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Principi inderogabili o obiettivi praticabili?

(continua… da A volte bisogna un po’ mollare… )

L’altro giorno ripensavo ad un’esperienza professionale per me molto bella sotto molti aspetti.

Avevamo creato un sistema animato dalla passione: il Sistema Toscano di Educazione Ambientale.

Una sorta di miraggio fino a qualche tempo prima, impensabile oggi, purtroppo.

La Direzione generale Ambiente e la Direzione generale Istruzione della Regione Toscana dialogavano e si coordinavano e lavoravano insieme, in maniera integrata, coordinata, definendo politiche regionali condivise e finalizzando le risorse economiche disponibili verso un progetto comune; il tutto con il supporto di Arpat.

Non so se è chiaro (!!!):

3 componenti pubbliche in totale allineamento! Non ognuno per contro proprio ma tutti insieme per uno scopo comune: far crescere l’educazione ambientale in Toscana, anzi l’educazione alla sostenibilità.

Ho imparato tantissimo. Ho lavorato in team. Ho vissuto una mia evoluzione personale – oltre che una crescita professionale – che ha inciso anche sul mio modo di interpretare il mio ruolo lavorativo all’interno di quella squadra così appassionata.
Abbiamo finanziato progetti educativi di qualità e fatta tanta formazione ai formatori. Emozionante. Motivante.
Poi tutto è finito. Distrutto. Smembrato.
Il Sistema è stato annientato, le strutture disgregate, le persone – competenti, affiatate, motivate – sono state divise e incaricate di svolgere lavori di tutt’altro genere. Cosa a mio avviso incomprensibile che purtroppo si ripete continuamente nel Pubblico. Non si capisce a quale scopo.

Perché è successo? Meglio Principi Inderogabili o obiettivi praticabili??

Abbiamo dato la colpa alla ottusità della classe dirigente e politica. Ma a distanza di tempo mi sono risentita nella testa le parole che mi diceva il mio dirigente – che in qualche modo, seppur non troppo convinto, era dalla nostra parte. Allora non capivo, credevo che fosse lui a non capire, ma ci stava dando un suggerimento e noi, io per prima, non lo abbiamo saputo cogliere, ostinati come eravamo nel voler perseguire il nostro obiettivo senza compromessi. Avremmo dovuto tradurre i nostri sanissimi e giustissimi principi (etici, quindi non traducibili in termini economici né necessariamente di consenso) in numeri: far percepire a chi era sopra di noi (direttori, assessori), che ci avrebbe dovuto poi continuare a sostenere, quali erano i vantaggi concreti che eravamo in grado di realizzare. Avremmo dovuto forse essere più politici anche noi, più commerciali, al solo scopo di poter dialogare, di farci comprendere da chi aveva il potere, la facoltà di farci proseguire nella nostra purissima ed elevatissima opera…

Non abbiamo capito. 

Troppo presi dai criteri qualitativi che dovevano rispettare i progetti educativi (che alla fine peraltro comportavano un enorme lavoro non retribuito ai poveri educatori, sottraendo loro troppe energie), attaccati alle nostre rigidità, non abbiamo voluto mollare su niente, abbiamo continuato a pensare che erano gli altri (i decisori) a non capire.

E infatti loro non hanno compreso il valore sociale del nostro lavoro,

l’importanza di investire sull’educazione alla sostenibilità – che è un’educazione tout court se ci pensiamo bene –, sulla coesione sociale, sulla partecipazione, come crescita della comunità, evoluzione del pensiero, diffusione di valori che sono alla base del ben-essere.
Io, come certamente le persone con cui ho lavorato, sono fermamente convinta sulla bontà di quel pensiero.

Ma ne sono uscita perdente.

PS … quindi torno lì, a volte bisogna un po’ mollare… bisogna avere pazienza, accogliere i piccoli risultati, raggiunti con fatica, e continuare a preparare il terreno – culturale – per una crescita più consapevole e diffusa. Per non rischiare di rimanere soli a remare contro tutti, che forse non ha molto senso!

PS 1 però mi piange il cuore se ripenso a quante belle cose abbiamo fatto, a tutta la formazione per i formatori, a quanta profondità nei nostri corsi, a quanta speranza… insomma che bel lavoro! Mi basti ricordare la Carta toscana dell’Educazione Ambientale per la Sostenibilità: una sintesi di valori, principi, auspici per un futuro migliore.

Cominciava così: punto 1) Cultura di rispetto. L’Educazione Ambientale promuove una cultura di rispetto e dicura per il mondo di cui siamo parte, che ci è dato in uso e non in proprietà: rispetto per gli altri, per la diversità biologica e culturale, per l’ambiente naturale e costruito e per le relazioni che lo caratterizzano, per le popolazioni e le loro culture, per coloro che abiteranno la Terra dopo di noi, per i loro diritti.

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