battisti risulta irreperibile dalla sua abitazione a Cananéia, dopo che il Presidente eletto Bolsonaro ha ribadito la sua volontà di estradarlo.[193] Secondo il legale, Battisti si trova a San Paolo e “non ha bisogno di pronunciarsi in nessun modo”, poiché “dispone di una decisione del Supremo Tribunale Federale (Stf) che garantisce la sua permanenza in Brasile”, emessa nel 2017 da Luiz Fux, magistrato della suprema corte. In base a questa pronuncia, il governo brasiliano non può concedere l’estradizione fino a quando il Stf non avrà deciso se un Presidente ha la facoltà di modificare una decisione definitiva di non estradizione presa dal predecessore.

Il 14 dicembre l’Alta Corte ordina però l’arresto dell’ex terrorista, con un mandato emesso dallo stesso Luiz Fux, in quanto vi è pericolo di fuga, stabilendo la facoltà costituzionale del Presidente del Brasile di revocare i decreti dei predecessori. Il Presidente ancora in carica Temer ne ha quindi ordinato l’estradizione, ma l’ex terrorista risulta latitante.

L’arresto in Bolivia e l’estradizione del 2019

Il 12 gennaio 2019 Cesare Battisti viene arrestato dall’Interpol in collaborazione con la SCIP-Criminalpol, la DCPP-DIGOS e l’AISE a Santa Cruz, in Bolivia. Al momento dell’arresto indossava barba e baffi finti. Il governo boliviano ne rifiuta l’asilo politico e ne ordina l’immediata espulsione verso l’Italia, dove viene trasferito il 14 gennaio dopo essere stato preso in custodia dalla polizia italiana; al suo arrivo viene condotto nel carcere di Oristano (inizialmente si era parlato di quello di Rebibbia) dagli uomini del GOM della Polizia Penitenziaria dove rimarrà in isolamento diurno per 6 mesi.

La solidarietà a Battisti

Un movimento di solidarietà a Cesare Battisti si è sviluppato in Francia in occasione della seconda richiesta di estradizione accettata dalle autorità francesi. Vari intellettuali e personalità del mondo della cultura e della politica francese vi hanno aderito, tra i quali Bernard-Henri Lévy, che ha curato la prefazione all’ultimo suo libro (Ma Cavale, “La mia fuga”), lo scrittore Serge Quadruppani, Philippe Sollers, Tahar Ben Jelloun e Daniel Pennac.

Cesare Battisti a un incontro con alcuni deputati del Partito dei Lavoratori, durante lo sciopero della fame nel carcere di Papuda, Brasilia, 2009.
In particolare Cesare Battisti ha ricevuto il supporto della scrittrice francese Fred Vargas, che in questi anni lo ha sostenuto economicamente fino ai giorni dell’arresto in Brasile (dovuto a una telefonata rintracciata dalle autorità brasiliane fatta dal Battisti proprio all’abitazione parigina della Vargas). Suo il libro La Vérité sur Cesare Battisti, inedito in Italia.

Altre manifestazioni di solidarietà sono venute dallo scrittore Premio Nobel colombiano Gabriel García Márquez e da 500 tra scrittori, intellettuali e rappresentanti di organizzazioni non governative per i diritti umani brasiliani, tra cui (a titolo personale) anche esponenti di Amnesty International, firmatari di un documento per la concessione dello status di rifugiato politico a Cesare Battisti.

Solidarietà a Cesare Battisti è arrivata anche dall’Italia. Il sito internet Carmilla Online nel 2004 ha organizzato una raccolta di firme di solidarietà per Cesare Battisti coinvolgendo oltre 1 500 firmatari nel panorama politico-culturale di Francia e Italia, tra cui Valerio Evangelisti (suo amico personale e principale sostenitore in Italia), Wu Ming, Vauro Senesi, Giuseppe Genna, Davide Ferrario, Guido Chiesa, Paolo Cento, Giovanni Russo Spena, Luca Conti, Nanni Balestrini, Gianfranco Manfredi, Mauro Bulgarelli, Sante Notarnicola, Sandrone Dazieri, Alex Cremonesi del gruppo La Crus, Sandro Provvisionato, Graziella Mascia, Marco Rovelli, Paola Staccioli, Pino Cacucci, Christian Raimo, Gianni Biondillo, Tiziano Scarpa, Yves Pagès, Massimo Carlotto e anche esponenti del mondo cattolico (tra cui alcuni frati francescani) e un poliziotto francese (a capo di un sindacato di polizia).

Tra i firmatari del documento comparve anche il giornalista e scrittore Roberto Saviano autore di Gomorra che tuttavia, nel gennaio 2009, ritirò la sua firma in segno di rispetto per le vittime. Lo stesso fecero Marco Müller, Laura Grimaldi (scrittrice e madre di Gabriele Grimaldi, anch’egli parte dei PAC) e altri. Questa raccolta di firme ha suscitato l’attenzione dei media soprattutto grazie all’interessamento del settimanale Panorama. Lo scrittore Erri De Luca ha invece negato di avere firmato per Battisti, invocando però una soluzione politica per tutti i fuoriusciti accusati di terrorismo a causa delle loro attività negli anni di piombo, pubblicando un testo su Le Monde.

I difensori di Cesare Battisti, come detto, contestano principalmente le modalità con cui si è svolto il processo contumaciale a carico dell’ex militante dei PAC, in particolare sostengono che le accuse si baserebbero solo sulle dichiarazioni del pentito Pietro Mutti, anch’esso appartenente ai PAC, che avrebbe accusato il compagno per garantirsi gli sconti di pena concessi dalla legge speciale antiterrorismo italiana.

In Brasile e in America latina, solidali con Battisti sono stati Eduardo Matarazzo Suplicy, uno degli avvocati di Battisti e senatore di origini italiane del Partito dei Lavoratori, il citato ministro Tarso Genro, la storica Anita Leocádia Prestes (figlia di Olga Benario) e l’accademico argentino Carlos Alberto Lungarzo, il quale sostiene di avere «la certezza assoluta che la falsità delle accuse dei tribunali italiani, servilmente ripetute dalla maggior parte dei membri della corte suprema brasiliana nel 2009, resta ampiamente dimostrata». Matarazzo Suplicy ha attaccato il governo di Silvio Berlusconi, sostenendo che il premier avesse garantito a Lula – in forma riservata durante un incontro al vertice – che l’Italia avrebbe accettato pienamente qualunque decisione del governo brasiliano, senza protestare o minacciare boicottaggi (Berlusconi smentì quest’indiscrezione).



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