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Il valore della noia: fermiamoci a riflettere

Nella giornata di mercoledì 21 giugno si è aperta l’undicesima edizione di Passaggi Festival con un incontro della rassegna Libri a colazione, presso il Bon Bon (Lido). Protagonisti sono stati gli autori Anna Silvia Bombi (psicologa) e Daniele Malaguti (psicoterapeuta) che hanno presentato il loro libro “Il diritto di annoiarsi. Darsi il tempo per pensare”, edito da Il Mulino. Gli autori hanno conversato con Andreina Bruno, redattrice culturale.

Annoiarsi e riconoscerlo

Che cos’è la noia? Si tratta di un’emozione del tempo, uno stato d’animo avvolto in umore che si protrae quando abbiamo un momento che ci sembra vuoto, o perché manca un significato che ci attira o perché non riusciamo ad essere attenti. Tutti noi abbiamo esperienza della noia, eppure leggendo il libro si ha come la sensazione di non conoscere bene questa emozione. A volte essa è più subdola, si intrufola, striscia in sottofondo cercando di avvolgerci tra le sue spire.  Siamo abituati alle emozioni fondamentali, sei secondo gli studiosi: gioia, tristezza, rabbia, paura, disgusto e sorpresa. La noia è un’emozione che si inserisce dentro queste, è più sfumata. Due sono gli aspetti che la caratterizzano: il primo è il nostro livello di attivazione, la nostra energia psicologica, il secondo è la percezione di piacevolezza/spiacevolezza. Identifichiamo la noia come un insieme di bassa energia psicologica e spiacevolezza, confondendola spesso con tristezza, ansia e paura. Riconoscere questa emozione è importante, la consapevolezza delle emozioni ci permette di capire cosa succede intorno a noi. Si tratta di vere e proprie cartine tornasole intuitive per la realtà che ci circonda. La noia ha anche lei ha che fare con gli obiettivi, si scatena quando ci troviamo di fronte ad un qualcosa che non abbiamo perso ma che non riusciamo nemmeno a raggiungere, una sorta di mancanza dunque. Le emozioni allo stato puro si ritrovano forse solo nei libri, salgono insieme e ci travolgono. La noia arriva insieme alle cosiddette “emozioni cugine”, noia e frustrazione, noia e tristezza e così via. Fondamentale per l’insorgere della stessa è il tempo. All’interno del libro troviamo il paragrafo della “moka lenta”. Protagonista è un signore che si annoia nel tempo in cui sale il caffè, non tollera il tempo che questo impiega per essere pronto. Si tratta ovviamente di tempo molto soggettivo, il quale può essere vuoto più o meno rapidamente.

Tempo ufficiale versus tempo interno

Il tempo ufficiale è nato con i nostri orologi, con i treni. Quante volte guardiamo l’orologio e ci sembra che la lancetta si muova più velocemente del nostro tempo interno? Bisogna fare una distinzione per quanto riguarda il tempo vissuto: kronos per quello ufficiale e kairos per il tempo interno. Il nostro tempo interno può essere più o meno allineato con quello ufficiale. La percezione soggettiva che ne abbiamo si incastra con la noia, da qua il celebre detto “pentola guardata non bolle mai”. Le neuroscienze si sono interessate a questo aspetto e lo hanno studiato in maniera approfondita tramite diversi esperimenti. Anna Silvia Bombi e Daniele Malaguti hanno anch’essi affrontato questo argomento all’interno del loro libro. Si è visto che noi uomini funzioniamo tramite onde lente e veloci: alle onde veloci è associata la percezione delle cose esterne, a quelle lente è associata la percezione delle nostre idee, del nostro io, dell’essere. Quando queste due non sono sincronizzate scatta la noia, o un tempo vissuto diverso da quello interno. Se noi non vediamo un senso in ciò che facciamo, lì subentra questa spiacevole emozione, sempre pronta in agguato.

il circolo vizioso della dopamina

Ma a cosa serve la noia? Come ogni emozione è una sentinella, un segnale di allarme, ci spinge a trovare un senso. La identifichiamo come una sorta di maestro esigente che ci bacchetta per spronarci. A volte ci spaventa, temiamo di rimanerne risucchiati e di conseguenza ci inventiamo qualunque cosa per evitare che ciò accada. Così facendo però rischiamo di rimanere dipendenti da altri mezzi che non ci bastano mai, perdendo l’occasione di sentire la noia, di darci il tempo per pensare. Pensiamo ai nostri telefoni: a quanti di noi capita di scorrere tra contenuti vari nei momenti morti? C’è una parte del nostro cervello deputata ad avvertire le ricompense, il cosiddetto circolo della dopamina. Quando noi ci annoiamo e non ci riflettiamo su, si attiva il circolo e avvertiamo questo piacere. I nostri smartphone sono infatti deputati ad aumentare i livelli di dopamina. È un circuito ingordo, ne vuole sempre più e finisce per assuefarci. Attenzione, non lasciamoci trarre in inganno: si tratta di un circolo che funziona ogni tanto, regoliamo la noia con un’informazione che ci può dare più o meno piacere perdendo però l’occasione di fermarci, di riflettere e decidere cosa vogliamo fare veramente, non cosa ci dia piacere in senso manipolatorio.

Nel momento in cui io divento consapevole del mio essere annoiato, creo uno spazio dentro me atto a studiare questo sentimento, provo a riflettere su cosa potrei fare. Non sentire la noia può sembrare piacevole, ma ci impedisce di fermarci e godere di questo tempo vuotoDaniele Malaguti

Annoiarsi, oziare ed essere immersi

Quando siamo annoiati ci manca qualcosa ed in quello spazio non sappiamo cosa fare, oppure lo sappiamo ma non ne abbiamo voglia. Nell’ozio invece decidiamo volontariamente di non fare qualcosa e riposarci, l’obiettivo è proprio quello di non fare nulla. Ciò che giudichiamo come ozio è un far vagare il pensiero, attardarsi in un ricordo, senza pressione, una connessione con se stessi. Per chi lavora ci sono diversi aspetti essenziali per rimanere motivati: il lavoro deve avere un senso, deve avere un inizio ed una fine e soprattutto un significato. Il lavoro che io svolgo deve essere considerato importante, deve poter assumere un senso ed un valore. Questi sono dunque gli aspetti che ci permettono ogni giorno di rimanere orientati al lavoro e non annoiarci, non saziarci. Le criticità subentrano nell’istante in cui percepiamo che il nostro lavoro quotidiano non ci fa più crescere, non ci sono più stimoli. Il concetto diametralmente opposto alla noia è quello del flowing. Con questo termine gli autori si riferiscono a quei momenti in cui perdiamo il senso del tempo, subendo un assorbimento totale in esso. Ci sentiamo realizzati, pieni. Il flowing si verifica a patto che ci siano delle condizioni favorevoli: devo fare qualcosa di più difficile, ma allo stesso tempo mi devo rendere conto che ciò che faccio lo sto facendo bene (si parla di feedback positivo). È chiaro, dunque, che queste due emozioni opposte vadano a braccetto. La noia è in grado di generare creatività. Non sembra un concetto intuitivo, eppure è così. Sono stati svolti una serie di esperimenti: i partecipanti sono stati divisi in due gruppi ed a uno di questi è stato assegnato un compito noiosissimo. I due gruppi sono poi stati sottoposti ad un test di creatività. Si è osservato che paradossalmente le persone che hanno svolto il compito più noioso fornivano risposte più creative. Il discorso va esaminato con attenzione, non dobbiamo generalizzare: è utile annoiarsi per approdare a qualcosa di creativo se la noia viene poi gestita. Se si è in balia della noia scatta una fuga rapida che si cerca sempre di riempire con qualunque cosa che si abbia a portata di mano. La noia è un segnale utile, ci aiuta a guardare dentro noi stessi per inventare, ma questa non è un’automatica conseguenza. È scorretto affermare che essa sfoci automaticamente in creatività. Pensiamo a come i detenuti rifuggono la noia. Essi adoperano una serie di partiche al fine di evitare di perdere il significato del loro tempo. Il carcere è una realtà caratterizzata dalla mancanza di libertà e dove il tempo è governato da altri. I detenuti fanno cose strepitose quali dichiarare a se stessi che le settimane non siano settimane, ma giorni. È un’operazione interamente mentale, si concede potere alla fantasia più pura. Lo scopo è quello di per governare il tempo in un altro modo rimettendo insieme kronos e kairos a modo loro.

Alla ricerca di stimoli

Spinosa è la questione su chi si annoi di più. Tutti noi abbiamo la tendenza di considerare i comportamenti delle persone che guardiamo come una dimensione del loro carattere, ciò capita poiché risulta più facile attribuire alle persone delle caratteristiche anziché analizzare l’intero complesso. Si tratta di una sorta di scappatoia insomma. È indubbio che sia presente una dimensione del carattere, ma non ci si deve dimenticare del contesto, non si può affermare che semplicemente in base al carattere una persona rischi di annoiarsi di più ed un’altra di meno. Con il termine sensation seekers indichiamo quelle tipologie di carattere sempre alla ricerca di stimoli. Pensiamo a chi ad esempio pratica sport estremi, alla costante ricerca del brivido e dell’eccitazione. Si cela dietro un desiderio continuo di attivarsi ed è intuitivo pensare che queste persone siano più sensibili alla noia. Ci sono dei tratti del carattere che sicuramente incidono che devono però essere valutati all’interno del contesto: esso deve essere sufficientemente stimolante.

Curiosi ed umili

Uno solo è l’antidoto alla noia: l’umiltà intellettuale. Le virtù oggi sono considerate quasi fuori moda, percepiamo le qualità umane come racchiuse in figure emblematiche, ma tutti noi nella vita quotidiana dovremmo fare lo sforzo di mantenerci umili. Perché avvertiamo sempre il bisogno di essere circondati da così tante cose? Deve essere coltivata la capacità dell’accontentarsi del poco, del cogliere ciò che si ha intorno, di essere curiosi per gli altri. È più facile essere creativi essendo intellettualmente umili, l’umiltà intellettuale ci preserva dal “riempire troppo la cantina”. Noi pretendiamo di riempire continuamente il nostro tempo, è ormai quasi insita in noi l’incapacità dell’accontentarci del piccolo. Impariamo a guardare con curiosità ogni piccolo particolare, sforziamoci di riconoscere la noia, di apprezzarla e di interagirci al fine di garantire a noi stessi una più serena quotidianità.

Tutta l’infelicità degli uomini proviene da una cosa sola, dal non saper starsene da soli, in una cameraBlaise Pascal

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