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David Bowie - MAMbo Bologna.La scienza della forma

Ho recentemente visitato la mostra su David Bowie al MAMBO di Bologna. Al di là dell'aspetto musicale, dei costumi di scena, delle trasformazioni sociali e di costume che Bowie ha incarnato o innescato, la componente più inaspettata della mostra riguarda la parte di studio e di elaborazione dei contenuti. Meno nota del resto, la personale e meticolosa cura del dettaglio (come i bozzetti per le scenografie e gli appunti presi su fogli di quaderno e più volte rimaneggiati) è la novità più sorprendente.

Emerge una figura metodica e scrupolosa, che realizza le proprie opere dopo una lunga fase di lavoro, piuttosto lontana dall'immaginario collettivo del genio creatore sempre irrazionale e intuitivo, che confonde l’intuizione con la realizzazione e la stesura con l’esecuzione.

I costumi sono abbastanza impressionanti perché differenti nella realtà dalla loro versione video, che falsifica e allontana.

Le reti applicate a mano su tute nere, avveniristiche o archeotecnologiche, da vicino lasciano trasparire il loro aspetto artigianale e sartoriale da pezzo unico, realizzato a mano, che sa sempre di prototipo e di modello. Altro aspetto notevole è lo studio della Die Brücke e del teatro d'avanguardia degli anni Venti, a dimostrazione che la sperimentazione e l'innovazione non nascono improvvisamente, per colpo di fortuna, ma che sono frutto di lavoro continuo e di studio e che elaborano ed assorbono per capillarità culturale le avanguardie precedenti.  

Sono disponibili per il visitatore anche i simboli più noti: il cucchiaino per la cocaina, gli abiti da sera femminili e le parrucche.

Si corre il rischio, a volte, di accettare l’operazione semplificatoria che associa i disturbi del comportamento all’innovazione (che è in effetti una caratteristica ricorrente, se si pensa alla pedofilia di Adolf Loos, all'incesto di Schiele, alla dozzina di figli illegittimi di Klimt, o alla cocaina di Bowie), o l’organizzazione schematica che prevede che per produrre arte siano sufficienti assoluta mancanza di ripulsa emotiva e associazione di più aspetti culturali, cioè puro eclettismo.

Il quadro d'insieme della mostra passa invece dalla normale accettazione di procedure stabilite, che sfociano spesso in una lettura di questo tipo (frammenti nevrotici – mancanza di barriere emotive - eclettismo), a una visione più estesa.

Evitare di limitare la lettura al singolo campionario di elementi: somma di maschile e femminile, istanze di cambiamento e fenomenologia sociale, consente di individuare la dimensione complessiva dell'opera di Bowie come scienza della forma. La forma come aspetto visibile dello spirito che la anima, cioè il riflesso della sua essenza. Arte che in questo caso è essenzialmente trasformazione: un movimento circolare che raccoglie ogni cosa nel suo centro.

“Siamo immersi in mezzi potentissimi per scrivere, sentire, vedere, ma quando ci innamoriamo, soffriamo, o vogliamo consolare un amico, risentiamo l'indigenza di non riuscire a dire se non la superficie delle cose della vita. È la moltiplicazione delle Parole, cifra tipica del nostro tempo, che amplifica la loro stanchezza. Ecco perché quando si è dentro lo spacco tra due civiltà -e noi lì siamo- la prima operazione fondamentale da compiere consiste nel far dire cose nuove e vive alle vecchie parole, e trovarne di nuove per dire ciò che appare indicibile perché inedito”.1)

1) La foresta e l'albero. Dieci parole per un'economia umana, di Luigino Bruni .



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