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I costi ambientali dell’agricoltura

Ci siamo chiesti “quanto costa davvero ciò che mangio?” e abbiamo analizzato i Costi economici e Ambientali che sostengono i piccoli produttori locali. Ci siamo concentrati sui piccoli, quelli che per dimensioni ridotte, capitale minore, gestione familiare o comunque a mo’ di piccola impresa, non possono (o forse non vogliono) ambire al mercato della GDO ma vogliono ovviamente raggiungere il consumatore con i propri prodotti, proponendo qualità e stagionalità. Ebbene purtroppo dobbiamo sottolineare che l’agricoltura ha anche dei grossi Costi Ambientali.

Quali sono i costi ambientali dell’agricoltura?

L’attività agricola assume un ruolo centrale nelle riflessioni inerenti la sostenibilità ambientale; basti ricordare che all’inizio del nuovo millennio oltre il 40% della popolazione doveva la propria sussistenza ad agricoltura, caccia, pesca o selvicoltura.Passando dalla sfera sociale a quella ambientale, appare interessante vedere quali sono gli impatti ambientali di agricoltura, allevamento, trasporto e consumo.

C’è agricoltura e agricoltura…

Se svolta con pratiche tradizionali l’agricoltura produce derrate agricole di qualità e al contempo beni pubblici in forma di esternalità positive – come il controllo dell’erosione e dei deflussi idrici, la tutela della biodiversità, il mantenimento del paesaggio rurale, etc.; al contrario le pratiche agricole intensive causano sul sistema ambientale effetti negativi quali inquinamento di suolo, acqua, aria attraverso l’uso di pesticidi e fertilizzanti di sintesi, perdita di biodiversità, erosione del territorio, etc..

All’agricoltura è legato il 70% dell’uso complessivo dell’acqua, il 38% dell’uso della terra e il 19% delle emissioni di gas serra. Inoltre il suo impatto crescerà a causa dell’aumento della popolazione mondiale e della tendenza ad un maggior consumo di prodotti animali.

E c’è allevamento e allevamento…

Proprio l’allevamento è responsabile da solo a circa il 18% delle emissioni di gas serra: il 37% del metano, il 9% dell’anidride carbonica e il 65% dell’ossido d’azoto. L’allevamento “intensivo” al chiuso favorisce fenomeni di eutrofizzazione con la conseguente riduzione di biodiversità e perdita di risorse idriche a causa della concentrazione eccessiva delle deiezioni animali. Inoltre oltre la metà dei raccolti planetari è destinata al nutrimento degli animali da allevamento – basti pensare che per produrre 1kg di carne sono necessari 15kg di cereali. Infine si stima che il 20% delle terre destinate ai pascoli siano degradate, soprattutto nelle aree più aride.

Trasporti e destinazioni…

I trasporti via aerea hanno un impatto sull’ambiente 80 volte maggiore rispetto al trasporto via nave e 300 volte superiore rispetto all’impatto di una produzione locale. Se quindi vi è sicuramente da rinnovare un impegno nel controllare la provenienza di un bene, non è da trascurarsi neppure la “destinazione”! Infatti una grande parte dei prodotti che le famiglie italiane acquistano sono destinati ad essere buttati nel cassonetto: secondo un’indagine ADOC 2009 sui consumi alimentari delle famiglie e sugli sprechi nel 2009 si è registrato uno spreco di circa il 9% della spesa effettuata pari a 515,00 euro! Secondo altre stime in Italia ogni anno si buttano circa 20 milioni di cibo nella spazzatura, cifre da capogiro se si pensa che 3 italiani su 4 potrebbero essere sfamati solo con questi rifiuti!

Soluzioni dal basso

Sebbene tutte le tematiche brevemente affrontate siano caratterizzate da un’ampia complessità e, se vogliamo, da una dimensione sovranazionale, non è da sottovalutare il ruolo che ciascuno di noi può avere nell’effettuare scelte diverse e orientare l’offerta (la produzione) in base alle proprie preferenze. Il discorso, che suona troppo spesso come stereotipato e con fondamenti esclusivamente etico-morali ha una natura prettamente pragmatica, in quanto i maggiori gruppi di produzione-distribuzione prestano naturalmente grande attenzione alle preferenze dei consumatori.

Perché il sistema sia cambiato dal basso è fondamentale accrescere la consapevolezza del consumatore, il quale deve prendere coscienza che le scelte d’acquisto agiscono sul proprio benessere, su quello della comunità di appartenenza, sulle problematiche socio-ambientali a livello locale e globale.

Cercare una soluzione ad un sistema ritenuto imperfetto implica necessariamente mettere in discussione gli elementi sociali e culturali che hanno legittimato la costituzione del sistema stesso. Ci permettiamo in questo senso di proporre come parziale soluzione i principi della “decrescita” Latouchiana, da intendersi nei termini di

un rinnovato interesse all’aumento della qualità della vita piuttosto che alla quantità di beni e servizi fruibili.

(dal manualetto GAS e ACQUISTI VERDI con CISL. Diamo voce a una “nuova” economia locale… a partire dalle esperienze sul campo – un progetto realizzato da CISL Toscana ed Ecologia&Lavoro, a cura di Tessa Ercoli e Samuele Becattini di Contesti e Cambiamenti, grazie al finanziamento regionale Go Green, novembre 2010)

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