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I ricordi affollano la mente e ti abbracciano

I ricordi affollano la mente e ti abbracciano

ANTOLOGIA VOL. 110

Iannozzi Giuseppe

DICONO GLI AMANTI RIFIUTATI

Fosti promessa di felicità
Un momento fu abbastanza perché
il sapor salato dell’estate sul finire
ti donasse a un amore più gentile

Dicono gli amanti rifiutati
che il cuore è a pezzi, diviso
in due metà, e che senso
non ha più la vita; verità?
Su due piedi dir io non so,
non anelo però a ferirmi ancora,
a pascolare altrove, più in là,
pur non nascondendo
che vero è che i praticelli
son tanti, belli verdi e fioriti

Credo invece che tornerò
da dove son stato tratto fuori,
in salvo, in salvo almeno così
ieri io credevo; e, in mezzo
a tutte le pazze cose
che hai per caso dimenticate
chiuse in un armadio quel dì
– lontano non so quanto –,
un giorno, sì, di nuovo
mi scoprirai, ma sarai tu
vecchia e rugosa e io sol più
un corpo in perenne lotta
contro la corruzione del Talmud
e di tutto il resto dimentico

CIELO

A me piace
il cielo
quando è pieno
della luce
dei tuoi occhi
d’angelo

UNA LACRIMA, UNA BARA

Ti lascio una sola lacrima
addormentata in una bara
e nulla più, niente di più
di quel piccolo Gesù
che m’albergava nel cuore
quando eri tu a scomporre
le trame delle gioie mie
per farle tue

Sol ti lascio questo Addio
d’infinito silenzio
perché Vergine Libertà
possa tu desiderare al di là
del mio sporco ricordo
– che mai più ti tormenterà
l’anima o le labbra

SOLTANTO UN UOMO

D’accordo,
mi dimetto
Non poeta, soltanto
marinaio tra le onde
e a ogni porto
un amore a pagamento;
poi tanti cazzotti
e di nuovo in mare
a provare la durezza
degli uomini soli
senza una donna

Mi dimetto
E rimetto quel poco
che lo stomaco
m’ha retto dentro
Tra onde alte
più dei miei castelli
in aria,
ho finalmente capito:
stringo le chiappe
e chiudo gli occhi

FIGLIO

Ha perso il bosco
il suo verde.
Sono uscito
per una lunga passeggiata
tra fragole e more selvatiche,
le ultime della stagione.
Mio figlio caduto
per uno scambio di persona
l’hanno seppellito
sotto un salice spoglio.
Circondato dal paesaggio
gli fan muta compagnia
foglie brune, morte.

CASA

Gridavano ieri a gran voce,
oggi non più.
Il fiume in secca
percorre la pianura ferita
là dove i ragazzacci rubavano
acini d’uva matura
e le donne mature o no cantavano
ubriache già di primo mattino
ben prima di cadere
stanche sui tavolacci
giù in osteria.
Affollano la mente i ricordi.
Sulla linea del tramonto buco;
con la bicicletta a mano
faccio ritorno…

IMPRONTE

Sol ieri le ciliegie
cadevano a pioggia
– tappeto rosso
immensa distesa
collasso di dolcezza
da far male al cuore.
E di dolore si tingono oggi
le impronte dell’esistenza.

LACRIME SUPERFLUE

Una scemenza
strappò dall’occhio di Dio
superflue
lacrime di sangue
su madonnine
e santini da collezione.

Non una
fu però sprecata
per il giovane prete
morto
ammazzato in chiesa
perché contro la Mafia.
Solamente due parole
sul giornale locale.

Così
l’eterno silenzio.

MADEMOISELLE VALERIA

Mademoiselle Valeria,
qual desio dir non si può;
e però tacer possibile non è
or che son le stelle
dall’alto in basso a scrutarci
in questo nuovo anno;
così, per questo,
qui lo dico
e non lo nego,
che ognuno di noi
di te è innamorato,
ognun di noi per Te
sovvertirebbe l’ordine
del Nord e del Sud,
dell’Est e dell’Ovest
per ottener un bacio,
anche uno solamente.
Brinderebbe poi
fino a prender su di sé
delirio tremens;
ma con sorriso felice
da quest’orbe infelice
si dipartirebbe.

SOLDATI E COLOMBE

Caduta è
la Bianca Colomba
che al mattino
in cielo spiavo
schermando gli occhi

Dal balcone
più non s’affaccia
l’amato suo nudo piedino;
continuo io però
a lavorare coi soldati
perché a uno a uno
in battaglia cadano

TRA MIELE E FIELE

Ieri un ragazzo
E mi lasciasti becco
Un uomo oggi
Non cercarmi
Tra miele e fiele
colleziono farfalle
per l’Inquisizione

DULCINEA DEL TOBOSO

Eran d’oro e miele
questi campi ora grigi
dove a vuoto
mulinava la lancia mia,
l’illusa mia gioia,
Dulcinea del Toboso

Nell’ora estrema
che vecchiaia
alle spalle m’ha preso,
lo sbaglio comprendo;
da sgambetto fantasma
rimango sorpreso
in ginocchio finendo,
subito toccando l’aridità
che seco reca la verità
Finito per sempre,
per sempre l’errare mio
e con esso gli errori
che ieri allo specchio
mi fecero un po’ bello

TU, MIO FARINELLI

Mancherà al mio cuore
la violenza alle spalle
all’improvviso,
quel tuo modo particolare
di dimostrarmi
il profondo tuo affetto
con un brutale affondo

Nel lettone mancherai tu,
mio Bruto, mio Farinelli

PERDERE TE
(da “Fiore di passione”, in lingua volgare)

Più non v’è ragione
di viver poetando
or che gli spirti miei
– un dì sì ardenti –
han su di sé preso
meritata condanna
di trovarsi soli e spenti,
uguali a giacenti lumini
senza più la fiamma
che il cor ingannava
con promesse d’amore
e altre più belle illusioni.

Fra vetuste cappelle,
cippi e algidi avelli
vagabondo io vado
negl’epitaffi cercando
l’altrui memoria
perché mi sia di conforto
saper che chi più di me
ieri valente, al pari di me,
tutto ha perso in un momento
d’imprevista debolezza.

Fra ombre e fantasmi corsari
la carezza mia di vento si posa;
a gl’invitti personaggi di Salgari,
con disperato coraggio,
movo domanda: “Perde l’uomo
che non ha osato esser uomo?”;
e silente subito la risposta viene,
tragica nell’assenza di luce.

E in ginocchio infine cado:
nella tomba, a me somigliante
per spazio e corpo, sprofondo
a corvi e civette sussurrando
lamento senza posa:
“Sia il buio, con l’abbraccio suo,
a donar a me quel conforto
che sì tanto oggi mi manca!”

L’ABBRACCIO
(da “Fiore di passione”)

Sorrisi e fiori sbocciano
là dove il seme d’una lacrima
d’amore o di dolore,
per paura o per distrazione,
coglie della Terra la gravità.
Per questa sola ragione
al tuo cospetto ora taccio,
lasciando sia nei nostri silenzi
il più lungo e intimo abbraccio.

ERO UNA CAPRETTA TIBETANA

– In un’altra vita ero una capretta tibetana e bevevo birra dai capezzoli della Grande Madre.

– Mangiando perlopiù erba e carta, un po’ qui e un po’ là, ho avuto modo d’incontrare il Buddha che ride e quello che invece piange: da entrambi ho imparato a belare in maniera conveniente.

– In un giorno di sole uguale a tanti altri, sulla mia strada ho incontrato mille uomini morti, abbandonati senza sepoltura. Ho belato forte per delle ore, ma di più davvero non potevo fare per loro, per cui, alla fine, ho proseguito oltre alla ricerca di un pratino verde che non contenesse sangue umano nelle sue vene.

– Pioveva e faceva freddo, così ho cacciata la testa al riparo, in una biblioteca apparentemente dimenticata. Dopo pochi passi al suo interno, ho incontrato un vecchietto incartapecorito che mi ha accarezzato il vello nero e bianco. Notando che avevo una gran fame, mi ha offerto un libro dalle pagine ingiallite. Ho resistito alla tentazione nonostante non mangiassi da tempo. Il vecchio bibliotecario, accortosi della mia rispettosa ritrosia, mi ha dunque detto: “Mangia, bella capretta. Mangia pure. Una vita non vale quanto un libro, per quanto esso possa esser bello e interessante. Senza vita non c’è ragione alcuna per cui i libri debbano sopravvivere.”

– Un lupo cattivo mi si para davanti con il chiaro intento di far di me il suo pranzo. Non oppongo resistenza. Ma prima che il lupo possa affondare i suoi denti nelle mie tenere carni, Buddha gli compare davanti con una ciotola di riso. Il lupaccio nero annusato il riso offertogli subito se ne va, avvilito, con la coda fra le gambe.

– La più dolce musica l’ho ascoltata fra le colline calve e le basse pianure: l’alito di Buddha, talvolta leggero, talaltra pesante.

– Formiche rosse e nere si muovono guerra ai miei piedi. Attraverso le loro fila, facendo attenzione a non mietere vittime tra i contendenti, mentre ascolto le campane del Tempio che annunciano la sera.

– Una volta ho incontrato un poeta che sedeva sulla riva del fiume. Scriveva sonetti su sonetti. Non aveva mai tempo per guardarsi intorno. L’Anguilla di Dio, stanca dell’immobilità del poeta, un bel giorno se l’è mangiato in un sol boccone sputando il bloc-notes e i suoi indigesti sonetti, pieni di finzioni.

– Sul ciglio della Fine del Mondo, Buddha mi ha detto la verità: “Torna sui tuoi passi, qui ci sono soltanto uomini e rifiuti.”
Ho seguito il consiglio e sulla via del ritorno ho brucato l’erba più tenera della mia vita.

IO E IL MIO MACELLAIO

Il mio macellaio – dove di solito vado a prender un paio di cotolette di pollo e del tenero abbacchio – mi dice sempre che gli psicologi non sono affatto degli speleologi. Poi, con amore estremo, col suo coltellaccio mi taglia l’abbacchio, e me lo incarta per benino, avendo cura di tenerlo separato dalle cotolette. Intanto che gli pago il conto, fisso alla parete un vecchio poster quasi del tutto ingiallito: la Sophia Loren è sempre bella nonostante il tempo e le mode.

Io e il mio macellaio tocchiamo sempre il fondo di qualcosa, che è nella nostra psiche, ripetendoci nei gesti e nella parlata; però non ci riflettiamo su, non troppo, altrimenti finirebbe che la tentazione sarebbe quella di sgozzarci come dei maiali.
Forse è per questo che ci vado una volta alla settimana e non di più. E poi la carne ha un prezzo infame – ed è questo un particolare da non trascurare; e, a dirla tutta, i nostri sorrisi sono sempre da orecchio a orecchio, abbiamo denti che sono lame di coltelli.



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