“Escludere alcuni corpi dalla ricerca medica significa non permettere loro di aver accesso a una diagnosi e quindi a una conseguente possibile terapia”, sono queste le parole che riassumono il lungo sfogo social che nelle ultime ore ha visto protagonista Giorgia Soleri. Nei giorni scorsi l’attivista, affetta da vulvodinia, ha pubblicato una nuova puntata del suo podcast Ignifughe, realizzato e condotto insieme all’amica Federica Fabrizio, in cui ha affrontato il tema della discriminazione di genere nella medicina, in particolare nella sanità pubblica. Basandosi sul suo personale caso e a suo dire su dati, analisi e libri da lei studiati negli anni, Soleri ha fatto alcune dichiarazioni piuttosto forti che hanno suscitato l’indignazione di molti medici e utenti del web.
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Giorgia Soleri medici polemica: “Mi davano della pazza”
Sono più di duecento – per lo più negativi – i commenti presenti sotto al post con cui Giorgia ha annunciato l’uscita della nuova puntata del suo podcast. Tra questi spicca quello di un medico che afferma: “È davvero strano che il ginecologo ti dia dell’ipocondriaca se, al momento dell’anamnesi, riferisci determinati disturbi (è come se un cardiologo considerasse ipocondriaco un paziente con dolore torace)”. Soleri, infatti, nel lungo sfogo pubblicato sulle sue storie Instagram ha dichiarato: “Ho fatto il primo accesso in pronto soccorso che avevo 14 anni, con mestruazioni emorragiche e sintomi come dismenorrea, giramenti di testa, nausea e svenimenti per il dolore. Né in quell’accesso, né in quelli che sono avvenuti nei mesi e negli anni a venire mai che un medico, uomo o donna, abbia creduto a quello che dicevo. Per loro ero ipocondriaca, pazza, esagerata, mi hanno addirittura detto che mi inventavo il dolore perché non volevo fare sesso”.

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L’attivista, inoltre, ha voluto sottolineare la scarsa efficienza della sanità pubblica, affermando di non fidarsi affatto del personale medico sanitario. “Ho la fortuna di avere una ginecologa bravissima, che mi sta portando fuori dalla vulvodinia dopo più di tre anni di diagnosi e terapia, più dieci anni di ritardo diagnostico. Ma si trova a Bergamo”, ha raccontato. Per poi sottolineare lo sforzo economico nel curarsi privatamente: “Andata e ritorno sono circa 200 euro, la visita costa sui 150 e poi devo anche pagarmi almeno due pasti stando via tutto il giorno”. Parole che però hanno infastidito molti utenti che non hanno apprezzato il suo generalizzare: “Vorrei sapere che ospedali abbia frequentato Giorgia Soleri perché mia mamma è stata seguita da oncologi che ringrazia ogni giorno da 4 anni”.
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Giorgia Soleri malattia: quando l’attivismo si trasforma in marketing
Le parole pronunciate da Soleri con il – purtroppo fallito – tentativo di sensibilizzare su tematiche importanti come la discriminazione di genere nella medicina e la scarsa efficienza della sanità pubblica – seppur con un fondo di verità – non convincono. E quando le persone che ti seguono non ti credono, travisano le tue affermazioni ed estremizzano quello che dici allora è un problema: vuol dire che hanno perso la fiducia in te. Forse perché è proprio grazie alla sua malattia che Giorgia ha costruito la sua immagine e il conseguente successo sui social. Ed è proprio grazie alle polemiche che settimanalmente scatena che il suo nome non viene dimenticato. Su Twitter, infatti, c’è chi glielo ricorda: “Generalizzi sulla categoria dei medici come se fossero tutti incapaci, ma intanto hai sempre in bocca “la tua malattia invisibile” che ti garantisce le ospitate in tv“. Oppure perché nei mesi scorsi ha definito “atto politico” concedersi una vacanza ad Ibiza, quando c’è chi quella vacanza non se la può permettere nemmeno in sogno. O forse ancora perché ha affermato fiera di essere la prima donna a calcare il tappeto rosso del Festival di Venezia con le gambe non depilate e poi si è presentata con un vestito tanto lungo da coprirle quasi i piedi. Non c’è molto da stupirsi qui, l’ondata di critiche che nelle ultime ore hanno travolto Giorgia Soleri non è altro la dimostrazione di ciò che accade quando l’attivismo diventa marketing.

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