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Sonia Bergamasco omaggia con “Il ballo” Irene Nèmirovsky

Sonia Bergamasco omaggia con “Il ballo” Irene Nèmirovsky
Fermata Spettacolo

Sonia Bergamasco, già vincitrice nel 2014 del Premio Eleonora Duse, porta in scena Il ballo di Irene Nèmirovsky. In lei la recitazione trova oggi la sua Musa più elevata, confermandosi la “signora delle scene” italiane. Sul palco o in tv, o al cinema, la sua bravura non teme obiettivi, buca i dispositivi, ti arriva al cuore. E, qui, emoziona, fa piangere, soffrire ma pure partecipare di una rivincita, quella di una figlia sulla propria madre, che viene “umiliata” nel suo punto più debole: la vanità. Avvolta dal buio, indossando un elegante vestito bianco, Sonia Bergamasco è completamente sola, eppure riesce a “popolare” quel vuoto intorno, con la sola voce da cui prendono vita tante voci. Tanti personaggi in una sola persona ed ogni volta sai bene ed intuisci chi parla e chi provoca, chi dialoga o soffre, in questo caso la dolce figlia Antoinette di Rosine, una piccola borghese arricchita, che fa dell’immagine il proprio “must” esistenziale. La prima, fragile e bisognevole di affetto, la seconda, spavalda, sicura di sé che vive pavoneggiandosi, vuole conquistare e mantenere quel posto nella società che secondo lei le spetta (fatemi posto, sono qui!). Un contesto familiare in cui il gioco delle parti fa emergere stigmi lontani. Madre, marito e figlia si trasferiscono nella nuova casa. E’ il momento che tutti sappiano della notizia e quale occasione migliore se non un “ballo”? E che festa sia allora, ma senza la figlia 14enne, che viene così esclusa per decisione materna. Il suo compito sarà solamente di trascrivere gli indirizzi passatigli da Rosine.

Un racconto di scena ideato ed interpretato da Sonia Bergamasco, liberamente ispirato a “Il ballo” di Irene Nèmirovsky (per approfondimenti, leggi la recensione del film da cui fu tratto un altro splendido lavoro della scrittrice ucraina: “Suite francese”). Irène Némirovsky, di religione ebraica, poi convertitasi al cattolicesimo, fu arrestata il 13 luglio 1942, morta ad Auschwitz a soli 39 anni.

Una storia struggente, quella che fino al 31 gennaio prossimo si potrà vedere al Teatro “Il Vascello” di Roma, appassionante, che solo Sonia Bergamasco avrebbe potuto interpretare per quel dono di natura vocale che si ritrova, essere tanti pur essendo una. Una narrato infatti con cinque voci essenziali: la madre, la figlia, il padre, l’istitutrice e la vecchia cugina. “E’ la presa di coscienza del rispecchiamento umano e feroce di due donne, madre e figlia – spiega Bergamasco – E’ l’arma di vendetta di una scrittrice che sempre, in ogni sua opera, ricorda e non perdona. La scrittura come arma, scoperta molto presto da Irene, proprio contro quella famiglia, quella madre che non aveva saputo amarla”. Fu la stessa scrittrice ad annotare che : “un’infanzia infelice è come un corpo insepolto, geme in eterno”.

In quel buio di scena vedrete tanti specchi coperti, che ogni volta sono un dialogo o un personaggio, che riflettono disamore, rabbia, illusione, conflitti interiori. Vibrano nei pori della pelle quelle note su cui balla la splendida attrice, dalla carnagione chiarissima e dalle labbra sensuali. Le note del valzer viennese creano il sesto personaggio del racconto, fanno sognare la madre che potrà dare il sognato schiaffo alla società e parenti ed alla figlia, che più di tutti avrebbe voluto essere invitata. Il ballo in sé è felice, ma qui, è dai contorni pericolosamente psicologici, un’arma tra il proprio io ed il mondo per la madre, il passaggio per la figlia da Biancaneve al mondo degli adulti. Ci fosse l’Oscar del teatro italiano, quest’attrice dai capelli aurei ed il fisico da Dea dell’Olimpo greco lo avrebbe vinto. Davanti a lei non ci sono rivali in scena. E’ il connubio tra arte ed eccellenza, la perfezione e la bellezza raffinata.

L’abbiamo vista nella serie tv di Rai Fiction “Una grande famiglia” ed è la nuova Livia nel commissario Montalbano. Al cinema è dal 1 gennaio nel film campione di incassi della stagione, “Quo Vado?” Dove interpreta l’inflessibile dottoressa Sirioni che tenta in ogni modo di far firmare le dimissioni all’impiegato Zalone, amante del “posto fisso”. Prima ancora è stata indimenticabile nel film Rai tv (2005) su Alcide De Gasperi (accanto al consorte) e poi come perla rossa nel film di Franco Battiato “Musikanten”. Una filmografia che il tempo allungherà ulteriormente…

Per il debutto romano c’erano in prima fila il marito Fabrizio Gifuni, altro “asso” del cinema e del teatro italiano, e le figlie Maria e Valeria. A loro è andato il bacio dell’attrice quando al termine del monologo ha ricevuto la calorosa standing ovation di un pubblico oltremodo entusiasta. Dalla platea si “balla” emotivamente con l’indiscussa protagonista della pièce. Per questo, tenetevi forte per la scena in cui danza sulle musiche del valzer viennese di Strauss mentre avvolta dal buio si muove in un intrigante telo di plastica.

Il magico disegno di luci è di Cesare Accetta, la scena è di Barbara Petrecca, costume Giovanna Buzzi. Una produzione Teatro Franco Parenti (diretto da Andrèe Ruth Shammah) e Sonia Bergamasco.

Le prossime date, dopo la capitale, saranno al Teatro Franco Parenti di Milano (dal 9 febbraio al 6 marzo 2016) ed il 10 e 11 marzo al Teatro delle Briciole di Parma.

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