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Stupro di gruppo a Palermo, i vocali di un indagato: “L’abbiamo ‘ammazzata’ in 7, lei è svenuta più volte”

Nel contesto dello shoccante caso di stupro avvenuto al Foro Italico, emergono dettagli ancora più scioccanti dall’indagine. L’indagato, identificato con le iniziali R.P., che ha compiuto 18 anni poco dopo l’aggressione, sembrerebbe aver trovato divertimento nell’orrore che ha inflitto alla vittima. I messaggi scambiati via chat con un amico testimoniano il suo cinico compiacimento per l’atto terribile commesso.

Nelle conversazioni, R.P. sembra vantarsi e schernire la vittima dell’aggressione, rivelando una mancanza totale di empatia e sensibilità nei confronti dell’atroce atto perpetrato. Tra le parole sconvolgenti scambiate con il suo amico, spiccano frasi come: “Cumpà l’ammazzammu, ficimu un macello, minchia in siette! N’addivertemmu, ti giuro a me patri, troppi cianchi!“. Questi messaggi non solo mostrano il suo disprezzo per la vittima, ma rivelano anche un atteggiamento spietato e privo di rimorsi.

L’aggravante nella storia è che R.P., non solo ha partecipato allo Stupro di gruppo, ma ha anche affermato di aver aiutato la vittima, un’affermazione che gli inquirenti non hanno trovato riscontri. Questa contraddizione ha spinto la Procura a chiedere un rafforzamento della misura cautelare nei confronti dell’indagato.

Cumpà l’ammazzammu, ti giuro a me matri, l’ammazzammu, ti giuro a me frati, sviniu… Sviniu chiossai di na vota… Ti giuro, ava muoriri, me frati… Na fic… sette, u vo capiri? Mi fici lassari u contatto, a chista mancu a canuscievo io, a pigghiaru l’amici mia e iemmu a fic…, minchia siette, mamà…! Non m’a firassi cu sette masculi, cumpà ficimu un macello, n’addivertemmu, ti giuro a me patri, troppi cianchi!

L’amico che riceve questi vocali non sembra d’accordo e risponde dicendo: “Minchia, però lariu è accussì!“, ma l’indagato non retrocedeva di un passo, addirittura rideva: “Ahahah, troppo forte invece!

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La Procura ha effettuato approfondimenti investigativi sia sui social media che sul video dello stupro, oltre a esaminare il cellulare di R.P. Questi ulteriori accertamenti hanno evidenziato la discrepanza tra la confessione resa inizialmente e quanto emerso dalle prove raccolte. Il giudice ha stabilito che la confessione potrebbe essere stata fatta al solo scopo di ottenere la scarcerazione, e non rappresenta necessariamente la verità dei fatti.

I dettagli emergenti dalle chat sono inquietanti, con R.P. che descrive con cruda volgarità gli eventi legati all’aggressione. I suoi messaggi rivolti all’amico delineano una sequenza spaventosa di eventi, insieme a un commento sprezzante sulla reazione della vittima. Nonostante il disgusto dell’amico per le sue parole, R.P. sembra divertirsi e ride della situazione.

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In un quadro già di per sé terribile, questi nuovi dettagli gettano ancora più luce su quanto accaduto e suscitano rabbia e sconcerto nell’opinione pubblica. Il caso continua a evolversi mentre la Procura cerca di fare chiarezza su tutti gli aspetti dell’aggressione e dei suoi responsabili.

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