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La “pax americana” come strumento di egemonia: la lezione di Woodrow Wilson


Di Giuseppe Gagliano

Sia Teodoro Roosevelt che Woodrow Wilson intesero la causa della democrazia e della pace come il trionfo su scala planetaria del modello costituito dalla dottrina Monroe : intesero la pace e la democrazia come la possibilità da parte di Washington di imporre il proprio potere a livello internazionale.

In questo contesto non deve destare alcuna sorpresa il fatto come sottolinea Domenico Losurdo nel saggio “Un mondo Senza guerre. L’idea di pace dalle promesse del passato alle tragedie del presente“ (Carocci 2016) che venisse legittimato e inasprito al tempo stesso il dominio neocoloniale per il quale gli abitanti dell’America latina in quanto estranei alla razza bianca e di sangue misto e ibrido erano considerati membri di una razza più vicina alla quella delle bestie feroci e al selvaggio che non all’uomo civilizzato.

Proprio in omaggio alla pace mondiale il presidente americano acquistava le isole Vergini dalla Danimarca, si annetteva Portorico, rafforzava il controllo su Cuba e Haiti e trasformava il mare dei Caraibi in un vero e proprio lago americano ribadendo la legittimità della dottrina Monroe attraverso la forza delle armi come dimostra l’occupazione militare della Repubblica domenicana e l’uso della legge marziale.

Per quanto riguarda la tolleranza nei confronti della diversità razziale il presidente Wilson nel gennaio del 1910 disprezzava i neri perché li considerava eccitati da una libertà che non comprendono, perché li considerava insolenti e aggressivi, sfaticati e avidi di piacere. In linea di massima, secondo il presidente americano, l’improvvisa e assoluta emancipazione dei neri doveva essere considerata una catastrofe. In definitiva il presidente americano difendeva la supremazia bianca che legittimò sia livello nazionale che a livello internazionale.Infatti è cosa poco nota il fatto che Wilson,a conclusione della Guerra, si oppose al tentativo delle delegazioni giapponese e cinese di fare inserire nello statuto della società delle nazioni una clausola che prevedeva il principio dell’uguaglianza razziale.

Per conseguire questo obiettivo ottenne l’appoggio del Sudafrica segregazionista e razzista oltre che dell’Australia e della Nuova Zelanda nazioni interamente dominate dai coloni bianchi che avevano conseguito il loro potere attraverso l’annientamento dei nativi. Ma esiste un’altra importantissima testimonianza che lo studioso italiano riporta nel saggio(pag.231): ”quando la guerra sarà finita, li potremmo sottoporre al nostro modo di pensare per il fatto che essi, tra le altre cose, saranno finanziariamente nelle nostre mani“. Quanto alla immaginifica visione del capitalismo offerta da Schumpeter e da Von Mises lo studioso italiano formula un commento assai ironico: il primo autore sorvola sul fatto che gli Usa difensori della libertà e del commercio avevano posto in essere lo smembramento del Messico, avevano utilizzato ripetuti interventi militari in America Latina, avevano fatto uso della repressione con cui Washington aveva represso il movimento delle Filippine; per quanto riguarda invece l’economista Von Mises lo studioso italiano, non senza ironia, sottolinea che affermare che la causa dello sradicamento della guerra potesse essere il commercio significa dimenticare non solo le guerre dell’oppio ma anche le guerre coloniali dell’impero britannico,guerre che paradossalmente Von Mises legittima sottolineando che le popolazioni selvagge delle colonie dovevano essere considerate bestie dannose.Peace and love.Passiamo alla Storia Contemporanea.

Grazie alla guerra del Kosovo gli Stati Uniti non solo ebbero la possibilità di realizzare l’imponente infrastruttura militare di Camp Bondsteel ma soprattutto con la guerra in Kosovo misero alla prova la felice intuizione Geopolitica del consigliere per la sicurezza nazionale Brzezinski . Al contrario le riflessioni di Noberto Bobbio e di Jürgen Habermas hanno una evidente astrattezza filosofica. Addirittura il sociologo tedesco sostenne che questa guerra avrebbe consentito la transizione dalla classica politica di potenza ad un ordinamento cosmopolitico. Quando si dice che gli intellettuali vivono in una realtà autoreferenziale… Ma ancora più ironici, se possibile, sono i commenti relativi a due intellettuali considerati solitamente di estrema sinistra e cioè Antonio Negri e Michael Hardt . La guerra in Kosovo non sarebbe stata un’azione tipica dell’imperialismo americano volta a tutelare gli interessi degli americani ma sarebbe stata finalizzata a tutelare i diritti umani.

Non solo: addirittura la globalizzazione avrebbe ormai consentito il conseguimento della pace perpetua e universale. Non desta alcuna sorpresa il fatto che gli autori criticano il colonialismo europeo ma non quello americano come dimostra il fatto che il presidente Wilson viene celebrato come colui che promosse un ideologia pacifista a livello internazionale assai lontana dunque dall’ideologia imperialista di matrice europea. Come allora non sottoscrivere il commento ironico di Losurdo quando afferma che il presidente Wilson nelle parole dei due intellettuali era diventato miracolosamente un campione della pace proprio lui che aveva promosso la partecipazione degli Stati Uniti alla prima guerra mondiale, proprio lui che aveva promosso una lunga serie di guerre coloniali cioè di interventi militari in America Latina?

FONTE: https://osservatorioglobalizzazione.it/osservatorio/la-pax-americana-come-strumento-di-egemonia-la-lezione-di-woodrow-wilson/



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