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Il ritorno del Messia – racconto lungo – fantascienza nera – capitoli da 4 a 7

IL RITORNO DEL MESSIA

Iannozzi Giuseppe

Cyborg Valeria è Opera di Valeria Chatterly Rosenkreutz

Cap. 4

“La Profezia di Malachia si è avverata! Malachia, monaco cistercense nonché vescovo e primate d’Irlanda, vissuto in un tempo remoto, in un libro ad esso attribuito, De summis pontificibus, ha vaticinato, almeno così sembra, che nel 2026 sarebbe sopraggiunta la fine di Roma e quindi del Vaticano. Come ben sappiamo la storia gli ha dato ragione. Ora, Malachia forse ha avuto fortuna, o sfortuna – dipende dai punti di vista! -, fatto sta che il Vaticano è caduto con il centododicesimo Papa: In persecutione extrema Sanctae Romanae Ecclesiae sedebit Petrus Romanus qui pascet oves in multis tribulationibus, quibus transactis septicolis diruentur et judex tremendus judicabit populum suum. Amen. La storia gli ha dato ragione: il mondo è finito con il centododicesimo Papa, o almeno una parte di esso. Come sappiamo gli esperimenti nucleari hanno avuto come ultimo terreno di prova il Sole; nel 2026 il vecchio Sole, che per millenni aveva riscaldato la Terra, ha cessato di esistere: un missile atomico lanciato dalla Vecchia Razza ha penetrato il suo cuore… Ora, io non sono un fisico nucleare, quindi non so spiegarvi cosa accadde di preciso nel nucleo solare, fatto sta che il Sole ha rischiato di esplodere. Intanto sulla Terra, il Papa era stato deposto e il mondo fu gettato nella confusione più totale: per le strade imperversava la sola legge del più forte: non c’era uomo che non si fosse incarognito fin nel profondo dell’intimità. Stupri, battaglie sanguinarie, orrendi delitti si consumarono sotto il sole morente dell’anno 2026 d.C. La civiltà regredì a uno stato di assoluta barbarie. Poi è successo qualcosa di… di miracoloso o diabolico, non saprei spiegarlo con tutta sicurezza e temo che nessun mortale possa: … Sono duri i vostri discorsi contro di me, disse il Signore agli eserciti. Che abbiamo detto contro di Te? Voi dite: E’ vano servire Dio: che profitto c’è nell’osservare i suoi precetti, marciare in lutto davanti al Signore degli Eserciti? Dobbiamo piuttosto proclamare beati gli arroganti: prosperano coloro che fanno il male, tentano Dio, eppure la scampano! … Sì, ecco il giorno arriva, incandescente come un inferno!  Le Sacre Scritture, per quel poco che so, per quel poco che oso ricordare, recitavano cose di questo genere. Il 31 dicembre 2026 d.C. doveva essere l’ultimo giorno del Sole, l’ultimo giorno dell’Umanità, ma un Profeta Nero come la notte scese dal Cielo, levò le sue mani contro il Sole morente e gli diede nuova vita. Poi, il Profeta Nero, così com’era venuto scomparve e di lui non si seppe più nulla. Il 1mo gennaio 20127 d.C., il primo giorno della Nuova Era, la Terra era un deserto e i morti fu impossibile contarli. Furono raccolti in molte fosse comuni e tumulati. Dalla carne in putrefazione dei morti la Terra estrasse nuova linfa vitale e la civiltà, dopo anni e anni di ricostruzione, tornò a dominare sulla barbarie. Il Sole che oggi però splende in cielo non è sano. E’ un Sole rosso come il sangue, di un rosso così acceso che lo si direbbe nero. Lo potete vedere con i vostri stessi occhi: la sua luce, pur essendo luce, non è tale; è più simile a un fuoco nero, a uno spettro che si espande nell’aria e che noi chiamiamo luce per colpa dell’abitudine … o per pura paura. Per pura paura…”.

Il vecchio, finito che ebbe di spiegare la storia che conosceva alla nipotina seduta sulle sue gambe artritiche, trasse un profondo sospiro tutto soddisfatto di sé, mentre gli altri giovani della città, che gli stavano attorno e che avevano ascoltato la sua storia, rimasero a bocca aperta. Non tutti erano degli ignoranti che mai avevano preso un libro fra le mani, infatti molti di loro capirono, o almeno intuirono, la velata minaccia che la storia conteneva. Non potevano che covare, segretamente, nell’animo una profonda paura: rivelare il proprio timore al proprio fratello accanto non era possibile perché un simile atto sarebbe stato interpretato come un chiaro segno di mancanza di virilità. I giovani, i bennati osarono allargare sui volti un timido sorriso di sfida, un sorriso che gli morì subito dentro, dopo che il vecchio ebbe gettato loro un’occhiata di rimprovero. Gli altri, i poveri della periferia, dopo aver ascoltato le parole del vecchio, caddero in ginocchio: qualcuno piangeva.
Il vecchio fece scendere la nipotina dalle sue gambe; questa zampettò intorno al nonno squadrandolo con i suoi occhi celesti e increduli: la boccuccia serrata in una muta smorfia di disgusto significava più di quanto la sua innocenza potesse esprimere a parole. Il nonno tentò invano di raccogliere la nipote a sé, ma questa scivolò via timorosa che le mani callose del nonno toccassero ancora il suo corpicino. Il nonno, quello che con innocenza aveva amato, non esisteva più davanti ai suoi occhi: adesso vedeva solo un vecchio bilioso, un Uomo Nero, come quello delle favole antiche, che andava evitato punto e basta. A nulla valsero le grida del vecchio per richiamarla a sé, perché la bambina fuggì via inorridita come lepre braccata dal lupo cattivo. Il nonno è un uomo cattivo, ripeteva nella sua mente la bimba mentre il suo cuoricino batteva all’impazzata nella prigione del piccolo petto ancora innocente. Correva con tutte le sue forze attraverso la confusione della città: uomini e donne la urtavano ma nessuno si prese il disturbo di confortare la sua anima pura.
Non si era resa conto d’essersi allontanata dalla città che conosceva: adesso se ne stava accucciata tutta triste in un angolo di quella zona che la gente usava chiamare la Città dei Sogni. La solitudine non la disturbava, ma l’eco della voce del nonno ancora spaventava il suo cuoricino. Un vento freddo si levò e la sua carezza ghermì la bambina che rabbrividì. Una lacrima scese sulla candida guancia, una sola, solitaria come lei.
Un’ombra si sovrappose alla sua: la bambina alzò il capo e vide un uomo strano, un cieco che la stava guatando attraverso la sua cecità, con spirito che subito l’anima innocente interpretò esser maligno.
“Questi è il Maestro.”, disse un discepolo.
“Il Maestro!”, ripeté la bambina con un timido pigolio. “Non lo conosco.”
“Imparerai a conoscermi.”, la redarguì il Maestro distogliendo i suoi occhi orbi dalla figurina.
“Sei tu il Profeta Nero?”
La domanda non ebbe risposta, solo un eloquente silenzio.
“Perché?”
“Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo! Voi mi cercavate e mi avete trovato. I miei discepoli hanno voluto che io tornassi a voi. E’ meglio che un uomo solo muoia per il popolo?”
La bambina rimase in silenzio stordita dalla sorpresa di quella domanda.
Fu un discepolo nell’ombra a rispondere in nome e per conto della bambina: “Non tutto è compiuto!”

Cap. 5

Lui lo conosceva, o almeno credeva di conoscerlo: il carceriere era il suo specchio, l’eterna sfinge in cui specchiarsi e tentare di riconoscersi. Lui era dentro e fuori, era carceriere e carcerato.

Il carceriere fece scivolare la scodella con la sbobba attraverso il pertugio simile a una bocca che si apra sull’inferno; da dietro la massiccia porta vennero un rantolo e una bestemmia, un colpo di tosse, e in ultimo una maledizione accompagnata da un conato di vomito.
“Sempre peggio!”
Nessuna risposta.
Il carceriere ristette sulla porta alcuni secondi, poi decise che forse era meglio lasciar perdere quella inutile larva umana. Si era ormai deciso a tornare dai suoi compagni al piano di sopra a giocare a carte quando il recluso urlò il suo nome. La voce echeggiò fra le rozze pareti, come incubo in pieno giorno, e subito venne assorbita nel cuore pietroso della prigione di Montecristo. La guardia carceraria si arrestò a metà di quella scala che l’avrebbe condotto dai suoi simili per eruttare bestemmie e scommesse con il cervello obnubilato da alcol e droga sintetica a basso costo. Gli costò non poco rinunciare al piacere di tornare dai suoi simili, ma la curiosità lo spinse a fare marcia indietro: da quando era lì, il prigioniero non aveva mai fatto storie, anzi si era sempre dimostrato fin troppo paziente per uno nella sua condizione. Mai una volta l’aveva chiamato, quindi doveva proprio essere importante, o almeno il recluso così credeva.
“Montecristo… Montecristo… Montecristo…”, gracchiava la cosa umana da dentro la sua prigione. “Montecristo! Per il Diavolo, vieni qui!”
“Che cazzo vuoi?”
“Voglio te.”
“Perché?”
“Parlare.”
“Parlare? Puoi parlare benissimo con te stesso! E’ la stessa cosa!”
Un urlo spaventoso, viscerale uscì dalla bocca del prigioniero: la roccia della prigione tremò dalle fondamenta.
“Assatanato, cosa?”
La voce del carcerato era un sibilo non dissimile da quello d’un serpente morente ma con ancora abbastanza veleno nella bocca sdentata.
“Tu mi devi ascoltare…”.
“E perché mai?”
“Perché… Perché lui è tornato.”
L’aguzzino da dietro la porta scoppio a ridere.
“Se questo è un modo per avere dell’altra broda, non funziona amico.”, tagliò corto. “La pietà non è di casa.”
“E chi la desidera la pietà. Io ti sto parlando di LUI!!!”
“Lui chi?”
“Il Profeta Nero, il Messia di Malachia, il Cristo Cornuto… chiamalo come ti pare. Ma Lui è tornato.”
“E allora? Vuoi forse che vada a stendergli un tappeto rosso per accoglierlo così come si addice al Re dei Giudei? Non è compito mio, bestia.”
“Tu, umano, non capisci.”
“Cosa dovrei capire?! Tu sei tocco e basta.”
“Io sarò pure tocco.”, sibilò quello da dietro la porta. “Ma tu sei uno sciocco se non mi dai retta!”
“Parla! E vedi di fare in fretta.”
Il condannato tirò un sospiro, quasi sollevato. Si lasciò cadere a terra, aprì la fessura attraverso la quale gli era stata passata la scodella, appoggiò le labbra smunte ad essa e il suo sibilo cominciò a diffondersi nei recessi della prigione di Montecristo. Una litania.
“E’ tornato per scrivere la parola FINE.”
”E’ già stata scritta tanto tempo fa sul Golgota.”
”No, non è andata così.”
”E come sarebbe andata allora?”
”Ascolta… Qualcuno fu crocefisso come Re dei Giudei, però Lui non era realmente Lui. Lui aveva un fratello.”
“Un fratello? Questa è bella…”.
“Ascolta… Un gemello: sulla Croce morì suo fratello.”
Il guardiano cominciava a comprendere un po’ il filo logico di quello che sembrava essere un puro sproloquio.
“Uhm!”
“Già, un fratello! Cristo non è mai stato Uno. All’inizio Egli era Due Gemelli. Questo è il dono dell’ubiquità. Comunque sulla Croce andò a morire uno solo dei gemelli; l’altro rimase in vita e continuò quanto suo fratello aveva predicato in vita e così quanti lo videro lo dissero Cristo risorto. I suoi discepoli però sapevano che non era risorto dalla tomba. Tutto era programmato, persino nella tragedia.”
“Interessante. E’ una favola che già conoscevo…”.
“Non è finita… Cristo, il gemello scampato alla morte, continuò a predicare ma poi qualcosa cambiò.”
“Cosa?”
“Cambiò Lui.”
Silenzio.
“Come? In che modo?”
“La morte del fratello significò anche la fine dei miracoli.”
“Niente di strano…”. Tuttavia non ne era troppo convinto.
“Perse la Fede.”
Il carceriere non riuscì proprio a trattenersi: dalla bocca eruttò una genuina risata, beffarda.
“Ignorante! Non c’è niente di cui ridere.”
La risata si smorzò lasciando il silenzio dietro di sé.
“Bene! Ti sei calmato?! Perse la Fede e diventò un uomo a tutti gli effetti, con tutti i pregi e i difetti che simile condizione impone. Lasciò che i discepoli continuassero la loro opera di evangelizzazione e lui si ritirò a vita privata, per così dire. Tutto sarebbe filato liscio anche così. Per l’Umanità, Cristo era morto e risorto e la Chiesa stava nascendo. Tuttavia Cristo non incontrò quella felicità sperata ritirandosi a vita privata; ormai sposo di Maddalena, Lui era convinto che la Chiesa avrebbe portato gloria al fratello morto sulla croce. Infatti così fu. Ma la felicità dura sempre troppo poco e il Peccato tornò nel mondo…”.
Silenzio.
“Quindi?”
Nessuna risposta.
“Che ti prende….?”
La guardia aprì la porta: ormai doveva sapere anche il resto. Il corpo dell’uomo era a terra, apparentemente esanime.
“Non puoi crepare ora, bastardo!” Lo raccolse da terra e lo adagiò sulla branda, poi con gran lena uscì dalla cella e salì le scale che portavano al piano superiore; raccolse una bottiglia di alcol e con uguale energia tornò dabbasso dal carcerato. Gli aprì a forza la bocca e gli fece ingollare un po’ di sano spirito. Questi si riprese un po’: tra un sibilo e un altro continuò a raccontare tenendo incollata alla bocca quella bottiglia che aveva operato un mezzo miracolo nel suo corpo straziato dalla malattia, nella carne e nell’anima.
“Maddalena lo tradì e Lui scoprì questo tradimento. Si sa che chi cade in peccato una volta, anche se poi si pente, tornerà a peccare: Maddalena dimostrò a Cristo di essere solo Maddalena e non la donna che lui aveva creduto di poter amare. Il Diavolo entrò in Cristo: è un modo di dire, ma l’uomo è fatto di carne e anche Cristo lo era. Poco mancò perché l’ammazzasse di botte e se Maddalena riuscì a farla franca e poi a passare alla storia come santa fu solo grazie ai discepoli di quel Cristo che morì in Croce sul Golgota. Maddalena ebbe un figlio da Cristo, un figlio che venne tenuto segreto a tutti, persino alla Chiesa. Neppure la Chiesa seppe mai della natura gemellare di Cristo fino a quando non si cominciò a parlare del segreto di Fatima. E iniziarono i guai per la Chiesa: essa ora sapeva la verità, però non poteva dirla al mondo. Tutto fu messo a tacere. Ciò nonostante alla fine della Seconda Guerra Mondiale, Russi e Americani si adoperarono per entrare a conoscenza dei segreti del Vaticano. Qualche notizia trapelò e divenne di dominio pubblico: molti ci giocarono, molti si arricchirono con questa storia… furono pubblicati tanti e tanti studi, ma nessuno poteva dimostrare alcunché di preciso… Il figlio di Cristo ha dato inizio a una vera e propria discendenza. E oggi l’ultimo figlio della discendenza diretta di Cristo reclama quanto gli spetta.”
“Anche se così fosse, non vedo dove stia il dramma.”
“Tu sei solo un povero ignorante. E’ chiaro che non puoi capire.”
“Perché ti stai confessando proprio con me?”
”Confessarmi?!”, lo schernì il prigioniero. “Con te?! Non essere ridicolo! Tu sei qui e qualcuno deve pur saper la verità.”
“La tua è una mezza verità, anzi una mezza leggenda: già la conoscevo tutta ‘sta roba.”
”Può darsi! Quello che non sai è che cosa reclama oggi il figlio di Cristo, l’ultimo dei suoi figli per diretta discendenza.”
Il carceriere si accigliò. “Continua!”
“Adesso vuoi sapere, vero? E così sia. AMEN!”. Ingollò un’altra generosa sorsata di spirito e rianimatosi continuò a sibilare la sua verità all’orecchio del suo carceriere.
“La Sindone, il suo mistero… non è originale, non è mai esistita. Quella Stola è solo il prodotto artistico di Cristo e dei suoi figli. Chi sino a oggi ha avuto tra le mani la Sindone ha sempre avuto fra le mani un prodotto dell’Arte, dell’Abilità dell’Uomo. Ti sei mai domandato perché nel corso dei secoli sia scomparsa così tante volte? Una volta creduta persa dopo un saccheggio, un’altra volta bruciata in un incendio… Tutte frottole: furono sempre i figli di Cristo a trafugarla per poi rimetterla, al momento giusto, di nuovo fra le mani degli uomini.”
“Tutto ciò non mi dice niente.”
”Niente? Ed invece dovrebbe dirti molto. Il fratello gemello di Cristo raccolse la Sindone e la custodì seco. Poi, come già ti ho detto, Maddalena lo tradì e Cristo giurò vendetta su tutta l’Umanità. La Sindone fa parte di un piano diabolico che tu non puoi neanche immaginare nella tua ignoranza. Non è colpa tua. Tu non sai quello che io so… Comunque la Sindone è il prodotto del sangue di quel Cristo che morì sulla Croce e del sangue della Maddalena, del suo sangue più intimo, del suo mestruo.”
“Stai dicendo un sacco di sconcezze.”
“Ascolta! Maddalena non era una semplice donna, non una semplice puttana. Lei apparteneva a una razza aliena. Il suo sangue era diverso da quello dei terrestri: il sangue di quella donna è indelebile.”
Silenzio. Imbarazzo.
“Alieno?”
”Maddalena era nata sulla Terra dall’accoppiamento d’un terrestre con una entità aliena. Il suo sangue era diverso da quello di tutta l’Umanità. Quando morì, il Cristo scampato alla morte aveva raccolto sangue sufficiente a far sì che la Sindone rimanesse un mistero per i secoli a venire. Il resto puoi immaginarlo da solo.”
Il carceriere si grattò confuso la barba ispida.
“Non capisci? I figli di Cristo, nel corso dei secoli, tennero in vita la Sindone grazie al sangue di Maddalena, un sangue vecchio quanto la Sindone stessa. E il Sacro Lino è giunto sino al 2026 d.C. intatto perché c’era interesse che fosse così.”
”Quale interesse?”
“Questo lo scoprirai da solo. Ci sono fatti che è meglio tacere almeno per ora… E poi sono troppo stanco per continuare a spiegare simili segreti a uno zuccone come te. Lasciami!”
La guardia prese a scuoterlo violentemente, ma l’uomo era caduto in un profondo deliquio da cui non gli fu possibile rianimarlo.
Con l’amaro in bocca richiuse la cella a chiave e bestemmiò qualcosa, poi decise che meglio era andare dai suoi compagni a giocare a carte.

Cap. 6

Per quella notte, poiché già era tardi e il crepuscolo aveva invaso ogni dove, la bambina dormì insieme al Maestro e ai suoi discepoli che avevano improvvisato un focolare nella Città dei Sogni. L’intorno era di rifiuti meccanici e biologici accatastati senza alcun ordine se non quello derivante dalla pura confusione. La bambina, seppur timorosa com’è comprensibile credere, alla fine dovette arrendersi a bivaccare e dormire in compagnia di quegli individui a lei ignoti, che non poca inquietudine le ispiravano. Eppure, prima d’addormentarsi, ebbe il presentimento che nulla fosse accaduto per puro caso: se il nonno le aveva raccontato quella storia paurosa, se lei era scappata ed aveva incontrato i discepoli del Maestro, un preciso piano doveva esser stato covato dalla notte dei tempi per dar corso al suo futuro. Un presentimento. Ma più i minuti passavano e sprofondava nel sonno, più si convinceva che nulla le era accaduto per caso. Marco, Giovanni e Luca se la dormivano della grossa; solo un discepolo, il preferito del Maestro era rimasto sveglio intorno al fuoco.
“Maestro, cosa ti preoccupa?”
Gli occhi ciechi lo cercarono e subito lo trovarono. Un brivido corse lungo la schiena del discepolo.
“Tu sei il mio preferito e sei anche colui che più temo. Sei il Giuda del nostro presente, di questa nostra dimensione spazio-temporale.”
“Perché dici così?” Tremava.
“Questa notte il tuo corpo mi è accanto mentre il tuo spirito è lontano e già mi ha tradito.”
Singhiozzò.
“E ti dirò di più: il corpo che in questo momento mi è accanto è solo una proiezione, un simulacro che la tua mente ha generato.”
Con voce ridotta a un blando fiato: “Che dici mai, Maestro!”
“La verità. Tu, mio preferito, sei il mio nemico.”
“Non… non capisco…”.
“Mi hai venduto. Se io non ti vedessi in questo momento, tu non mi siederesti accanto ora.”
Un silenzio di piombo cadde fra i due.
“Non c’è bisogno che ti giustifichi: è accaduto in passato con un altro discepolo, doveva accadere anche oggi. La storia si ripete e con essa il dramma. Ma io non lo permetterò!”
“Maestro, tu parli come se io ti avessi condannato alla Croce…”.
“Tu mi hai condannato anche se non vuoi esserne cosciente.”
“Non è possibile!” Adesso il discepolo, la sua parte più umana, ebbe un moto di ribellione, di indignazione.
“Per secoli e secoli il lino che ha avvolto il corpo di Cristo è stato curato dai suoi figli: gli uomini lo chiamano ‘Sindone’. La Sindone raccoglie il sangue di quel Cristo immolato sul Golgota ma anche quello di Maddalena, moglie di Cristo, moglie del fratello gemello morto crocifisso.”
“Non capisco.”
“I miei ciechi occhi mi permettono di vedere tante e tante cose che tu mai vedrai!”
“Maestro, io sono qui con te!”
“Strano idea hai dell’essere qui con me. Un simulacro non può essere il tuo vero Io.”
“Come fai a dire che io sono un simulacro, un fantasma?”
“I miei occhi: tu mi hai già tradito. La storia non si ripeterà nonostante il tuo tradimento.”
“Maestro, se io ti ho tradito come dici, allora meglio è che tu mi dia la morte subito con la tua mano misericordiosa perché non abbia a dover commetter peccato!”
“Peccato! Uccidere te! I simulacri sono quello che sono, solo si può vivere loro accanto. Non ti posso far la grazia che mi chiedi.”
“Oh Maestro! Allora dimmi dove sono realmente cosicché possa impiccarmi come fece quel Giuda che le Sacre Scritture ricordano.”
Tu sei dove sei. E questo è quanto. Non nutri desiderio di morire: la morte a cui aneli è solo una farsa. Quello che desideri è la fine di te come simulacro in questo luogo e in questo momento. Nulla di più.”
“Non dire così!”
“Pur ammettendo che abbia intenzione di uccidere te simulacro solo otterrei di privarmi di parte della mia vista. Il tuo simulacro mi serve: attraverso di esso io posso vedere il tuo vero spirito, posso tenerlo prigioniero al mio, posso conoscere il futuro e anticiparlo. No, non scaccerò un fantasma per privarmi della vista. Tu sei ben peggiore di Giuda. Giuda almeno ebbe l’accortezza di vendere il suo Messia per trenta danari, mentre tu mi hai venduto perché hai perso la Fede in me e non hai mai nutrito desiderio di darti la morte fosse anche solo per costumatezza.”
Sentite che ebbe queste parole, il discepolo, profondamente affranto, andò a ripararsi insieme ai compagni; tuttavia non gli riuscì di prender sonno per tutta la notte. Prima che l’alba fosse era nuovamente accanto al suo Maestro a discutere animatamente.
“Maestro!”
“Cosa?”
“La Sindone… La bambina… “.
Il Maestro non si stupì affatto: “Temevo che non mi avresti mai rivolto la domanda fatidica. Evidentemente anche io posso ingannarmi e nutrire timori mortali!”
Il discepolo non disse nulla in sua difesa.
“La Sindone sarà il mezzo che dimostrerà a questa umanità il Peccato.”
“L’umanità già conosce il suo peccato!”
”Il peccato che le Scritture hanno loro spiegato, non il Peccato di Cristo.”
“Il Peccato di Cristo!”
“Cristo non è mai stato uno. Gemelli: uno morì sul Golgota, l’altro sposò la Maddalena e diede vita a una sua propria progenie di cui io sono l’ultimo discendente in questo tempo, in questo presente. Gli uomini si sono uniti così tante volte nel corso dei secoli che, alla fine, ogni singolo ha finito con l’avere nel proprio DNA un po’ di quel primitivo DNA alieno di Maddalena. Gli esseri umani non sono umani come loro credono. Sono diventati degli alieni e quindi dei peccatori al pari di Maddalena. Io mostrerò loro il Peccato nella foggia più cruda da accettare perché questo è il compito di un Cristo. Questo è il disegno alieno.
“Distruggerai l’Umanità intera mettendola di fronte a una simile verità?”
“L’Umanità, quando era ancora tale, ha scagliato la  prima pietra e ha crocifisso Cristo. Occhio per occhio, dente per dente.
“Tutto ciò è crudele. Cristo è morto sulla croce per il bene dell’Umanità e…”.
“Ed è risorto!” Il Maestro non aveva bisogno di aggiungere altro.
“E la bambina, perché l’hai condotta a te?”
“Lei è mia figlia anche se non lo sa.”
“Tua figlia?”
“Mia figlia. Quando il mondo saprà, lei siederà alla mia Destra come Figlia Moglie Regina. Insieme avvolgeremo quella che tu ti ostini a chiamare UMANITA’ nella Sindone e sarà per sempre. Poi il mondo conoscerà una nuova Era, quella del Figlio di Dio.”
“Dio non esiste!”, ribatté il discepolo. “Non è mai esistito.”
“Non è importante questo particolare nel disegno alieno di conquista della Terra.”
Il discepolo, o meglio il suo simulacro, si accigliò profondamente: “Quello che gli Uomini hanno chiamato Dio…”.
“Quelli in cui hanno creduto in un Dio…”, lo corresse il Maestro. “Prosegui pure!”
“D’accordo, quelli che hanno avuto fede in un Dio, in realtà hanno avuto fede nei confronti del Niente.”
“Del Niente! E perché mai? Una civiltà aliena esiste ed è formata da tanti Dèi.”
“Sei malvagio.”
“Giusto.”
“Malvagio…”.
“Giusto. Per secoli e secoli mi è stato negato di amare, gli uomini si sono rivolti a me amandomi ma io non ho mai potuto amar loro.”
“…essi ti hanno amato, perché sterminarli?”
”Hanno amato la mia immagine, il mio potere, solo questo.”
”Cosa  hai fatto per loro? Niente!”
“Li ho salvati non una volta, bensì due. Una volta sono stato crocifisso, la seconda sono stato preso per pazzo e liquidato come tale. Quando gli uomini nella loro pazzia hanno lanciato l’atomica contro il Sole, non sono stato forse io a salvarli con la mia conoscenza? Non sono stato forse io a dominare il Sole impazzito quando stava per esplodere e condannare il Sistema Solare a una fine certa?”
“Si, Maestro, ma…!”
“Nessun ma.”
Il discepolo-simulacro scattò in piedi profondamente irritato: “Tu li condanni per il tuo amor proprio!”
“Matteo, Matteo, baciami! Questo è il momento.”
Risoluto Matteo si avvicinò al Maestro: “Maestro, Io, Matteo, ti bacio.”
E lo baciò sulle labbra. Poi il simulacro Matteo scomparve.
Il Profeta Nero si accigliò: parte della sua vista era morta con la scomparsa del simulacro. Era stato un atto necessario quel bacio, il bacio del discepolo Matteo, di Giuda… ma anche il bacio di Isaia e di Ponzio Pilato. Il Profeta Nero questo lo sapeva, ne era cosciente. Ed era anche sicuro che avrebbe sconfitto tutti i simulacri di questo mondo: sapeva abbastanza per annientarli. Almeno così si illudeva.

Cap. 7

Quando il discepolo Matteo rinvenne dal suo profondo deliquio, non poteva dire di star bene: lo stomaco gli faceva male come se gli avessero cacciato dentro una lama avvelenata, ma non sentiva più il bisogno di rimettere. Si mise a sedere sul letto a gambe incrociate e attese che il suo carceriere facesse ritorno; era più che mai certo che l’uomo sarebbe tornato da lui per conoscere la verità, quella verità che il suo DNA non poteva più fuggire.
Mentre Matteo attendeva, l’uomo era al piano di sopra: non gli era riuscito di vincere una sola mano a quel gioco maledetto, proprio non gli buttava bene. La fortuna gli aveva voltato le spalle, ma forse non era questo: sentiva la testa confusa, un istinto vecchio, alieno, che non comprendeva gli suggeriva che erano in atto forze più grandi di Dio che tramavano contro l’estinzione dell’umanità così come lui la conosceva. Lui non aveva mai avuto fede in Dio: si era sempre considerato un ateo, ma ora, per un motivo che gli sfuggiva, sentiva la necessità di credere nonostante fosse consapevole che non c’era niente in cui credere. La realtà, continuava a ripetere nel labirinto del suo cervello, è solo quella che gli occhi vedono, tutto il resto è pura apparenza o meglio illusione. Eppure, in quel momento, aveva un disperato bisogno di credere in una qualsiasi apparenza o illusione, perché lo sostenesse ad andare avanti: perché, improvvisamente, sentiva l’insano impulso di darsi la morte? Non aveva mai sofferto di turbe psichiche e non vedeva il perché si dovessero manifestare così all’improvviso senza alcun motivo scatenante. Forse la causa del suo scombussolamento spirituale/cerebrale era dovuto alla strana chiacchierata che era intercorsa fra lui e il discepolo Matteo!
Lasciò cadere le carte sul tavolo: i compagni lo guatarono con occhi assenti come se non gli interessasse né del gioco né di lui. Guardando gli occhi dei compagni, si rese conto che se anche fosse morto in quel preciso momento, non uno dei suoi colleghi avrebbe mosso un dito per sottrarlo al destino: forte di questa consapevolezza appena acquisita decise che era venuto il momento di conoscere tutta la verità.
“Io vado dal prigioniero.” Nessuno disse niente e tutti continuarono a giocare a carte. E mentre si recava dal prigioniero, stranamente, inspiegabilmente, si sentiva come se andasse a trovare sé stesso. Il carceriere Isaia di Montecristo non era il semplice carceriere che credeva d’essere.
Una volta dabbasso bussò tre rapidi colpi alla porta, una cortesia che per la prima volta adoperava nei confronti del prigioniero. Una voce ruvida lo invitò ad entrare: così fece. E una volta dentro, guardando gli occhi del discepolo Matteo ebbe la certezza che l’uomo non era nulla affatto pazzo.
“Sei qui per conoscere…?”
“Sì, per conoscere la verità.”
“Io sono un traditore: puoi fidarti di colui che ha come secondo nome Giuda?”
“Posso fidarmi.” Questa fu la risposta senza tentennamenti del carceriere.
“Come ti chiami?”
“Isaia”
“Isaia, come il Profeta. E’ un bel nome. Un bel nome, nonostante tutto. Un nome che potrebbe essere salvezza o dannazione!”
“Stai meglio!”, osservò Isaia.
Un sorriso. “No, non sto meglio: uguale a prima. Per il momento, non ho il tempo di preoccuparmi della mia salute. Lui è tornato.”
“Lo so.”
“E questa volta non si immolerà per Voi.”
“So anche questo.”
“Questa volta la croce accoglierà l’Umanità intera se non verrà fermato in tempo.”
“D’accordo, lo fermeremo. Lo abbiamo crocifisso una volta, lo faremo una seconda: non dovrebbe essere troppo difficile.”
“Più di quanto osi immaginare.”
Matteo spiegò ad Isaia il folle progetto del Maestro, non nascose nessun dettaglio, non lesinò i particolari: Isaia doveva sapere, poco importava se sarebbe stato il solo a sapere la verità prima che l’Umanità fosse dal Messia sacrificata. Almeno un uomo doveva morire conoscendo la verità: Matteo non gli nascose nessun particolare, gli spiegò l’origine della Sindone e il suo mistero e che cosa significava. E gli raccontò di Maddalena e della sua origine e di come gli uomini, nel corso dei secoli, avessero preso un po’ del suo primitivo DNA nel loro. Gli disse pure che il Maestro aveva una figlia e che intendeva sposarla e farla sedere alla sua Destra come Figlia Moglie e Regina; e, in ultimo, non gli nascose che forse era già troppo tardi per salvare l’Umanità.
“Stando a quello che mi hai raccontato, l’uomo delle origini non è quello di oggi: il suo DNA è stato infettato da alcuni geni alieni.”
“E’ così. Il peccato di Maddalena è il peccato moderno di cui soffre questa umanità del tempo presente.
“Una simile verità ucciderebbe nello spirito la maggior parte di quanti vivono oggi sulla Terra.”
“E’ vero.”
“Perché io non sono impazzito?”
“Tu dovresti saperlo…”.
“Io sono sempre stato ateo: è questo?”
“Potrebbe essere. Non te lo posso dire con tutta certezza.”
“Gli alieni, gli alieni qualcuno li avrà pur creati! Un Dio, per quanto alieno, dovrà pur esistere da qualche parte per l’uomo… per gli alieni… per questi nostri lontani fratelli che con un loro Messia, oggi, intendono sterminarci…”.
“Per quanto ne so, gli Alieni sono gli Dèi del Maestro.”
“Questo non risolve niente. Gli Alieni in chi o in che cosa credono? L’Umanità potrebbe credere al Dio degli Alieni?”
“Gli Alieni sono i Creatori… Non esiste un’Entità superiore per quanto mi è dato di sapere. Isaia, comprendi la serietà del problema? L’Umanità – se ancor si può parlar di umanità allo stato puro – è in serio pericolo. Se una simile verità fosse rivelata al mondo sarebbe la fine: ogni uomo si sentirebbe un Dio e pertanto si arrogherebbe il diritto di sterminare il suo prossimo. La storia insegna: l’uomo con la sua presunzione, forte solo della debolezza della sua mortalità, ha sparso sangue, ucciso, distrutto e si è difeso con la scusa che Dio voleva così. Milioni di innocenti, che sono morti senza un perché in guerre fratricide confidando in un Paradiso che non esiste, hanno sempre avuto in ostaggio un Dio, ieri religioso, oggi politico, ma pur sempre un Dio. Se si venisse a sapere la verità, la bandiera di Dio, di quello religioso e politico, verrebbe calpestata senza tanti complimenti e gli uomini conoscerebbero una guerra intestina ben peggiore di qualsiasi altra guerra. Isaia, comprendi?”
“Purtroppo comprendo.”
Silenzio e imbarazzo.
“Come si può metterlo di nuovo sulla Croce?”
“Isaia, non ti so rispondere.”
“Allora perché mi hai raccontato tutto questo, per prenderti gioco di me?”
“No.”
“E allora?”
“Sei pronto a cambiare il tuo nome per il bene dell’Umanità?”
“Il nome, dici? Non mi si chiede poi molto.”
“Sei pronto ad abbandonare le tue vesti di carceriere?”
“L’ho già fatto nel momento in cui ho messo piede in questa cella per la seconda volta.”
“E infine, sei pronto a cambiare la tua identità e sei disposto a seguire il destino di quella che sarà la tua nuova identità?”
Isaia si fece truce in volto, poi un cenno del capo.
“Bene. Allora forse c’è ancora una speranza per quanto minima.”


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Il ritorno del Messia – racconto lungo – fantascienza nera – capitoli da 4 a 7

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