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Pale Blue Dot, il nostro pianeta visto da lontano, o forse da molto vicino

Pale Blue Dot, il Nostro Pianeta Visto da lontano, o forse da molto vicino
Fermata Spettacolo

Siamo davvero impotenti di fronte a Quello Che Sta accadendo al nostro pianeta? O siamo addirittura fautori della triste situazione in cui versa?

È Questo quello che ci viene chiesto più volte, sia direttamente che indirettamente, dall’autore ed unico attore di Pale Blue Dot, Andrea Brunello (alias “Mike”), laureato in Fisica e Matematica presso la Cornell University di New York, con un Ph.D. in Fisica ed ex ricercatore, che ha deciso di sviluppare questo progetto con la Compagnia Arditodesio per coniugare arte e scienza e sensibilizzare sul problema ambientale.

La scena si presenta con innumerevoli telecamere, tra le quali si possono scorgere dei particolari interessanti e non casuali, come una rosa bianca ed una medicina (di cui poi capiremo il motivo), e con Mike, vestito da astronauta e pronto a raccontare la storia della sua famiglia, la quale si intreccia puntualmente con la storia del Voyager e con una serie di nozioni scientifiche che ci portano a comprendere meglio la portata del problema. Nel far questo, è aiutato da Major Tom, un robottino che dialoga con Mike e che lo supporta nella sua impresa, mentre per tutto il tempo ci scruta con uno sguardo serafico ma indagatore.

Noi siamo come gli ebrei del ghetto di Varsavia il giorno prima della deportazione”.
“Noi abbiamo le chiavi per le porte della conoscenza, ma ci fermiamo appena prima di aprirle”.

Sono queste alcune delle frasi che Mike, durante il suo appassionato monologo, ci rivolge, anzi, che rivolge alla serie di telecamere messe lì per riprendere il suo ultimo messaggio, da diffondere poi al mondo, così come venne fatto con il Disco d’oro, messo sulle sonde gemelle Voyager e destinato a far conoscere i “suoni” della razza umana alle forme di vita aliena che ne sarebbero potute venire in possesso.

Infatti Mike racconta la sua storia, quella di una famiglia “disfunzionale”, in cui il padre, ingegnere delle telecomunicazioni alla NASA, ha sempre lo sguardo rivolto all’insù e non si occupa della moglie e dei due figli, troppo impegnato com’è a seguire gli sviluppi e le ambizioni del progetto Voyager; questo fino a quando non si rende conto che l’attenzione va drammaticamente spostata dallo spazio alla Terra, la quale sta subendo un rapido tracollo e presto potrebbe dover essere abbandonata dai suoi abitanti. Mike riguardo a suo padre parla di “depressione da devastazione ambientale”, che non è altro che la lucida comprensione della portata di quello che sta succedendo, e che lo porterà al suicidio.

La storia poi continua e si intreccia con una serie di “vittorie” per quanto riguarda la conoscenza e la comprensione dello spazio, ma a cui corrispondono, ci si rende ben presto conto, una serie di “sconfitte” relative al nostro pianeta: aumento della temperatura, buco dell’ozono, ipersfruttamento delle risorse naturali, ecc…

Mike questo ce lo fa capire bene, fornendo anche dei dati scientifici ben precisi e contestualizzandoli, ovvero facendoli percepire al pubblico non come meri numeri ma come un aiuto per comprendere e per reagire, per non rimanere inerti ma neanche per cadere nella più buia disperazione, come accade per esempio a suo padre.

Infatti è inutile fare come lui, ovvero percepire l’immensa vastità del problema, sentirsi minuscoli ed impotenti e decidere di farla finita, mentre è più utile prenderne coscienza, capire che non si è impotenti e riuscire finalmente ad aprire e varcare quelle Porte Della Conoscenza di cui abbiamo le chiavi, senza farsi fermare da interessi economici o politici.

La bravura di Andrea Brunello nel “passare” questo messaggio è eccelsa. Riesce a portarci dalla parte della scienza, molto spesso vista come un arcano, e a farci capire che è quella l’unica via che ci potrà permettere di continuare a vivere su questo pianeta, perchè è vero che l’uomo si è affermato come razza predominante, ma questo non vuol dire che non si debba preoccupare delle altre “razze” e dell’ambiente stesso, per interrompere il processo di autodistruzione che è in corso.

Nel far questo, Andrea si è avvalso della collaborazione e della regia di Christian Di Domenico, più conosciuto come attore, ma che si sta distinguendo come regista, prediligendo temi “impegnati” (si ricorda “La mia storia con Padre Pino Puglisi ucciso dalla mafia”), che insieme alla compagnia Arditodesio è riuscito a creare uno spettacolo coinvolgente e non banale, unendo arte e scienza e dando a quest’ultima un volto umano.

Non a caso, “Pale Blue Dot” ha vinto il Premio Nuova_Scena.tn 2015 del Teatro stabile di Bolzano, e viene rappresentato in vari teatri, spesso con un pubblico composto da studenti. La speranza e l’augurio però è che non venga proposto solo alle scuole, confinandolo a semplice integrazione della didattica, bensì che abbia un più ampio raggio, ovvero che venga preso come un prezioso avviso, riuscendo a raggiungere qualsiasi persona capace di coglierne il messaggio.

Perchè, come dice Mike “se la scienza ha ragione…siamo fottuti!”.

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