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L’impossibile arte dell’ubiquità

L’impossibile arte dell’ubiquità
Fermata Spettacolo

Che sia difficile, se non impossibile, stare con due piedi in una staffa o, peggio ancora, in una scarpa, è risaputo e ce lo dimostra “Taxi a due piazze” un classico della commedia brillante, creato da Ray Cooney e rimasto in scena senza interruzione fino al 1992, divenuto popolare in Italia con Johnny Dorelli nella versione di Garinei e Giovannini, e poi con suo figlio, Gianluca Guidi, prima diretto da Gigi Proietti e poi regista lui stesso (dal 2005), come nella attuale versione messa in scena al Teatro Marconi di Roma.

Il titolo originale (“Run for your wife”) spiega magnificamente, sintetizzando in quattro parole,  la trama della storia: Il protagonista è il taxista Mario Rossi, un uomo dal nome più banale dell’universo, l’aspetto sostanzialmente ordinario,  con un lavoro comune ed una vita dannatamente semplice: bella casa, Moglie innamorata, abitudini consolidate, una vita apparentemente tranquilla se non fosse per il fatto  che Mario l’ha moltiplicata per due! 

Vive infatti con la moglie Carla a piazza Risorgimento e con la moglie Barbara a piazza Irnerio. Grazie ai turni del suo lavoro e ad una pianificazione perfetta di orari e spostamenti (meticolosamente appuntati con sigle ed acronimi), riesce a soddisfare entrambe e tutto scorre felicemente e serenamente, con le due donne totalmente ignare l’una dell’altra. Però, a causa di un banale colpo alla testa, il tassista viene ricoverato in ospedale e, quando gli vengono chieste le generalità, fornisce due indirizzi di residenza diversi, e lì inizia la “tragedia”…. Per proteggere la sua bigamia fa credere il suo vicino gay, sua moglie una suora e l’altra moglie un travestito, ovviamente  con un susseguirsi di buffe bugie, coincidenze, scambi di identità, brillanti trovate nel tentativo grottesco e forsennato di nascondere la verità in un crescendo inarrestabile e incalzante  che porterà a un finale spiazzante. I continui  ed esilaranti equivoci si aggrovigliano, senza creare tensione nell’attesa che si scopra la verità e quando la rivelazione di tutte le bugie che il protagonista si è dovuto inventare pur di salvaguardare sé stesso diventa improrogabile, questa diventa un’esplosione di ilarità.

Lo Spettacolo Deve Gran parte del suo successo all’affiatamento ed alla bravura del cast: Il tassista ha il volto di un sicuro Gianluca Guidi, il quale non solo ha ormai conquistato un tale feeling col pubblico che basta la sua entrata in scena per attirare gli applausi, ma anche la sua performance trasuda divertimento, così come quella degli altri attori; a cominciare da Giampiero Ingrassia che veste i panni di Walter Fattore, sfaccendato ed ignaro vicino di casa che, saputa la verità dell’amico, regge il gioco a Mario esibendo fandonie a ripetizione e si ritroverà, suo malgrado, complice e protagonista di situazioni davvero comiche e imbarazzanti. 

Ad affiancarli un valido cast, capeggiato da Renato Cortesi, voce storica del doppiaggio, che interpreta un brigadiere dal divertente accento barese che investiga su questo strano caso; le bravissime Silvia Delfino (Carla) e Francesca Nerozzi (Barbara) sono le due mogli, donne diverse, ma entrambe affascinanti e ignare vittime della situazione, Riccardo Bocci è l’ispettore precisino e ligio al dovere che svolge le indagini sull’aggressione al taxista; infine il divertente Piero Di Blasio, l’inquilino gay ed invadente del piano di sopra, coinvolto senza volerlo nella vicenda.

Lo spettacolo Deve Gran Parte del suo successo all’affiatamento e alla bravura del cast, il divertimento è assicurato e le risate garantite, perché  in scena ci sono due mattatori d’eccezione, come Gianluca Guidi e Giampiero Ingrassia, che salgono sul palco con la volontà di  divertire e divertirsi, scherzando direttamente col pubblico attraverso ammiccamenti e parodie degli stessi atteggiamenti paradossali di alcune figure per rendere ancor più tragicomiche situazioni già di per sé comiche e dove le battute si rincorrono senza soluzione di continuità e senza cedimenti, strappando sorrisi ed applausi.

Non ci sono particolari intenti morali o motivazioni a riflettere, se non  il consiglio a tenere sempre bel presente che il diavolo insegna a fare le pentole, ma non i coperchi…

L’impossibile arte dell’ubiquità
Fermata Spettacolo



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