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Una Merda d’artista tricolore

Una Merda d’artista tricolore
Fermata Spettacolo

Il corpo nudo di una donna, di spalle, seduta su di un alto sgabello nero, affiora sul palco discinto, separato solo dall’invisibilità della quarta parete. Cristian Ceresoli sceglie un approccio diretto con la carne, tanto per mettere a proprio agio lo spettatore, che di quella piena nudità si scorderà ben presto, catturato dal volto e dalla voce di Silvia Gallerano, nell’accensione del suo monologo: La Merda.

«Mi fa schifo, ma io mi abituo»

Considerando come la Cultura (non) viene gestita nel nostro Paese, non c’è da stupirsi e da scandalizzarsi, se degli artisti con delle idee, ma ancora sconosciuti, debbano percorrere un cammino controcorrente, andando a cercar fortuna all’estero; una scelta forzata, sempre più un dovere, e non solo in campo teatrale. Per presentare l’opera, quale miglior luogo d’approdo del Fringe Festival di Edimburgo, dove per natura non escludono nessuno ed ogni giorno è costellato da migliaia di spettacoli in centinaia di location: un paradiso per gli amanti del teatro, in una nazione (la Scozia) dove i bambini, già da sei anni respirano teatro e mettono su piccole compagnie teatrali (anziché squadrette di pallone).

L’altra faccia della medaglia ci dice che riuscire ad emergere dal groviglio culturale del Fringe non è cosa facile. Durante il periodo del festival la gran parte dei giornali e magazine sono colmi di recensioni e interviste di spettacoli, e il critico teatrale è ancora un mestiere in voga(!). Il suo giudizio può determinare un successo o un insuccesso, e in molti tornano a casa con le ossa fracassate da critiche feroci. Uscire da questo tritacarne con un premio in mano può significare molto, un trampolino di lancio per un’intera carriera.

Così è stato per La Merda, che dal 2012, anno del trionfo al Fringe, con il premio Fringe First Award 2012 non ha mai smesso di girare e che continua a ricevere riconoscimenti in mezzo mondo, registrando sold out ad ogni replica. Come è avvenuto anche al ritorno, a distanza di un anno, a Firenze, al Teatro Puccini.

La partitura teatrale di Cristian Ceresoli è un flusso di coscienza al femminile sul contemporaneo, un affresco del nostro tempo, con i suoi disgustanti squallori messi a nudo. Ne La Merda i poli opposti di farsa e tragedia si intersecano innescando una comicità singhiozzante, intestinale, che travalica verso un rabbioso capolinea. Ceresoli ha confezionato un ottimo testo, dal suono musicale, con immagini che tornano tra un quadro e l’altro, creando connessioni e caricando la vicenda di humor graffiante. Sfortunatamente a volte, la voglia di insolenza e di dar fastidio, sfocia nell’eccesso e nel cattivo gusto, come quando chiede con brutalità se “gli handicappati possono avere figli?”. Una gelida caduta di stile in una prosa originale e frizzante che si poteva francamente evitare.

Quando la diga interiore di Silvia si infrange, il suo urlo fagocita tutto ciò che ostacola il cammino verso il successo. Un obiettivo da raggiungere ad ogni costo, indotto da un’immagine di bellezza stereotipata, che i media, e il potere dei mezzi di comunicazione di massa, utilizzano per fini commerciali. Il corpo della donna, da “oscuro oggetto del desiderio” bunueliano, diventa solo un ammasso di carne siliconata da mostrare in vetrina e da imporre come standard di cortigianeria televisiva. La modifica del corpo è solo il primo scalino di una discesa vorticosa e dannatamente scellerata.

«Il sesso maschile, è la nostra bandiera!»

Oltre alla storia umana, i veri protagonisti dello spettacolo sono parole e voce. Uno stream of consciousness che dal mezzo busto della carne stringe sul volto in primo piano, per terminare in dettagli sulla bocca dell’attrice, come in un evocativo Non io beckettiano.

La situazione statica e il testo pongono Silvia Gallerano di fronte ad una prova d’attrice che supera con slancio dall’alto del suo sgabello. Camaleontica, intensa, estrema, muta il suo mantello invisibile da scimmiottante ragazza insicura in cerca di fama, a iena famelica, bramosa di squartare la preda. Vestita di sole parole tinteggia il testo di accurata ironia e comicità, cambiando di continuo registro vocale e con un uso della maschera che attinge dalla grande Franca Valeri.

Un monologo senza mezze misura, travolgente, irriverente, in perfetto stile Fringe, che pur generando una merda d’artista tricolore, emana il fetore dell’epoca contemporanea oltre confine.

«Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta…»

Una Merda d’artista tricolore
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