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La speciazione: storia di chi va e non ritorna

Si è aperta nella giornata di martedì 21 giugno la rassegna I sandali del filosofo di questa undicesima edizione di Passaggi Festival. Protagonista è stato Igor Sibaldi (scrittore, filosofo, teologo e tanto altro) con “La specie nuova. Tutti possono scoprirsi diversi. Solo alcuni ne hanno il coraggio” edito da Roi Edizioni. L’autore ha conversato con Silvia Pernarella (Attrice, counselor e formatrice).

L’inizio della speciazione

Per scoprirsi ci vuole coraggio. Scoprirsi vuol dire tante cose, l’accezione con cui l’autore intende questo verbo è drammatica. È in corso un periodo speciale, che capita ogni tanto nella storia dell’occidente e del Medio Oriente. Si tratta di un periodo di speciazione: si sta assistendo alla formazione di una nuova specie. Nel regno animale specie tra loro differenti non figliano, ce lo ha insegnato bene la scienza. Le specie culturali sono invece la stessa cosa ma per quanto riguarda l’intelletto. Due specie culturali diverse non si capiscono, non possono farlo.
Tutti noi consociamo la storia che ha coinvolto l’Italia tra il 1890 ed il 1915. Circa un terzo degli italiani sono emigrati in America, spinti dalla volontà feroce di migliorare le proprie condizioni. Si è formata una specie nuova, quella degli italo-americani. Se un italo-americano avesse conversato con un italiano, questi non si sarebbero potuti capire. Ora capita la stessa cosa, ma senza bisogno di emigrare: una piccola parte della popolazione pensa tanto, pensa in fretta, possiede un ampio campo visivo e di solito è di buon umore. Questa si contrappone ad una parte grossa che vuole rimanere come prima, che non intende nemmeno concepire l’idea di cambiamento.

L’infelicità dello speciato

Il verificarsi di una speciazione dura un certo numero di anni, dopodiché chi ha scelto di mettersi con la specie nuova lì rimane, chi ha scelto di stare con la specie madre non può più passare. Si tratta di un vero e proprio bivio, non si torna indietro. Il trucco è scoprirsi diversi e non averne paura, sennò si perde questa grande occasione di futuro. Igor Sibaldi ha voluto sottolineare come il libro sia stato da lui scritto nel 2016, con un intento puramente teorico al tempo. Nel corso degli anni ci si è poi resi conto di quanto scoprirsi diversi sia un atto particolarmente attuale. È tutto un insieme di piccole scelte interiori che ci instradano su una direzione nuova. La persona che sta speciando si distingue perché è scontenta, è infelice e non le basta più tutto quello che intorno. Con l’ingresso dell’Italia nei primi del novecento ha avuto avvio quello che è stato il secolo peggiore della storia d’Italia (prima guerra mondiale, poi fascismo, poi seconda guerra mondiale, poi stato mafia. Insomma, non se ne usciva più). Coloro che avevano avuto il coraggio di emigrare in America erano felici, si erano rifatti una famiglia. Chi invece aveva deciso di rimanere in Italia pativa fame, ingiustizie sociali e sciagure varie.

La storia del cambiamento

Il primo speciato della storia è Noè. A differenza di ciò che ci racconta la bibbia, nel diluvio non muore nessuno. Il concetto di acqua ha a che fare con l’idea dello scorrere del tempo in Medio Oriente, noi occidentali invece abbiamo un’idea più orizzontale del tempo, un susseguirsi di fatti più che uno scorrere degli stessi. Per questo l’immagine del passato che inghiotte è appunto l’acqua per i popoli orientali. Noè non ha costruito una nave quanto un suo modo di vedere il mondo, si è scoperto diverso. Le qualità che contraddistinguono Noè, sono le qualità dello speciato: il sapersi annoiare più degli altri ed il non accontentarsi di spiegare il presente con il passato. Il secondo speciato è Abramo, ce lo racconta la genesi nel capitolo 12. Protagonista è una libertà non pretenziosa, molto individuale. Questa si riscontra in determinati periodi, nei periodi propri della speciazione.

Gli stupidi e i fortunati

All’interno del libro l’autore opera una distinzione tra due gruppi, gli stupidi ed i fortunati. L’idea è stata in qualche modo ripresa dal bellissimo libro di Primo Levii sommersi ed i salvati”. La distinzione non vuole essere insolente, ha un valore filologico. Stupidus viene dal verbo stare, indica una persona che davanti a qualsiasi situazione sta ferma. Tanti sono stupidi, non in senso offensivo quanto in senso tragico. Stanno e basta. Il termine fortunato deriva invece da “fortuna” che proviene dalla parola forse. La fortuna non dà garanzie, chi accetta il forse ha coscienza del fatto che forse andrà bene, ha speranza di avere fortuna, si fida di probabilità scarse. Si ha una corrispondenza con il termine inglese “happiness” dal verbo “to happen” accedere, succedere. “I am happy” non nel senso di essere felice, ma nel senso di essere così aperto verso i propri orizzonti da non vedere l’ora che ci capiti qualcosa di nuovo. Lo speciato è scontento, molto scontento del suo essere attuale e ciò aumenta le sue probabilità di essere felice. Lo scontento percepisce di non poter più stare nelle sue abitudini, nelle sue certezze. Perché sto stretto ora e quindici anni fa no? Perché è un momento così. Capita e basta, non si trovano spiegazioni. Crearsi, ricrearsi vuol dire non usare la parte sensata di noi, vuol dire inventare le soluzioni.

Quali i rimedi dunque? Quali i consigli che ci fornisce Igor Sibaldi? Essere scontenti, sempre, orgogliosamente scontenti senza dirlo a nessuno. Annoiarsi con determinazione: se una cosa non ci piace, non ci piace e basta.

“Non siate felici e contenti, ma scontenti e felici”

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