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Case a fossa riutilizzate per oltre 1.000 anni durante l’Età della Pietra

Quando si pensa agli esseri umani dell’Età della Pietra si tende ad immaginarli seminudi, intenti a costruire armi di selce di fronte ad un fuoco da campo e riparati dalle pareti di roccia di una caverna. La verità è che gli uomini del tempo erano spesso simili a noi in tutto e per tutto: indossavano abiti complessi, avevano rituali sociali e religiosi articolati e vivevano in tende, capanne di legno o case di terra (case a fossa) che tendevano a mantenere e a riutilizzare anche per un intero millennio.

L’archeologo norvegese Silje Fretheim del Dipartimento di Archeologia e Storia Culturale alla Norwegian University of Science and Technology ha scoperto che molti rifugi e case del Mesolitico, spesso realizzate con legna e strati isolanti di terra, sono stati abitati per oltre 1.000 anni con intervalli di 40-50 anni prima del loro riutilizzo. “Pochi edifici esistenti sono sopravvissuti per 1.000 anni. L’utilizzo per un tempo così lungo ci dice che c’era una ragione valida per mantenere queste abitazioni” spiega Fretheim.

Il Mesolitico norvegese durò per quasi 5.500 anni: la Norvegia era inizialmente abitata da clan di cacciatori-raccoglitori nomadi che nell’arco dei secoli diventarono sempre più sedentari, passando da tende in pelle d’animale ad abitazioni più permanenti. “Ho figli che vanno a scuola e ho scoperto che la maggior parte degli istituti insegna ancora che i popoli dell’Età della Pietra vivevano nelle caverne. Non lo facevano” afferma Fretheim.

Sito archeologico e “cerchio da tenda” presso Mohalsen, Norvegia, risalente a circa 10.000 anni fa. Photo: Hein B. Bjerck

L’archeologo e il suo team hanno analizzato 150 siti risalenti al Mesolitico, molti dei quali straordinariamente ben conservati per via del clima nordeuropeo. “In altre parti del mondo, i resti di case dell’ Età della Pietra e le tracce lasciate dai loro abitanti sono sepolti sotto i campi coltivati moderni, o si trovano sott’acqua perché il terreno vicino alla costa affondò dopo l’ultima era glaciale. In Norvegia comunque” continua il ricercatore, “i resti del Mesolitico sono in ottimo stato perché le aree attorno alla costa si sono invece sollevate dopo la scomparsa del ghiaccio. Un’altra ragione è il fatto che l’agricoltura in Norvegia è stata meno intensiva e non ha coperto le tracce dell’Età della Pietra”.

I rifugi del Mesolitico più mobili come le tende hanno lasciato quelli che vengono definiti “anelli da tenda”, anelli di pietre posizionati attorno alle pelli animali del rifucio per evitare che svolazzassero al vento. Queste aree tendono a contenere anche una discreta concentrazione di rifiuti e artefatti prodotti dalle attività umane. “L’area di questi ripari ricoprivano una superficie dai 5 ai 10 metri quadrati, elemento che potrebbe indicare che i nuclei familiari si spostassero assieme alle loro tende” spiega Fretheim.

9.500 anni fa iniziò tuttavia una rivoluzione nelle soluzioni abitative: con il ritiro progressivo dei ghiacci le case si fanno più grandi e permanenti e le tende vengono gradualmente sostituite da quelle che vengono definite “case a fossa”, abitazioni scavate nel terreno con le pareti ricoperte da terra che diventarono il principale tipo di casa utilizzato durante il Neolitico nordeuropeo. “Diverse famiglie vivevano assieme o forse diversi team di caccia condividevano le stesse case” sostiene Fretheim.

Le case a fossa erano una soluzione abitativa di nuova concezione (che ha esempi in ogni parte del mondo) che forniva nuove possibilità:

  • Il telaio poteva essere realizzato con qualunque materiale di recupero, dal legno alle ossa di mammut;
  • Le pareti ricoperte di terra fornivano un’ottimo isolamento termico durante l’inverno e mantenevano il fresco in estate;
  • Le dimensioni superiori a quelle di una tenda (spesso hanno un diametro superiore ai 3,5 metri) consentivano di ospitare diverse persone e una discreta quantità di oggetti d’uso quotidiano;
  • Potevano essere utilizzate anche per conservare alcuni alimenti (erano il classico “luogo fresco e asciutto”) o per svolgere cerimonie e rituali;
  • Il focolare interno permetteva di svolgere molte attività quotidiane all’interno, lontano dal gelo esterno;
  • Anche se meno trasportabili di una tenda, erano relativamente veloci da costruire e semplici da manutenere.

Secondo l’archeologo, man mano che il clima e il livello dei mari si stabilizzavano e che la foresta occupava la superficie ricoperta in precedenza dal ghiaccio, i cacciatori-raccoglitori dell’epoca iniziarono a localizzare le zone che ospitavano le migliori risorse alimentari o di materiali, riducendo la necessità di lunghi inseguimenti delle prede o estenuanti appostamenti per la pesca.
Gli abitanti della regione iniziarono ad insediarsi sempre più stabilmente in aree ricche di selvaggina e fonti alimentari spontanee, creando la necessità di abitazioni permanenti e riutilizzabili anche a distanza di decadi.
“Gli oggetti fisici creati dall’essere umano continuano ad avere effetti sulle persone e sui paesaggi anche dopo molto tempo. Le case a fossa furono le prime tracce visibili lasciate sul paesaggio per cui la gente le riconosceva e sceglieva di ricostruire in questi siti invece che occuparne di nuovi. Le persone diventarono sempre più sedentarie e connesse a quelle che a loro sembravano ottime località in cui trascorrere la loro vita”.

Houses reused for over 1000 years during Stone Age



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