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Le belle notti del ’68

Le Belle Notti del ’68
Fermata Spettacolo

Per chi ha vissuto il Sessantotto Le belle notti è un vero e proprio tuffo nostalgico nel passato….non manca proprio nulla di quegli anni: oltre al famoso ciclomotore Ciao ed ai pantaloni a zampa d’elefante c’è, appunto, il luogo dove si svolge l’azione, il noto liceo romano Dante Alighieri che è stato occupato, ci sono i celerini che circondano l’istituto pronti ad intervenire con caschi e scudi e c’è un gruppo di studenti animati da un forte desiderio di cambiamento e rinnovamento. E’ il 12 dicembre 1969, primo giorno di occupazione, e bisogna organizzare tutto per filo e per segno, quindi gli studenti si dividono i compiti: chi fa la guardia , chi cucina per tutti, (anche se hanno a disposizione solo pacchi di pasta e casse di pelati e di pesche sciroppate), chi fa maldestramente col ciclostile le copie dei volantini  da distribuire, chi si occupa controvoglia della pulizia dei bagni, ma c’è anche qualche “disimpegnato” che strimpella la chitarra o  fa gabbiani con la cartapesta. Il tutto scandito dalla musica di quegli anni (Jim Morrison, Nomadi, Shel Shapiro e i suoi Roks, Lucio Battisti) e dalle citazioni di Mao Tze Tung e  Che Guevara.

L’occupazione è vissuta in modo diverso dai singoli personaggi: qualcuno ci crede di più, altri all’inizio lo fanno solo per sentirsi anticonformisti; ognuno partecipa al movimento studentesco in base alla propria storia personale e alla propria estrazione sociale: c’è il figlio dell’idraulico, il figlio dell’onorevole, la  femminista, l’artista….ecco allora venir fuori le  ansie, le paure, le incertezze, gli slanci, gli innamoramenti, misti all’euforia impavida e crescente per l’atto “rivoluzionario” di ribellione che stanno compiendo e che li vede eroici protagonisti, eppure la forte volontà di crescita collettiva e di conoscenza riesce a cementare il gruppo a dispetto delle incomprensioni e dei piccoli litigi.

Ma sul finire della prima parte  della rappresentazione, attraverso un televisore di fortuna, arriva una notizia drammatica: la strage di Piazza Fontana e su uno schermo scorrono, accompagnate dalle note di “Let it be”, le tragiche immagini che hanno sconvolto un pezzo della nostra storia.

La seconda parte si apre con la stessa scuola occupata, 32 anni dopo, dai figli di quegli stessi studenti sessantottini, ma la scena è completamente diversa, perché la società  è profondamente cambiata: i giovani appaiono meno ribelli ed indipendenti, incapaci di vivere senza il Loro telefonino, angosciati da genitori fin troppo “presenti” (madri che telefonano continuamente) o completamente assenti; se gli idoli dei padri erano i calciatori e la partita di pallone, i figli come idoli, invece, hanno la televisione ed il mondo dello spettacolo; così due generazioni  vengono messe a confronto, entrambe vissute in due periodi diversi, il primo caratterizzato dall’anticonformismo, il secondo dall’omologazione e, in mezzo, tanti ideali che sono sfumati miseramente, traditi dal sistema economico finanziario, dalla globalizzazione, da sconvolgimenti storici più o meno importanti. I giovani sono diventati insicuri, fragili, figli di quei genitori che, ironia della sorte, hanno abbandonato i loro sogni di cambiamento e che spesso si sono “venduti al sistema”, non hanno più nulla di rivoluzionario  e, se nel ’69 intonavano (con bella voce, peraltro!) la canzone di Carlos Puebla “Hasta siempre comandante” facendone un inno programmatico, negli anni Duemila preferiscono scaricare le loro ansie ballando al ritmo della musica techno, con abiti all’ultima moda.

Nella commedia, scritta nel 2007 da Gianni Clementi, non c’è assolutamente una critica o svalutazione, perché egli guarda ai suoi personaggi con affetto e tenerezza, rappresentando la giovinezza,  quella particolare stagione della vita, spontanea, appassionata, e prorompente, caratterizzata nel bene e nel male e al di là di tutto, da una purezza di fondo che a mano a mano si perde nell’età adulta. Padri e figli sono accomunati e meno distanti perché entrambi,  crescendo, hanno perso gli ideali di gioventù, ma soprattutto perché restano simili le emozioni, i sogni, i sentimenti e le immancabili belle notti, fatte di momenti irripetibili ed unici, che sono solo “nostri” e perciò sono indimenticabili; ed è proprio in queste situazioni personali (se non intime) che il pubblico, giovane e meno giovane, si potrà ritrovare e riconoscere con un pizzico di rimpianto e nostalgia, ma anche con un sorriso.

I 17 giovani attori, tra i quali diversi figli d’arte, che compongono il cast, diretto da Claudio Boccaccini, sono uno spettacolo nello spettacolo e riempiono la scena con la loro energia, il loro linguaggio “colorito” e la loro vitalità, sono sicuri, brillanti e strappano indistintamente risate ed applausi; fra tutti una menzione speciale spetta al toscanissimo Sergio Andrei, alla volitiva  Maria Chiara Di Mitri, al simpatico Filippo Laganà (Amedeo), al portentoso sbruffone Federico Lepera (Luca), al cuoco pasticcione Luca Paniconi, al divertente figlio di papà Paolo Roca Rey (Corrado), al bravissimo leader del liceo Filippo Tirabassi (Simone),alla espressiva Diana Zagarella (Francesca); completano il cast Grace Ambrose, Lucia Clementi, Federica Di Lodovico, Benedetta Fasano, Leonardo Ghini, Eugenia Iorio, Francesco Sarmiento, Tiziano Scrocca, Camilla Tedeschi.

Lo spettacolo è piacevolissimo, fa sorridere, sia i giovanissimi di oggi, ma anche chi ha vissuto il  ‘68, e nello stesso tempo fa riflettere sul ruolo dei genitori, e degli adulti in generale, sull’importanza della famiglia e della scuola, delle scelte singole e collettive, e lo fa con garbo, senza giudicare, puntando sulla coralità dell’azione.

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