Get Even More Visitors To Your Blog, Upgrade To A Business Listing >>

ANTOLOGIA VOL. 6

ANTOLOGIA VOL. 6

Iannozzi Giuseppe

Checkmate by Valeria Chatterly Rosenkreutz

Stanno oggi i saggi

Malamente appoggiati
a storte stampelle
stanno oggi i saggi
a terra presto rovinando
con ubriaca pesantezza;
più fragili di certe foglie
che un impietoso autunno
una a una strappa,
donando loro soltanto
la loquacità del fischio del vento
e delle civette lo scherno

Scrivono poesie

I più scrivono poesie
per farne cenere ed epitaffi;
io invece sol attendo
che il dì si spenga nel buio
per sentire la tua canzone

I più dimenticano i poeti,
le pallottole d’argento,
le sofferenze delle rose;
gioco con i soldatini
pregando il Buddha che ride,
affinché non cadano
nella trappola della ruggine

I più scrivono e scrivono
senza posa, mai stanchi;
come un bambino illegittimo
sol attendo che tu mi dia gioia
con un bacio in punta di piedi

Sol attendo di non cadere
anch’io nella trappola di Dio

Il mattino si sveglia con te

Ho rubato, ho rubato, ho rubato
e per questo finirò in gattabuia,
così non potrò più morire nella luce
dei tuoi occhi che svegliano il mattino

Ho rubato per amore
Ma quelli che mi hanno preso
non hanno voluto sentir ragioni
Hanno detto che è peccato
rubare nel Giardino del Signore
Per questo mi hanno condannato

Ogni mattina guardo dal buco della serratura
Chiedo ai miei aguzzini di gettarmi la chiave,
gli dico chiaro e tondo che non ho colpa
Mi risponde sempre la mia eco stonata,
e più il tempo passa e più mi convinco
che il giorno che uscirò di qui ucciderò

La lama di Luna che mi taglia la faccia
non ha pietà, perché dovrei averne io?
Ho rubato, è vero, ma non ho colpa
E’ stato per amore che ho rapito
dal Giardino del Signore il fiore più bello
La solitudine lo stava uccidendo
Lo stava uccidendo lentamente nell’eternità

Il giorno che uscirò di qui non sarò buono
come per tutta la vita bene o male sono stato
Ruberò ancora dal Giardino del Signore
A testa alta e col volto bene in vista
e con una lama di Luna lo minaccerò
che deve darmi indietro il mio amore

Questo farò, e bello sarà morire nella luce
dei tuoi occhi che svegliano il mattino

Da tempo dimentico

Da tempo dimentico le date importanti
con la luna che suda amore,
con il sole che affoga nello spazio
Non è stato sufficiente estrarre
la spada dalla roccia per giustificare
le tristezze, i mali da Est a Ovest

Rimango goffo nello sfiorare
d’una farfalla i colori in volo
sulle ali del vento,
forse per colpa d’una lacrima di whisky,
o del bastone che mi tiene compagnia

C’è laggiù un giardino senza nomi
Non ci va mai nessuno
perché nessuno sopporta il dolore
di chi non può riposare

Non è stato sufficiente imbiancare
la barba e perdere i capelli,
saggezza non è venuta dalle stelle
Ma tu, tu sei sempre più bella
Questa verità, questa verità,
sì semplice e complicata,
tu, per colpa mia, non la dimenticare

Randagio sotto la pioggia

Un randagio sotto la pioggia
cerca nel cielo di nuvole e notte
l’alta ispirazione per tirar giù
un goccio di piscio, e un guaito
che arrivi fin lassù

E ci sono, ci son sempre stati
i tuoi grandi occhi blu
a sciogliere questa cosa,
questo blues,
così penso che continuerò
a vendere stracci e poesie
alle donne per veder la gioia
gonfiarsi nei loro vergini seni

Vieni, vieni, prego ogni sera

E vieni, vieni, prego ogni sera,
prima che si consumi delle candele la cera
Come zingaro aspetto preso sotto
il peso della luna per vedere
una volta ancora le tue gambe di miele
E vieni, vieni, ripeto lento lento,
fumando del pacchetto l’ultima sigaretta

Ho visto crollare il muro di Berlino
e le Torri gemelle; non mi aspetto granché
dal futuro; da centinaia d’anni
l’Ebreo Errante nasconde un piano
nella sua tasca destra e a tutti va ripetendo
che non ci sarà un posto sicuro per nessuno
quando Gerusalemme e la Mecca cadranno

E vieni, vieni, ho del buon vino,
bicchieri di cristallo e un violino
Manca solo la tua bionda bellezza,
il tuo sguardo blu e fatale
per dar sicura sepoltura
alla bruttezza della mia faccia

E vieni, vieni, ripeto lento lento,
fumando del pacchetto l’ultima sigaretta

Quante adorabili creature
(versione alternativa, inedita)

Quante, Quante adorabili creature!
Qui un pistone, poco più in là
una chiave inglese che fa humour,
e io sul sofà a far quattro chiacchiere
con un dandy e Jack Lo Squartatore
che mi chiede un fazzoletto
per asciugarsi le mani di sangue.
Quante voci e quante risate!
E c’è pure Pinocchio che s’allunga
in una bugia mentre cerca di sedurre
Biancaneve che, col bianco nasino,
tira da una pista ancora vergine
un po’ di cuore e un battito irregolare.

Quante, quante adorabili creature!
Qui il ditale, l’ago e il filo,
e un Cammello: non ce la fa proprio
a passare per la cruna.
E lo Spaventapasseri ha perso
l’ago nel pagliaio e adesso piange,
mentre il Fantasma dell’Opera
passa fra gli invitati esagitati
azzardando la parte del cascamorto:
a tutti regala un’aria un po’ strana
e una coppa di champagne almeno.

Quante, quante adorabili creature!
Charles Manson ha il pancione
e i seni gonfi, e si commuove
come La Bella Addormentata:
è la prima volta che aspetta un figlio,
ma Jack, molto severo, gli ha detto
che sarà un taglio cesareo, netto.
E Cesare si sfoga in un’aria annoiata.
Per Giove! Ha su una brutta cera davvero:
ha appena acquistato un set di coltelli in TV
e si chiede se Cleopatra o Bruto
si ricorderanno del suo compleanno.

Quante, quante adorabili creature!
Marx e Engels si vendono a uno sponsor qualunque,
e il repubblichino di turno fa subito a fare la spia;
il fasciocomunista si dice uomo di mondo,
l’anarchico invece si lamenta a gran voce
che a lui gli è mancato tutto, proprio tutto,
l’amore di mamma e papà
e pure l’idea d’un Aldilà.
Io resto sul sofà con l’osso sacro
sprofondato nel soffice, e guardo
e sento e ascolto e parlo, poi sbadiglio.
Ma quante adorabili creature!
Quante voci e quante risate!

Nel peccato

Tutti hanno preso tutto
e tutti hanno avuto
il peso e la bilancia,
così adesso tutto
nel peccato è compiuto

Poeta minore

Mi hai buttato giù
la macchina per scrivere,
e più di là che di qua
mi hai gridato
“la macchia da scrivere
chiappatela tu”

Da quando mi hai
scacciato via
vivo sulla tua via
da tutti schiacciato
come un pidocchio
E scrivo poesie

Non l’assenza

Non l’assenza
avrei desiderato,
non questo Vuoto
a volto scoperto
da un corpo occupato.

Non questa prigione
in Terra di Nessuno.

Mai vano ricordare
chi eri, chi ancor sei;
eppur dolore è
che di nuovo si versa
in triste calice
a te brindando,
concedendomi l’illusione
che sian le mie lacrime
alle tue unite.

Roberta, Roberta mia

Roberta, Roberta mia,
tu non lo immagini no,
no che non lo immagini
quanto t’ho amata

E per questo presto
troppo presto sei volata,
lasciandomi
qui, al buio da solo,
con un pugno di mosche
e le carte da gioco sul tavolo
e il calamaio vuoto d’inchiostro,
di tutte quelle parole d’amore
che non ho saputo osare

Che farai adesso,
non lo so immaginare:
bacerai un filo d’erba
e l’ombra del vento
Dormirai fra petali di rose,
coccinelle e sogni di fate
Che farai adesso
che sei volata via?

Roberta, Roberta,
tu non lo immagini
quanto piange il calamaio
ormai privo d’ogni angoscia
e d’ogni possibile gioia
Non la immagini l’aridità
che l’ha preso

Eppur t’amo, t’amo ancora
– semplice verità
che tu non sai, Roberta mia

Tu mi lasci

E così pure tu
t’addormenti
Mi lasci
come sempre
Come tutte le donne
che nella vita mia
son passate distratte
per lasciarmi un bacio,
la curva dolce dei fianchi
per poi portarsi lontano
di spalle

Leggo il giornale
– annuso il mattino
Sorseggio il caffè,
e capisco che così no,
non va affatto bene

Necrologio

Scusa, adesso spiegami
No, meglio di no
Devo ancora svegliarmi,
accendere la lampadina
in cucina, metter su il tè,
spararmi una sega,
leggere la nera e i necrologi,
guardare fuori dalla finestra
il mattino che non vuol venire,
telefonare al dottore
per raccontargli il chiodo fisso,
fare una doccia e uno shampoo
e altre sciocchezze così
Facciamo così: mi spiegherai
un’altra volta perché sei andata via
con quel sorriso enigmatico,
come se avessi il mondo
ai tuoi piedi
Scusa, non adesso
Ho da scrivere un epitaffio
prima che sia l’alba
anche se non so davvero
che cosa ci metterò dentro
Ho le tasche vuote,
saccheggiate come certe tombe
E per giunta ho un debito
col becchino: a carte sono pessimo
come sai, perdo ogni mano


Archiviato in:amicizia, amore, arte e cultura, attualità, cultura, eros, Iannozzi Giuseppe, passione, poesia, società e costume, Valeria Chatterly Rosenkreutz Tagged: antologia vol 6, Iannozzi Giuseppe, poesie di Iannozzi Giuseppe, Valeria Chatterly Rosenkreutz


This post first appeared on Iannozzi Giuseppe – Scrittore E Giornalista | Ia, please read the originial post: here

Share the post

ANTOLOGIA VOL. 6

×

Subscribe to Iannozzi Giuseppe – Scrittore E Giornalista | Ia

Get updates delivered right to your inbox!

Thank you for your subscription

×