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Sensei: il giudicatore ingiudicabile, che nasce prima e muore prima

Come ormai pure Wikipedia racconta, "SENSEI" non si traduce letteralmente con "maestro"... ma come "colui/colei che è nato/a (oppure) è arrivato/a PRIMA"...

Dalle nostre parti poi, questo termine non solo indica "il Maestro", ma pure uno di quelli dei quali nutrire un certo rispetto... e non ho nulla in contrario a tutto ciò.

Bisogna tuttavia avere chiaro alcune caratteristiche di questa carismatica ed enigmatica figura, per comprenderla a fondo ed evitare di mitizzarla eccessivamente.

Dunque iniziamo dall'inizio...

Uno prima è un principiante, inizia a frequentare un corso di Arti Marziali, diciamo l'Aikido per rimanere a casa nostra (ma questo discorso si può applicare a qualsiasi tipo di "corso")... ci passa numerosi anni all'interno...

Ogni tanto da un esame, cambia il proprio livello...

E, mediamente dopo qualche decade, è diventato così bravo da poter aprire un corso a sua volta... nel quale però si farà chiamare "Sensei", in effetti perché "è nato (marzialmente parlando) prima" di coloro che andranno poi a frequentare il suo corso.

Ecco: no, le cose non dovrebbero andare esattamente così... anche se poi di fatto spesso lo fanno!

Sensei è un termine ONORIFICO, ovvero che ti danno gli altri: è come dire "Signor/Signora", o i termini giapponesi "San" e "Sama".

Se mi presento, dico: "Piacere, sono Marco"... non dico: "Piacere, sono il SIGNOR Marco", oppure "Marco SAN", "Marco SAMA"... o, peggio ancora "Marco SENSEI"! Sembrerei uno sbruffone spaziale, uno che se la tira peggio di una fionda: devono essere gli altri ad attribuirmi onore e rispetto, non posso darmelo da solo (almeno nei titoli che utilizzo per descrivermi).

Il "Sensei", con la storia che è "nato prima", ad un certo punto si sente in diritto di adottare tutta una serie di decisioni che rispettano il proprio sentire ed onorano la sua esperienza: per esempio diventa il "sovrano illuminato" di un Dojo e può pretendere che tutti rispettino le sue volontà e che queste non siano mai messe in discussione dai praticanti suoi allievi, che prendono lezioni da lui.

La sua esperienza gli consente di capre chi è pronto a sostenere gli esami e chi invece no; al momento dei test poi, egli giudica i suoi allievi, e determina chi sarà promosso e chi invece sarà respinto... 

Lui fa sempre le tecniche divinamente, quindi indica ai suoi allievi dove sbagliano e dove possono ancora migliorare.

Ma lui può ancora migliorare?
É in grado, cioè, di essere l'esempio di ciò che richiede costantemente ai suoi allievi di fare?

C'è ancora qualcosa che un Sensei può ancora imparare?
Nell'immaginario collettivo NO, lui è arrivato al culmine della sapienza e della crescita... mentre nella realtà invece capita ben altro...

Il Sensei è un essere umano, come tutti gli altri: mangia, beve, lavora, dorme, fa pipì e popo...

Sbaglia ancora anche lui, può crescere ed evolversi... e se non sa come continuare a farlo, è fregato di brutto!

Sarà pure "nato prima", ma non è ancora morto, e fin che non si muore si può crescere, fare esperienza ed utilizzarla per migliorarci, almeno questo è ciò che un Sensei dovrebbe fare innanzi tutto per se stesso e quindi per i propri allievi... se veramente desidera sentirsi tale.

E qui iniziano i paradossi: come fa un Sensei a continuare ad imparare?

Deve continuare ad essere a sua volta un allievo di qualcun altro, o - almeno - deve continuare a coltivare la mentalità del principiante, ovvero quello che nella tradizione si chiama "shoshin" [初心].

Questo termine utilizza lo stesso kanji iniziale del più noto termine "shodan" [初段], che noi di solito traduciamo come "cintura nera"... a dimostrazione che quest'ultima è il grado del novizio, del principiante... e non della maestria, un po' come si sarebbe portati a credere dalle nostre parti.

Quindi se una cintura nera è un principiante, possiamo comprendere come un Sensei possa essere - a sua volta - ancora un allievo, o no?

... "Allievo" di un Sensei di rango superiore al suo, oppure facente parte di un gruppo nei quali ci sono Senpai in grado di dargli supporto e consiglio a pro della sua continua crescita...

Al limite egli deve essere in grado di specchiarsi da solo in ciò che fa, e da ciò apprendere, auto-correggersi e migliorare.

La trappola dell'ego però è dietro l'angolo... "Se non sono più obbligato a sottopormi al giudizio di qualcun altro, perché dovrei volontariamente andare a rischiare di essere corretto, redarguito... oppure consigliato?"

Ho un tatami sul quale "la legge sono io"... che è l'equivalente di dire "posseggo una posizione privilegiata" nella community che frequento: cerco di non perdere "la priorità acquisita", altro che lavorare per continuare a meritarmela!!!

Tanto più che se qualcuno non è d'accordo con me, posso sempre sbatterlo fuori dal Dojo... perché la sua immaturità gli impedisce di comprendere quanto sono eccelso, illuminato e buddico...

E così il Sensei che è nato prima, può anche morire prima dei suoi allievi: defunge perché si auto-sottrae al processo - che magari a fatto per anni - ma che chiede agli altri di continuare a fare... anche quando lui tira i suoi remi in barca.

Somiglia un po' alla pubblicità anni '80 di Luisa Shihan, "che inizia prima, finisce prima... e di solito non pulisce il water"! Una sorta di politico, di quelli che di solito ci fanno parecchio schifo, che si accaparra una poltrona e poi spende tutto il resto della sua vita nel cercare di rimanerci incollato sopra.



Come si riconosce quindi un Sensei che è al suo posto perché è ANCORA un ALLIEVO in qualche misura, da uno che invece pontifica dall'alto del suo "regno"?

Molto semplice: il primo tipo di persona CAMBIA nel tempo, il secondo tipo invece cerca di annacquare il brodo che offre perché gli duri più a lungo possibile... e cerca però di non darlo a vedere, così che gli allievi non si accorgano di nulla di sospetto nelle sue attività.

Il primo tipo di persona, quindi, può continuare a rimanere una persona autentica, di certo sempre più consapevole dei propri limiti, e proprio per questo desideroso di provare a superarli... mentre il secondo tipo di persona DEVE per forza ricorrere a dinamiche di tipo manipolatorio, per non perdere "il posto". E questo distinguo non è banale, attenzione.

Il Sensei autentico SI METTE spesso fuori dalla propria comfort zone, perché è quello l'unico luogo nel quale la crescita può avvenire... ad esempio va a frequentare (come allievo) lezioni e seminari condotti da ALTRI Sensei, così da continuare ad allenarsi per se stesso e continuare a ricevere stimoli, di tipo più ampio e vario possibile.

Il Sensei fake insegna SOLO più: lui crede di non avere più bisogno che qualcuno gli faccia da specchio, e non evolve nemmeno specchiandosi da solo, poiché ritiene essere giunto alle vette della perfezione.

Quest'ultimo trend malato non si trova solo a gradi molto elevati (che ricordo NON essere per nulla sinonimo di bravura, come ho scritto QUI), ma anche relativamente più in basso, dal momento in cui abbiamo accettato che una cintura nera sia considerato un ESPERTO anziché un PRINCIPIANTE.

Tradizionalmente, si poteva iniziare ad insegnare al raggiungimento del grado minimo di [参段] sandan ("terzo dan"), che corrisponde alla qualifica di "Fuku Shidoin" ("Assistente Istruttore"); fra il 4º ed il 5º dan si può essere [指導員] "Shidoin" ("Istruttore")... e dal 6º dan in poi riconosciuti con la qualifica di [師範] "Shihan" ("Istruttore anziano").. ma non è solo una questione di esperienza lunga e di patacche.

Come ben sappiamo, una persona può avere fiumi di esperienza della quale non è riuscita a ricavare un granché, oppure può avere qualche santo in paradiso che gli fa pervenire le pergamene a mandorla con sopra scritto qualsiasi forma di onorificenza. Non è da questi elementi purtroppo che si può realmente riconoscere un Sensei...

Lo si può comprendere solo frequentandolo e valutandone il comportamento, di solito nel periodo medio lungo... e la quantità di coerenza che si percepisce fra cosa dice, cosa fa e come si atteggia.

Io appartengo a questa pericolosa categoria di persone difficilmente inquadrabili una volta per tutte: che magari iniziano bene e poi si siedono sugli allori... e devo ammettere che non è sempre facile essere all'altezza delle aspettative proprie e dei propri allievi.

Siamo appunto esseri umani, con difetti e limiti... e che fanno pipì e popò.

Beh, tuttavia, per paradosso è proprio questa imperfezione a poterci donare credibilità, ogni volta che l'accettiamo e la utilizziamo per poter fare la differenza... poiché ci mette nella condizione di non smettere di imparare, come l'ultima delle cinture bianche della fila prima o dopo il saluto.

"Sensei" è un termine importante per me, proprio perché non ho mai chiesto o preteso che qualcuno lo utilizzasse per indicarmi: ad un certo punto è semplicemente successo spontaneamente... a suggerirmi che forse ero sulla Via migliore per me stesso.

Se un giorno le persone smettessero di chiamarmi così, mi potrò dire nuovamente molto fortunato: saprò che sto deviando dalla mia Via... e quindi avrò nuovamente l'opportunità di aggiustare il tiro e di cercare ciò che ho smarrito.

Non ho intenzione di "morire prima"... lo farò poi volentieri più in là, quando sarà biologicamente ora.


Marco Rubatto







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