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Guardare la Gorgone

 


Gustav Klimt - Il fregio di Beethoven (Le Gorgoni) / Ricostruzione


Uno sguardo sul mito e sulle sue interpretazioni. Questo studio dedicato alla Gorgone da Angelo Tonelli, fine classicista e interprete notevole della religiosità greca, il cui interesse particolare è riservato ai culti misterici, coniuga chiarezza divulgativa e terapia analitica, con cenni ai fondamenti freudiani, al metodo junghiano, al buddhismo.
Porfirio definisce bene la natura della Medusa pietrificante, la più nota delle tre Gorgoni. Si tratta di un fantasma cui non ha parte testimonianza alcuna dei sensi. Se Medusa si manifesta ai dannati come terrore, panico che afferra questi spiriti negletti, può tuttavia, nel corso della vita dell’uomo, prendere altre forme. È il pericolo insito in qualsiasi attività psichica svincolata dalla riflessione, quindi conseguentemente insensata. E aver dunque a che fare con le false rivelazioni. Questo mostro, senza ossa né carne, è come Proteo che assume tutti gli aspetti e non ne ritiene alcuno. Ma la Gorgone è anche l’unica delle tre figlie di Forco ad essere mortale, a condividere dunque nella mortalità il destino degli umani; cioè dà la morte, pietrificando, ma può a sua volta soccombere. Ed è materna, diviene madre proprio nella morte. È forse la più liminale, incerta, conturbante fra le creature demoniache della mitologia ellenica. E troneggia in mezzo alle presenze infernali dalla letteratura antica a quella moderna, che a simili immaginari attinge. Una popolarità che va di pari passo nei testi scritti e nelle arti figurative.
Si pensi alla nèkyia (XI dell’Odissea) ossia l’esorcismo magico, di natura orfica, che permette a Ulisse d’incontrare le anime dei morti: «Mi sentii verde d’orrore al pensiero che dall’abisso dell’Ade la nobile [luminosa] Persefone potesse inviarci la testa di Gorgo, mostro terribile». (XI, 634)
Così nella Commedia, ai piedi della città di Dite, lo spauracchio della Gorgone viene agitato davanti al poeta, che rischierebbe di non uscire più dagli inferi: «Volgiti ’ndietro, e tien lo viso chiuso; // ché se ’l Gorgón si mostra, e tu ’l vedessi, // nulla sarebbe di tornar mai suso». (Dante, Inferno, IX, 55-58). Il volgersi indietro è per non offrire il viso alla Gorgone ma anche un guardare il punto “opposto” in modo da scongiurare il manifestarsi dei demoni; ciò secondo un’interpretazione che si rifà all’ermetismo. Se ci si vuole liberare, uscire dall’atmosfera infera che è senza stelle, se si vuole tornare nel pieno possesso delle proprie facoltà intellettive – corrispondendo la dannazione alla loro negazione – occorre superare la paura, e riconoscendo la sua insidia affrontarla.

(Di Claudia Ciardi)

 

Edizione commentata:

Angelo Tonelli, Guardare negli occhi la Gorgone. Piccolo vademecum per attraversare le paure, Collana “Lo specchio di Dioniso”, Agorà & Co., 2016




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