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Maddalena Borsato a Passaggi Festival con un impasto di filosofia e pasticceria

A Passaggi Festival, venerdì 23 giugno, la filosofa e pasticcera Maddalena Borsato ha presentato il suo libro Il dolce. Una relazione estetica (Edizioni ETS). L’incontro si è svolto a Fano presso il Bon Bon Art Cafè dove l’autrice ha conversato con la filosofa Ippolita Bonci Del Bene.

Il sogno: passione che diventa lavoro

Unire lo studio alla passione è l’obiettivo di qualunque essere umano ed è proprio questo che Maddalena Borsato è stata in grado di fare. L’autrice ha raccontato di aver riscoperto la sua passione per i dolci, tramandatale dalla nonna, proprio nel periodo in cui scriveva un’importante tesi di laurea sul grande filosofo Hegel.
La pasticceria era diventata per lei un canale di sfogo delle tensioni, un modo per pensare, per staccare la mente. Col tempo l’autrice ha trasformato quel momento di tranquillità in un vero e proprio lavoro diventando aiuto pasticcera a Venezia, Palermo, Treviso, senza abbandonare però il suo amore per la filosofia.
Ha, infatti, scritto un libro filosofico sulla dolcezza, Il dolce. Una relazione estetica, riuscendo a rendere quella filosofia che da sempre trattava concetti così astratti, un qualcosa di tangibile, reale, che “si impasta con le mani”.

Stigma della gola e impieghi positivi

Nel primo capitolo del saggio divulgativo, il quale si compone di 3 parti, la parola centrale è sapio, verbo latino che si articola in due significati principali sapore-sapere.
La filosofia del cibo, dell’estetica del gusto, in occidente non era mai stata trattata fino agli anni ‘80 del novecento, quando alcune filosofe femministe americane smisero di dar peso alle credenze comuni. Il cibo infatti veniva visto come un qualcosa di peccaminoso, legato più che alla sfera dello spirito a quella del corpo, del piacere terreno.
Da qui l’idea dell’ambiguità circa il ruolo dello zucchero, della pericolosità del dolce. Difatti se il consumo di questo alimento diventa eccessivo possono sussistere dei problemi alla salute come nausea o malattie legate alla circolazione.
D’altro canto si può osservare un impiego del dolce in maniera positiva nel lavoro di Gianfranco Baruchello, il quale utilizzava quest’ultimo come oggetto delle proprie opere d’arte creando una connessione tra dolce e bello.
Ma il dolce non si ricollega solo alla sfera culinaria, infatti se si va a trattare il tema della vista legato al biancore e al candore zuccherino o il tema dell’udito, con la dolcezza della poesia e della musica, si può notare un suo coinvolgimento sensoriale. Altro senso coinvolto è il tatto per quanto riguarda la morbidezza di un impasto. Quando impastiamo creiamo un tutt’uno tra la materia e le nostre mani, le nostre spalle. La dolcezza infatti si crea in una relazione tra due: tra l’impasto e le mani, tra chi mangia e chi è mangiato.
Il dolce, essendo commisto di tutto, è di conseguenza il contrario di tutto: dell’amaro, del salato, dell’acido. Il dolce è essenzialmente ciò che piace, è il sapore base di tutto il nostro sentire.

Il dolce come simbolo e strumento per esprimersi

Il dolce è essenzialmente un’opera d’arte, un artefatto, ma soprattutto il simbolo di qualcos’altro.
Quando creiamo i dolci spesso non li facciamo per noi stessi, ma per le persone a noi care, e in questo caso il dolce diventa il simbolo del prendersi cura degli altri.
La “placenta” ossia una focaccia piatta greca è diventata nel significato moderno l’abitacolo del feto, una sorta di gemello del neonato che permette la sua crescita e la sua sopravvivenza.
Il dolce è spesso utilizzato in momenti speciali, assumendo un ruolo intra-culinario, il dolce ha, infatti, la funzione di consolare in momenti tristi, come ad esempio la morte di un caro, o di fomentare la gioia di un momento già felice, come nei matrimoni.
Il dolce inoltre fornisce l’energia necessaria per lavorare, è simbolo di forza.
La pasticceria conventuale era per le monache di clausura un modo per esprimersi, per lasciar uscire le loro passioni più recondite legate spesso alla sfera sessuale, la quale per volontà del loro credo doveva essere soppressa. La pasticceria era, perciò, un modo per dare sfogo ai propri rimandi erotici e umoristici, un modo per esprimere la propria interiorità.

Zucchero come “farmacon

Farmacon, parola che in greco è una vox media significando sia cura, medicina, che veleno, si ricollega al dolce per il suo duplice aspetto positivo-negativo. Lo zucchero infatti causò la saccarofilia nei primi anni dalla sua scoperta: in questo periodo lo zucchero era ritenuto un medicinale adatto alla cura di numerose malattie e veniva utilizzato come integratore per i lavoratori delle fabbriche sostituendosi ai cibi ad alto apporto energetico del periodo. Ad opporsi a tale corrente di pensiero vi fu poi la cosiddetta saccarofobia, tipica degli anni ‘50 del 1900, la quale consisteva nell’opposizione al consumo di alimenti ricchi di saccarosio, visti gli effetti nocivi sorti per la salute. Tutt’ora lo zucchero resta un problema per la salute dei consumatori e la ricerca di un sostituto che possa equipararlo è ancora molto ardua; riprodurre il sapore, la consistenza, ma soprattutto le sue proprietà in un’alternativa salutare è ancora un problema irrisolto.

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