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Da Oriente a Occidente si vergognava lei di me

Da Oriente a Occidente
si vergognava lei di me

Iannozzi Giuseppe

Nessun incanto

Non mi incanta la bellezza, non mi incantano le parole e nemmeno le ombre che all’alba e al tramonto certe Donne proiettano sulle sponde dell’anima mia. Non mi incantano le sgrammaticature dell’amore.

Come uomo un uomo

In lungo e in largo,
in alto e in basso
l’ho cercata
la donna ideale
presto affogando
in un oceano di fiele

Così cattiva, così dolce
m’insegnava la poesia
delle sue gambe di seta;
i versi dimenticavo,
la dolcezza d’un addio,
d’un lungo bacio
sulla nuda Luna
in profondità sepolto
Diceva d’aver avuto
uomini su uomini,
perché non uno
le era mai stato accanto
libero, libero dal pregiudizio
d’immaginarsi un Dio
ora bello ora cupo

Così cattiva, così fragile
non ha mai pianto
per chi mutato in cenere;
di sale però il perlaceo sudore
lungo la schiena sua dritta,
e la lingua mia di serpente muta

L’ho cercata, l’ho cercata…
sempre cambiando
del canovaccio le battute
perché fosse diverso il destino,
quel destino che ci era addosso

Tutto con lei ho sbagliato
Al suo ideale estraneo,
il fiele di chi prima di me
nella gola affogo perché sia il male
dal male un giorno depilato

Dulcinea del Toboso

Eran d’oro e miele
questi campi ora grigi
dove a vuoto
mulinava la lancia mia,
l’illusa mia gioia
Dulcinea del Toboso

Nell’ora estrema
che vecchiaia
alle spalle m’ha preso,
lo sbaglio comprendo;
da sgambetto fantasma
rimango sorpreso
in ginocchio finendo
subito toccando l’aridità
che seco reca la verità
Finito per sempre,
per sempre l’errare mio
e con esso gli errori
che ieri allo specchio
mi fecero un po’ bello

Colpo finale

Han scavato le cieche lacrime
la dura roccia millenaria;
resiste però la Rosa nel Deserto,
miraggio per poeti dimenticati,
per quanti patria
e affetti han sacrificato nel Niente
da Oriente a Occidente vasto,
impossibile da sognare o segnare

E ronza un moscone all’Ultimo Bar:
mano a un vuoto bicchiere, in gola
un’arida goccia di gin butta giù
prima che sia l’ira del dolce jinn
ad arrestargli il pomo d’Adamo
mentre in sconosciute vie di periferia
la Ruota della Fortuna tentano gli orfani
nel fumo di Mosca subito seppellendosi

E sulla scrivania attende la Remington
che infine giunga un perfetto nessuno
a sbloccare il carrello, il colpo finale

Parassita

Le mie scuse
qui ora porgo
Fiori ho raccolto
presso un albero
in un bosco buio
D’attorno le fronde
di quanti ancor vivi
i frutti perdevano;
e io sol ero poeta,
inutile parassita

Il Nord (*)

E andar via,
dimenticare
la Polare
e le altre
che la notte
incendiano
Non sai,
o non hai:
il sorriso sì,
lacrime no;
e quelle,
quelle amavo
con l’indice
una a una
indicandole
sul volto tuo
in ombra
Stelle erano
e più non sono:
così buffo,
così stupido,
non vedi forse
che è così…!

Ieri i baci

Tra i tanti
rimango io
il pensier tuo,
l’ultimo in lista:
il resto però
– per Dio! –
è poesia,
e però,
amor mio,
pure quella
mi manca
di brutto
insieme
ai bei baci
di ieri, di ieri…

Cinque stratagemmi

I.

Guardando nel buco della vita
ogni vita la vuotezza risale
perché pazza sia la nova alba
e non una pezza di cielo.

II.

Non cercare e cercare
negl’amici il nemico,
guarda invece altrove
perché sia la coda del vento
il tempo che ti dirà domani
Figlio di Dio.

III.

Le Porte del Destino
con uno sbadiglio chiudiamo:
la testa si tagli via al serpente
che all’orecchio sibilando mente.

IV.

Gl’anni perduti,
quelli dal tempo mangiati,
dalla stupidità rovinati,
oggi se contati son tanti;
eppur oggi come allora
continuo a essere selvaggio,
forse solo un po’ più saggio
le verità altrui rifiutando
cavando dal pacchetto sigarette,
il culo alle ragazze pizzicando
perché mi si dica “pazzo”.

Non m’han cambiato,
non di molto questi anni
mietendo danni.

V.

Coi piedi sporchi e scalzi
la nudità dell’alba attendo
perché fra le mani mi consegni
il Sacro Libro dell’Umiltà
che centinaia di anni or sono
con nel sangue la passione
il mio Maestro vergò.

I denti di Andersen

Per te più nessuna speranza
L’ha avuta vinta il destino
Nulla può risollevar
l’alma tua dimenticata
Presto un giorno arriverà
preso dal vespro e dall’oblio
e la mano monca d’un inquisitore
scriverà la tua biografia
imbrattando per benino le pareti
d’un volgare vespasiano,
e la verità sul tavolo una sola:
l’apparecchio per i denti –
tutti dannati storti e dolenti

Oh, povera anima di Andersen
Che pena perdonarsi
in giochi di fantasia,
in desideri di pederastia
mai consumati sino in fondo

La dolente Patria è di denti
che il cervello martellano
Nessun collante ci può:
quando cadono
cadono, e come arti amputati
nel profondo continuano
a produrre un male boia

Sì misero il bigolo di Andersen!
Che pena masturbarsi
sotto lo sforzo d’una tremula candela
per sterile filosofia sull’incudine
quando il ferro già freddo
più dell’eterna morte improvvisa

Ho sognato

Ho sognato ed ho sognato forte
cercando un dove
che non mi stesse stretto;
poi la strada in salita
e quella in discesa
sotto il peso dei piedi
andate per loro conto;
conto adesso
quante le nuvole ancora in cielo;
ammetto però che le ossa
le morde il freddo
e il dimenticato cuore
una croce di povero legno.

Carnefici

Non molto rimane
fra carnefici e burattini;
un corpo qua uno là,
e macerie di città,
finestre e vetri rotti
uguali a loculi violati

Non molto rimane
in mano al ragazzino
che sol ieri sognava
una donna,
un campo da arare
e sudore sotto il sole,
la fatica a fine giornata;
si vive l’oggi
temendo il domai
sotto il lacerante mitragliare
di stranieri in pompa magna
venuti ad assassinare la pace
che non c’è
e che forse mai ci sarà

Senza perdono

E che me ne frega, che me ne frega
La tua mano aperta, il tuo segno della croce
La mia risposta a denti stretti, pugno chiuso
Non dimentico né perdono, così sono

Ce l’hai su con me, io non ho seme da perdere
Gli zingari hanno occhi di fuoco, gli angeli non so
Gli uccelli però sono negri stormi attraverso il cielo
E che me ne frega, che me ne frega

Come sempre le strade si fanno pestare nel fango
E gli uomini si tirano su le braghe o se le calano
E la tua mano cerca la mia, il tuo segno segna la via
E che me ne frega, che me ne frega

E i tuoi occhi, belli non dico di no
E le tue mani, delicate non dico di no
E le tue gambe, lunghe non dico di no
Però quel tuo modo di condannare,
di prendermi la mano, a farsi in culo

Non cercare la mia mano pallida per giustificare la croce
Sono abbastanza cinico, pronto sempre a lasciarti sotto,
all’inferno della croce, nella solitudine di dio, di tuo figlio

Gioco d’azzardo

Guarda adesso
Guardami senza poesia
Fra un oceano nero e un altro
si fa canto beduino il dolore
Guarda quanto profondo è
il nero che c’è, senza un perché

Molti hanno giocato la loro mano
scoprendo della Dea bendata le piaghe;
gli resta ora un bicchiere vuoto
e fumo sulla faccia bianca e pesta

Sì misero quell’uomo
la cui misura del pene
non si porta oltre
la punta del naso!
Questo quel che so

Questo quel che so
Per questo,
per questo sol ti chiedo
di non guardarmi adesso
dall’alto in basso;
ho commesso sbagli,
ma ancor non conosco
dell’Averno la malia

Tra miele e fiele

Ieri un ragazzo
E mi lasciasti becco
Un uomo oggi
Non cercarmi
Tra miele e fiele
colleziono farfalle
per l’Inquisizione

Soldati e colombe

Caduta è
la bianca colomba
che al mattino
in cielo spiavo
schermando gl’occhi

Da quel balcone
più non s’affaccia
l’amato nudo piedino;
continuo io però
a lavorare coi soldati
perché uno a uno
in battaglia cadano

Ero una capretta tibetana

– In un’altra vita ero una capretta tibetana e bevevo birra dai capezzoli della Grande Madre.

– Mangiando perlopiù erba e carta, un po’ qui e un po’ là, ho avuto modo d’incontrare il Buddha che ride e quello che invece piange: da entrambi ho imparato a belare in maniera conveniente.

– In un giorno di sole uguale a tanti altri, sulla mia strada ho incontrato mille uomini morti, abbandonati senza sepoltura. Ho belato forte per delle ore, ma di più davvero non potevo fare per loro, per cui, alla fine, ho proseguito oltre alla ricerca di un pratino verde che non contenesse sangue umano nelle sue vene.

– Pioveva e faceva freddo, così ho cacciata la testa al riparo, in una biblioteca apparentemente dimenticata. Dopo pochi passi al suo interno, ho incontrato un vecchietto incartapecorito che mi ha accarezzato il vello nero e bianco. Notando che avevo una gran fame, mi ha offerto un libro dalle pagine ingiallite. Ho resistito alla tentazione nonostante non mangiassi da tempo. Il vecchio bibliotecario, accortosi della mia rispettosa ritrosia, mi ha dunque detto: “Mangia, bella capretta. Mangia pure. Una vita non vale quanto un libro, per quanto esso possa esser bello e interessante. Senza vita non c’è ragione alcuna per cui i libri debbano sopravvivere.”

– Un lupo cattivo mi si para davanti con il chiaro intento di far di me il suo pranzo. Non oppongo resistenza. Ma prima che il lupo possa affondare i suoi denti nelle mie tenere carni, Buddha gli compare davanti con una ciotola di riso. Il lupaccio nero annusato il riso offertogli subito se ne va, avvilito, con la coda fra le gambe.

– La più dolce musica l’ho ascoltata fra le colline calve e le basse pianure: l’alito di Buddha, talvolta leggero, talaltra pesante.

– Formiche rosse e nere si muovono guerra ai miei piedi. Attraverso le loro fila facendo attenzione a non mietere vittime tra i contendenti, mentre ascolto le campane del Tempio che annunciano la sera.

– Una volta ho incontrato un poeta che sedeva sulla riva del fiume. Scriveva sonetti su sonetti. Non aveva mai tempo per guardarsi intorno. L’Anguilla di Dio, stanca dell’immobilità del poeta, un bel giorno se l’è mangiato in un sol boccone sputando il bloc-notes e i suoi indigesti sonetti, pieni di finzioni.

– Sul ciglio della Fine del Mondo, Buddha mi ha detto la verità: “Torna sui tuoi passi, qui ci sono soltanto uomini e rifiuti.”
Ho seguito il consiglio e sulla via del ritorno ho brucato l’erba più tenera della mia vita.

(*) Imperfetta e troppo ermetica. – N.d.A.


Tutte le “poesie bonus” per DONNE E PAROLE (Sulle orme di Leonard Cohen) di Iannozzi Giuseppe, Il Foglio letterario (direttore editoriale Gordiano Lupi) qui:

https://iannozzigiuseppe.wordpress.com/category/donne-e-parole-sulle-orme-di-leonard-cohen/

Qui la scheda editoriale per acquistare il libro dall’editore:

http://www.ilfoglioletterario.it/Catalogo_Poesia_Donne_e_parole.htm

Su Facebook la pagina ufficiale del libro Donne e parole:

https://www.facebook.com/donneparole

Perché leggere DONNE E PAROLE. Sulle orme di Leonard Cohen

Al di là del fatto che questo volume, DONNE E PAROLE. Sulle orme di Leonard Cohen, accoglie poesie mie, penso sia davvero un gran bel regalo da fare e da farsi, soprattutto oggi che la nostra società è sempre più avvezza al cinismo e alla cattiveria.
C’è tutto in DONNE E PAROLE: amore platonico, amore pensato, amore fatto con il corpo ma sempre con l’anima in gola, amore cavalleresco, amore sofferto, amore idealizzato, amore disperato, amore perduto, amore pianto e sofferto, amore come religione, piccole delusioni affettive, sogni d’amore, etc. etc.

Le poesie, scelte fra le migliaia che ho scritto nel corso degli anni (15 o giù di lì), sono state tutte riviste e corrette nel corso di un anno. La cifra poetica non la so, non spetta a me dire: posso però dire qual è stato il mio intento… quello di portare, a lettrici e lettori, della poesia di sostanza, di emozioni non riciclate.

DONNE E PAROLE è dedicato alle donne, a Tutte le donne che, nel corso degli anni, mi hanno seguito leggendomi ed emozionandosi. Ed è dedicato al Sommo Maestro, Leonard Cohen, cui tutto devo. 

Inutile negare che da sempre sono stato influenzato dalla poetica di Leonard Cohen, Francesco Guccini, Pasquale Panella, Franco Battiato, Roberto Vecchioni, Claudio Lolli, Cesare Pavese, Dino Campana, Gabriele D’Annunzio, Guido Gozzano, Federico Garcia Lorca, Hermann Hesse, William Blake, George Gordon Byron, John Keats, Edgar Allan Poe, William B. Yeats, Walt Whtiman, Jacques Prévert, Pablo Neruda, etc. etc. Chiunque avrà modo di leggere DONNE E PAROLE, credo non potrà non rendersene conto.
Al di là delle influenze poetiche masticate e digerite, in DONNE E PAROLE è evidente uno stile particolare, uno stile pienamente mio e originale che fa di me un autore lontano da un po’ tutti gli stilemi attualmente in voga.

Giuseppe Iannozzi

Iannozzi Giuseppe

Quarta di copertina – DONNE E PAROLE. Sulle orme di Leonard Cohen nasce dall’esigenza dell’autore, Giuseppe Iannozzi, di portare, per la prima volta, a quanti amano la poesia, una antologia della sua migliore produzione poetica.
L’autore ha quasi sempre rifiutato il titolo di “poeta”, nonostante sia stato detto tale in più di una occasione. DONNE E PAROLE. Sulle orme di Leonard Cohen si prefigge lo scopo di accontentare lettori e lettrici che, nel corso degli anni, gli hanno chiesto di pubblicare un libro di poesie.
In questa antologia, che raccoglie testi scritti nel corso di quindici anni, senza mai dirsi poeta a tutto tondo, l’autore parla della grandezza, della bellezza e della stupidità che sono nell’amore.
Perché mai parlare e scrivere d’amore?
Forse perché, oggi più di ieri, l’amore non esiste se non nel cuore di pochi ingenui ribelli, che non si sono rassegnati all’idea che i sentimenti siano stati sostituiti, in via definitiva, da stravaganti surrogati ad ore, o da velenose inflazioni che dir si voglia.

Giuseppe Iannozzi (detto Beppe), classe 1972, è giornalista, critico letterario, editor e scrittore.

Nel 2012 ha pubblicato Angeli caduti (Cicorivolta Edizioni), nel 2013 L’ultimo segreto di Nietzsche (Cicorivolta edizioni) e La lebbra (Il Foglio letterario), mentre nel 2014 La cattiva strada (Cicorivolta edizioni). Nel 2015 ha pubblicato Fiore di passione, una raccolta poetica autoprodotta e disponibile su Lulu.com (http://goo.gl/7fiaLo). Nel 2016 ha tradotto e curato Bukowski, racconta! (Il Foglio letterario). Ha inoltre curato l’editing di parecchi libri di narrativa e di saggistica per svariate case editrici. Attualmente si occupa dell’Ufficio Stampa de Il Foglio letterario (facebook.com/ilfoglioletterario/) e scrive per diverse testate online e la free press.

DONNE E PAROLE. SULLE ORME DI LEONARD COHENIannozzi GiuseppeIl Foglio letterario – Collana: Autori Poesia Contemporanea – Edizione a tiratura limitata: novembre 2016 – Pagine: 604 – ISBN 9788876066450 – prezzo: 18 Euro

http://www.ilfoglioletterario.it


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