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Basilius Besler - Un florilegio barocco

 


È una storia di architettura, di editoria e di arte quella legata a Basilius Besler, oltre che naturalmente, in prima battuta, di botanica. Ha se vogliamo anche un risvolto avventuroso e fiabesco che rimanda alle suggestioni Delle residenze imperiali viennesi e, in generale, a certe imprese visionarie che uomini colti, meno affrettati dei loro discendenti contemporanei, animati da una sincera devozione per la natura e per il bello e quindi per la loro conservazione, perseguivano senza badare a spese, offrendo alla causa tutte le energie di cui disponevano.
Besler, di professione farmacista in quel di Norimberga, dove nacque nel 1561, vi gestiva la bottega “Marienbild” (all’insegna di Maria) che condusse fino alla morte avvenuta nel 1629. Seguiva anche un proprio giardino botanico e un gabinetto di scienze naturali. Godeva di una certa rispettabilità e notorietà se nel 1597 Johann Konrad von Gemmingen, vescovo di Eichstätt, lo incaricò di allestire un prestigioso hortus. Nel castello vescovile di Eychstatt, località situata sulle dolci e mitigate colline di Ingolstad, in territorio bavarese, sorgeva infatti un celebre e antico giardino che prendeva il nome dalla stessa cittadina: l’Hortus Eystettensis.
Basilius Besler fu coadiuvato, nell’impianto, dall’architetto Karl Clusius, già ideatore del parco imperiale di Vienna, che concepì un giardino misto, un po’ all’italiana e un po’ legato al gusto barocco. La posizione del giardino e, lo si è detto, il clima temperato di cui beneficiava consentivano la fioritura di molte e delicate specie. L’interesse del principe committente verteva soprattutto sulle spezie e le piante medicinali più ricercate, che sarebbero state motivo di vanto nei confronti degli altri prelati e principi tedeschi. Si trattava di un progetto ambizioso in cui far dialogare lo spazio esterno con i locali della struttura che ospitavano una sorprendente Wunderkammer di artificialia; una sorta di stanza delle meraviglie duplicata all’esterno, un’esposizione che fosse luogo d’arte, di conoscenza, di riposo in forma di giardino. E certo si trattò di un allestimento spettacolare.
Una volta completata la messa a dimora delle piante, il giardino copriva un’estensione di un ettaro su otto livelli con terrazzamenti. L’architetto e artista Elias Holl lavorò all’impianto del vivaio progettando un collegamento fisico diretto alla camera delle meraviglie del castello attraverso una “scala botanica”. Dall’altana del castello lo sguardo spaziava sul paesaggio circostante; un’idea di proiezione nello spazio che recava il preciso ricordo dei parchi italiani aperti, ammirati dal vescovo nei viaggi giovanili.
Il lavoro si protrasse per sette anni a fronte di una spesa di 17.920 fiorini. Una squadra di una dozzina di artisti realizzò 367 tavole calcografiche, copiando 1084 piante divise secondo la loro stagionalità. Il ricchissimo vescovo desiderava infatti “fotografare” le piante del suo orto fiabesco dove, a quanto si racconta, fiorivano cinquecento varietà di tulipani. Morì prima che la faraonica opera fosse ultimata; a trarne profitto fu proprio Besler, il curatore, che guadagnò abbastanza da acquistare una casa (pagata cinque volte “il prezzo di copertina” di una copia di lusso del suo librone). Ma non solo, conquistò anche un posto nella tassonomia botanica, come patrono del genere Besleria (circa duecento specie di grandi erbe dal gambo molle originarie per lo più dellAmerica latina).

Il florilegio cartaceo vide la luce nel 1613, dato alle stampe in soli trecento esemplari tutti venduti con il titolo di Hortus Eystettensis, richiamo al luogo dell’impresa, in misura “imperiale”, offrendo cioè ai suoi colti e ricchissimi lettori fiori a grandezza naturale e acquarellati con colori realizzati da elementi di natura. Una trilogia per un peso complessivo di 14 chilogrammi; un esemplare aggiudicato in un’asta di Christie’s per 1.930.500 sterline: ecco alcune delle altre cifre da record dell’Hortus Eystettensis, la versione-libro del giardino delle meraviglie.

La sequenza delle immagini segue, si è detto, le stagioni della fioritura: dalla primavera con ranuncoli e anemoni, giacinti, narcisi e decine di varietà di tulipani, recentemente importati dai giardini orientali; a seguire una superba serie di rose antiche, peonie e iris. Numerose le piante medicinali, come la scilla, l’epatica, l’asparago e la mandragola, della quale si diceva avesse virtù magiche. Per l’estate si fa largo il rigoglio dell’alcea con lilium, gladioli, flos solis (girasole) e, fra le medicinali, valeriana, digitale, camomilla e malva. Fra le aromatiche, il basilico e la salvia. Segue la rassegna colorita e variopinta dei papaveri, dei tagete e dei garofani. L’autunno schiude il fascino delle piante venute dalle nuove Americhe, che tanta curiosità destavano nei giardini del Seicento: le numerose varietà di pomodori, peperoncini e melanzane, tutti usati come ornamento per i loro colori, ma non ancora considerati cibo. E ancora i melocactus, gli aloe, i carciofi e i fichi d’India. L’inverno, che chiude la rassegna, offre gli incanti multicolore dalle varietà di elleboro e di borragine. Ecco come progettare uno spazio può essere un’opera scientifica, di divulgazione, e anche tradursi in un’opera d’arte per chi quello stesso spazio frequenta e per chi ha l’idea geniale di duplicarlo nelle pagine di un libro, facendolo rivivere altrove e viaggiare.

(Di Claudia Ciardi)

 

In copertina:

Cardo (Cynara cardunculus), chiamato anche il carciofo thistle. Da Hortus Eystettensis.

 


 Iris Calcedonica


 

Leucojum flore




Tulipani

 

* Per le rubriche
“Arboreto salvatico” e “Vissi d'arte”

 



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