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Occhio per occhio, dente per dente, nessun innocente

Occhio per occhio, dente per dente, nessun innocente

ANTOLOGIA VOL. 90

Iannozzi Giuseppe

I.

Cercava Giovanna d’Arco
una passione di lei più grande,
un processo a porte chiuse

Cercava la Pulzella il supplizio
perché fossero le braccia di Dio
a raccogliere quella sua anima
da inglesi e francesi detta eretica;
o forse solo cercava di stare
in mezzo a tanta gente strana

O forse solo cercava di stare
come tutti si sta: male

II.

Dove adesso i vostri miti?
Stelle comete
da schizofrenici spazi
prima disprezzate e rigettate
poi a malincuore inghiottite
E chiedete a me
d’imitare la loro fine,
di prendere
sulle spalle la scimmia

Nei secoli dei secoli idolo
e non passeggero ideale
per un momento soltanto perfetto
Dove adesso i vostri trionfi?
Non lungo la Via della Seta,
non nella culla degli incunaboli

A sangue freddo
sul nido del cuculo si sta,
perché infine
uno a uno
cadano quei tronfi Re
che sol compresero
dell’ombra loro
l’altezza meschini

III.

Mai hai capito
del jazz le note sopraffine,
per questo non scrivo
di passioni coglione 

Mai hai capito
d’un falegname lo spessore,
la forza sua
di segar via dai cieli
certe incèrte nuvole
nel rococò versate

Mai hai scoperto
di Hendrix l’alta tensione

Quando poi s’incrina
del poeta il cristallo
resta il poco che resta,
un giorno di pioggia,
la gobba bella
d’un Leopardi qualunque
in un postribolo nascosta

IV.

Le cose che fai le stesse,
quelle che no uguali all’uguale
Sempre la schiena morde
la nuda carezza del diavolo

Non cambiano le scadenze,
i sogni cagliati e quelli incagliati,
storie morte e nei bistrot bevute
in un sorriso di vuota sorpresa

V.

preferibile la volgare sincerità
di quei nemici che in faccia
ti sputano pallottole e catarro;
un uomo che sia un uomo rifiuta
quegli amici col cucchiaio pronto
sempre colmo di olio di ricino
che a forza in bocca te lo cacciano
prima che tu possa loro esporre
le tue ragioni, la tua supposta verità

VI.

Meglio volare alto e casomai cadere che volare basso e accusare del mondo il puzzo. Chi di poesia vive di poesia muore. Il Re si diverte sol quando pedoni e fanti, regine cavalieri e torri, da ambo gli schieramenti, dalla scacchiera cadono. Il confronto finale non può che essere fra Re.

OMBRE E FUMO

Sognare
d’essere stati
come Prometeo
incatenati,
e scrivere, scrivere
poesia invalida
più del fumo
d’una sigaretta
rimasta accesa,
dimenticata
sul bordo consumato
del posacenere

Restino ombre
le ombre che sui muri
il flebile lume dipinge,
non siano altro
che questo poco
finché ce la fanno
a resistere

ALL’INFERNO!

Cambia la musica!
Ti lasciano gli amici
E dritto finisci all’inferno
in cerca d’un santo
che abbia in faccia
il sorriso di dio
E finisci dritto in paradiso
in cerca d’una scimmia
che abbia sul muso
disegnato il ghigno di dio

Come tutto cambia!
Portando fretta all’amore;
e l’odio in un’ironia,
in un quadro di Picasso
…nel fischio d’un treno

UN POETA

Un poeta
Il poeta illude – e s’illude:
uguale è a un giocoliere,
più spesso a un prestigiatore
che con la Bibbia in mano
crede di poter far miracoli
e altre stramberie così.

Gli vengono presto gli anni
a reclamare il pesante dazio
per gl’istanti di gioia portati
in illusione a un po’ tutti,
quasi non avesse mai avuta
coscienza et esperienza
che dar per dare inutile è,
inutile vanteria. Così il capo
infine china, più piccolo
d’un clown, e in solitudine
attende egli che la falce
gli porti via dalle pupille
le lacrime gentili.

LA FAMA E LA FAME

E c’è che forse mi son rotto,
andare, andare e continuare
sempre l’ago nel pagliaio cercando
Cambiano delle strade i nomi,
non la fama e la fame
che in fondo ai tombini scivola

C’è che forse mi son rotto
di tenere un faccia a faccia
con il solito zuzzurellone impiccato
che dal mazzo le carte le sceglie
e all’orizzonte il destino mi profila

C’è che forse mi sono venuto a noia…
scrivere, scrivere e tutto dimenticare
nell’eco delle parole, nell’assurdità
che il giorno lo spogliano
per il solito girone infernale
fra Dante e un Buddha adorante

Cambiano le persone i nomi
che li hanno conosciuti un po’
in un labirinto borgesiano perdendosi
Cambiano come cambiano,
ma mai l’identità che li forma e li sforma
in un venire di sdentate finzioni

C’è che bella o brutta che sia
m’affascina di più la realtà,
la realtà con il cuore in gola,
quella realtà veloce e lenta
che la vita di botto te la schianta
quando meno te lo aspetti

TOPI E SOGNI

Solo ho scritto poesie d’amore
per bare su cieli neri aperte
Come Buffone di Corte
ho fatto la mia parte;
in mano rimangono
quattro carte sbagliate,
debiti da pagare
e una guerra in Terra Santa
per vivere un attimo ancora

E tu mi racconti di allori,
di tutti quei poeti che son stati;
così, per quanto forte la creanza,
presto mi scappa un vaffanculo
Nell’alma il fuoco della vendetta
già suggerisce “occhio per occhio,
dente per dente, nessuno è innocente”

Ancora qui costretto, legato
all’àncora d’una grammatica slegata
perché a tempo perso sia baccelliere
per puttanelle in odor di genialità
prima che d’una mal acquistata santità!

E allora mi dimetto, sputo tutto
il poco seme che in gola non va giù,
e parto, e vado via, per esser carnefice
al pari di chi alle Croci e a certe Tope di Corte
ha preferito anonima sepoltura
per una qualsiasi altra causa sbagliata

CREDERE

L’ho raccolto
L’ho bevuto
Era un bacio
venuto giù
dal cielo,
uguale
a un miracolo
da sempre
aspettato
– sospettato

Busso ancora
alla tua porta:
mi tolgo
il cappello,
sorrido
come si conviene
Attendo
inutilmente
una risposta,
uno spiraglio
di luce
che spazzi via
il buio
che mi riempie
gli occhi

Ti lascio
una rosa
sull’uscio:
e continuo
ad attendere
perché
così m’hanno
abituato
a credere
nell’amore

AGLI AMICI HO CHIESTO

Agli amici ho chiesto pane
Agli amici ho chiesto acqua
E alla fine sì, ho ricevuto tutto:
grassa prodigalità fu apparecchiata
E il mio sangue a scorrere a fiumi
finché ogni calice colmo,
fino all’orlo colmo della vita mia

IN GINOCCHIO

L’ultima volta passeggiavi su alti tacchi
e m’hai guardato in modo strano
E da quel momento in poi l’ho capito
che da me volevi una cosa e una sola:
mettermi in ginocchio ai tuoi piedi
per baciarteli meglio, senza fiatare

A TE LASCIO

A te lascio
in eredità un bacio
da qui che è posto lontano
dove riposo da tempo
da sempre a sempre
con gli occhi chiusi sul buio
ma rumor di passi aperti
sopra di me
dove gente cammina
tra foglie svolazzanti
e autunni senza fine

IN QUESTA NOTTE DI NEON

In Questa Notte di neon
di taxi gialli che van veloci
di cuori solitari senza pace
In questa notte
che non si vede la propria ombra
che non si sa se il passo conduce
alla tomba
In questa notte di sax
di sirene d’ambulanze in lontananza
In questa notte di jazz
di trombe di poesia ma dimenticate
In questa notte sospesa
fra Louis Armstrong e Chet Baker
vengo stringendo i denti
e poi piano sol ti lascio un bacio
su la candida fronte

LAPIDI

Sempre, sotto il sole,
vai a spasso
come una lucertola
che ombra non cerca
fra le giovani lapidi
appena piantate

Col cuore spezzato
spezzi quello altrui
e non te ne frega niente
di tutto il male che fai
Sei così, capricciosa,
più d’un angelo caduto
E forse non sai far
di meglio per te, per noi

Io comunque spero
che domani mi spunti
in bocca un fiore,
fra l’arcata superiore
e quella inferiore
di questa vita consumata
a masticar con la dentiera
le ossa dei morti e le mie

OPHELIA

Ophelia, ora che ti scrivo
s’accende il crepuscolo
su la linea che gli è propria
e quella che immaginiamo
fra scommesse di vita e realtà

Ombre lunghe e dure
s’allungano fino a inghiottire
l’alma mia persa in un profondo
sognare uguale all’amore
che ti porto giorno dopo giorno

CANDIDA

Il candore
d’una colomba
ferita
Il tuo volto
sul mio
stranito
pallido
Un bacio solamente
che però
brano a brano
l’anima
dal petto
m’ha scavato

CHISSÀ

Chissà dove sei
Che fai
Come passi le giornate
Se qualcuno ti è accanto
Se soltanto l’assenza
e la sua fragile carezza

Chissà quante cose non so
e quante vorrei
poter chiedere e richiedere
Ma non risponderesti
Così sol mi resta
di metter a tacere la mente
Così sol mi resta
di tarpare le ali alla fantasia

AMICI

Tra i silenzi dei passanti
e quelli dei pochi astanti
non passa quasi mai un abisso,
anche se l’occhio rimane fisso

là, in quel punto, dove par
sia apparso un volto amico;
sol sì è dal dominio all’oblio

ULTIMO DENTE

Chi vuoi
mi consoli!
Da mane
a sera
invano cerco
e ricerco
un amore
che abbia
occhi verdi
come i tuoi
Ma tu sei
più che unica
E se tu
non ci sei
io rimango
da solo
come
l’ultimo dente
nella bocca
d’un vecchio
buono solo
per la fossa

IN PIANTO

Piangi, e io prego,
prego la tua femminilità
perché non mi lasci
da solo quaggiù
Prego a mani giunte
cercando la tua bocca,
sfiorando quella lacrima
che piano piano scende
dagli occhi tuoi
e che non riesco a curare

Se piangi,
mi commuovo
come Gesù abbandonato
al vento e all’eco
del giardino di Getsemani
E si fa impotente la mia mano
cercando di stringerti,
di prenderti
nel mio piccolo universo

La mia preghiera per te
piange nelle tue lacrime,
con rabbia di vertigine

Amore bello,
non ti so curare
Ti so solo amare,
anche se è così difficile
da credere
adesso che sto per morire
per sempre, per sempre
nel riflesso dell’innocenza
degli occhi tuoi

IN ESTATE

Tu mi lasceresti in balia
d’un angelo che ali non ha
Che caduto ancora non è
Ma tu mi lasceresti, sì
Ed è tutto quel che io so
Così son costretto
a perdonarti e a cercarti
oltre il sole
anche questa volta
Anche in questa dannata
estate che di finire
non ne vuol che sapere

SEI TORNATA, SEI AMATA

Sei tornata
Sei amata
Sei qui
Mi sei mancata
infinitamente
Non ci speravo più
che tornassi,
come fulmine
a ciel sereno
Non ci contavo più
che mi amassi
ancora come un tempo
Dio, sei tornata

Tentazione di cuore
e di mente
il tuo profilo
sulla mia pallida ombra

Reggimi la mano
Non scappare più
Non andare oltre
là dove non batte
il sole
Resta con me
questa notte
Non dire una parola
Non dire un niente
che sia un di più
Lascia soltanto
che le anime
si fondano in una

Sei tornata
Sei amata

COME SERPENTE

Ti muovi
come serpente
tra le foglie
e l’erba alta
T’insinui
nella mente
e lì rimani
in attesa
di cambiar
la pelle

Ti muovi piano
Non ti si sente;
di te
giusto un fruscio
vicino
e lontano
tra lucertole al sole,
e grida di bambini
che feriscono l’aria
con una loro gioia
per un niente

E improvviso
un lampo,
e quello ch’era
ciel sereno
tosto cangia
in nero
più del nero
E grida
avvolgono allora
ogni angolo
e muraglia:
giovinezza
se ne fugge,
e dietro di sé
lascia soltanto
l’eco dispersa
– distorta –
per quel
che domani
sarà amor
da raccontare
a tutti
o a nessuno,
quasi uguale
a un segreto,
a una vergogna
troppo grande

Domani sì,
si cambia
la pelle

NON MORIRE

Non mi morire
fra le braccia
che a croce
tengo aperte
per un abbraccio
che sia di pace
e d’amore

Ti penserò
da qui
all’eternità
e di più
Accanto
a me ti terrò,
soltanto
per te vivrò

Vivrò sì,
solo
se lo vorrai

MADRE

Sì, ti ho mentito
Perché ripescassi
queste parole
tra le tante
Perché tornassi
ad amarmi almeno
per un istante infinito
uguale a quella lacrima
che con inutile forza
si sforza di rimanere
sul pallido confine
dell’occhio mio

Ti ho mentito
sacrificando spada
e lancia nel petto
e nel ventre,
per vedere gli occhi
piangenti di chi ama
e speranza non ha
né in cielo né in terra

Sì, così vero,
ti ho mentito

Ti ho mentito
che l’Eternità sarebbe stata
per sempre
Ma non ti ho lasciata
nell’abominio di Dio,
di quella sua sterile
lacrima perduta qui
tra le croci al cielo esposte,
affondate in un mare di sangue

Sì, così vero,
ti ho mentito

Ma in vita
non ho smesso
un solo istante
di darti tutto l’amore,
tutta l’umanità
che sapevo
nel caldo tuo abbraccio,
Madre, unica Donna mia

ROSA NERA

Ti lascerei un bacio
ma nutro tema
che me lo seppelliresti
in gola
fino a farmi nero
uguale alla morte
Allora
sol ti lascio una carezza,
la mia nera tenerezza,
il velluto d’un petalo
di rosa nera
nata tra piedi
di santi e peccatori,
calpestata da nessuno



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