
L’età media dei responsabili dei corsi si è attualmente abbassata rispetto ad un tempo ed il Sensei d’Aikido spesso risulta essere talvolta una persona più giovane dei suoi stessi allievi.
Nella cultura patriarcale giapponese (e non) il Sensei era (ed è?) un istituzione semi-sacra, alla quale guardare con rispetto, riverenza… ed dalla quale ricevere poca confidenza proprio in virtù del suo ruolo di prestigio.

Oggi non è più così: si inizia ad insegnare prima (cioè anche senza possedere per forza un’esperienza ciclopica, discuteremo altrove se ciò sia un bene o un male) e spesso l’insegnamento risulta più orizzontale, cioè in un atmosfera meno austera di un tempo, nella quale gli allievi eseguono ciò che il Sensei indica loro perché ne hanno voglia, anziché perché non possono fare altrimenti.

Da una società Aikidoistica estremamente piramidale, con il Maestro al suo vertice… spesso ora assistiamo ad un notevole appiattimento gerarchico e ad una sensazione di “amicizia” quasi indistinta che lega i singoli praticanti fra loro, così come al proprio Insegnante.
Poi nei gruppi si finisce spesso al pub o in pizzeria, dopo l’allenamento, e li i ruoli del Dojo subiscono un ulteriore mischiata (ma questo anche ad Iwama - giusto per citare un luogo un tempo austero - ed anche ora!), nella quale se il Maestro scherzosamente ti tira una pacca sulla spalla, tu gliene puoi tirare una indietro, dicendo “e non fare io cretino!”

Questo era proprio la questione che spesso ci puntualizzavano diversi Insegnanti (ma anche allievi): le loro domande erano tutte del tipo… “Ma già che dopo un po’ di pratica ci si conosce meglio anche a livello personale, ci si impara a stimare e ci si vuole anche bene, fino a che punto possiamo diventare amici dei nostri allievi (del nostro Sensei)?".
Questione interessante, che abbiamo avuto la fortuna di confrontare con veri e propri “esperti” del settore, per via della loro professione e per l’incredibile esperienza nell’argomento.

L’amicizia è un rapporto molto speciale, c’è chi dice che sia uno dei sentimenti più forti che siamo in grado di provare, proprio perché è perfettamente “orizzontale”… ossia ciascuna delle sue parti NON è per nulla legata da vincoli al prosieguo della relazione di amicizia, ma proprio in virtù di essa, sceglie di rinnovarla perché semplicemente “le va di farlo”.

Nell’affermare ciò, sembra di perdere qualcosa di umano, ma non è per nulla così.
Nei rapporti di cui sopra “una parte” (quella scritta con la lettera minuscola) va a cercare l’altra parte per facilitare dentro a sé un percorso… che la parte con la lettera maiuscola si impegna a supportare.
Questo percorso non è per nulla facile (altrimenti non si cercherebbe aiuto esterno!), perché richiede di affrontare anche momenti di crisi notevoli, e di esplorare percorsi che non è per nulla detto che piaceranno di primo acchito. Magari tutto ciò risulterà semplicemente utile al raggiungimento del fine che ci eravamo prefissi con noi stessi, anche tramite il nostro “trainer”.

È per un “bene” ulteriore e più importante di chi ha chiesto loro aiuto… e che vorrebbe forse fare tutta la strada in modo comodo. L'Insegnante, il Maestro, lo Psicoterapeuta, etc, non fa quello che VUOLE, fa quello che DEVE... perché ha scelto quel ruolo e se ne assume la completa responsabilità nei confronti delle persone che lo frequentano.

Un Maestro può essere anche un amico, ma un amico non è detto che sia un Maestro.
L'amico ha l'esperienza che ha... che potrebbe essere maggiore o minore della nostra nel campo in cui gli chiediamo supporto.
Il Maestro invece DEVE avere un'esperienza maggiore della nostra per essere considerato tale, ciò significa che la sua prospettiva dovrebbe essere necessariamente più lungimirante e saggia. DEVE essere in grado di indicare un percorso...

Il Sensei è li per farci dare il massimo, per tirarcelo fuori con le pinze se dovessimo dimostrarci pigri: l'amico si dispiacerebbe se non lo facessimo... ma non ha obblighi di fare nulla.
Capite bene che quindi diventare amici del proprio Maestro, dei propri allievi, è qualcosa di umanamente molto comprensibile... l'utilizzare questa vicinanza umana per "accorciare" le fatiche del proprio percorso però è qualcosa da evitare come la peste!

L'allievo NON è una proprietà dell'Insegnate: quanto sarebbe meschino utilizzare la propria posizione per fare richieste "amichevolmente" ritenute lecite?
L'allievo che si rivolge al suo amico-Maestro in modo troppo confidenziale su un tatami è come se volesse "sospendere" momentaneamente i ruoli che li distinguono in virtù del loro legame personale... e solitamente questo avviene per uno sconto o una concessione che invece andrebbe meritata e sudata con impegno e grazie ad azioni specifiche e significative.

Questo è un tipico esempio di "sbrago", nel quale cerchiamo di mettere insieme a forza due contesti importanti (quello conviviale e quello dell'Aikido), ma che fra loro possono anche non essere sempre e continuativamente attinenti.
Allora significa che un Maestro non deve MAI concedere confidenza ai propri allievi?
NON stiamo dicendo questo: stiamo affermando che starà all'intelligenza delle persone far si che ciascuno non approfitti del legame che ci lega al prossimo quando calziamo un ruolo preciso nei suoi confronti (poco importa quale esso sia).

... senza escludere che la vicinanza umana diventi anche qualcosa di più intimo e profondo (che è di per sé qualcosa di estremamente positivo!), nella consapevolezza e capacità di disgiungere le due cose, se la situazione lo rendesse necessario.
Diciamo che quando tutti hanno chiaro il proprio "margine di manovra", diventa assolutamente auspicabile che un "ruolo" evolva in qualcosa di più umano... ma questa allora sarà amicizia autentica, e non l'ennesimo sentimento usa-e-getta, destinato a non fare un'autentica differenza.

uno sguardo sull'Aikido