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La Nato e la difesa comune europea: perché lo scontro è inevitabile


Di Valerio Chiapparino

Luglio 2025. Il neoeletto presidente americano nella sua prima visita in Europa pronuncia al vertice dell’Alleanza atlantica di Amsterdam un discorso anticipato dai media qualche ora prima e che fa subito il giro del mondo. “Il nostro impegno a Difesa dell’Ucraina e la permanenza nella Nato non hanno più ragione d’essere. A settembre non rinnoveremo i pacchetti d’aiuti in favore di Kiev. Questa non è mai stata la guerra dell’America. Come ho detto ai presidenti Zelensky e Putin, è arrivato il momento di firmare la pace e di cominciare a ricostruire. Amici europei, la difesa del Vecchio Continente adesso è nelle vostre mani”.

La spaccatura negli Stati Uniti

Quello che avete appena letto non è un esercizio irrealistico di fantapolitica. In apparenza, il fronte Nato alla vigilia del vertice che si terrà a Vilnius in Lituania appare saldo nel suo sostegno all’Ucraina contro l’aggressione russa. A ben guardare, però, le crepe che potrebbero portare ad una pericolosa spaccatura in seno all’Alleanza tra America ed Europa sono già ben visibili.

L’accordo che ha sospeso il tetto del debito, siglato a giugno dal presidente Joe Biden, ha stabilito dei limiti di spesa che legano le mani a Kevin McCarthy, lo speaker repubblicano della Camera. Gli Stati Uniti hanno già approvato numerosi finanziamenti destinati ad aiuti militari e umanitari a Kiev ma alcuni esponenti dei partiti democratico e repubblicano hanno già fatto sapere che la prossima richiesta di finanziamenti sarà inferiore alle precedenti. All’interno del partito dell’asinello, i democratici progressisti manifestano la loro frustrazione denunciando come sino ad ora gli aiuti a Kiev non siano stati ridotti, a differenza di quanto successo ai finanziamenti per l’istruzione, all’assistenza alimentare e alla casa. Nel partito rivale lo scisma è invece tra i difensori dell’America first, i quali vorrebbero tra le altre cose destinare più fondi a protezione del confine con il Messico, e i conservatori tradizionalisti sostenitori della lotta a difesa della democrazia occidentale e di organizzazioni come la Nato.

I timori per l’America

Il dibattito americano non è sfuggito alle cancellerie sull’altra sponda dell’Atlantico e, in particolare, al presidente francese Emmanuel Macron che guarda con preoccupazione alle prossime elezioni americane del 2024 riconoscendone un fattore di rischio per il futuro dell’Alleanza. Il peggiore dei mondi possibili per l’attuale inquilino dell’Eliseo coincide con la vittoria di un presidente “isolazionista” – al momento i favoriti nel partito repubblicano sono i populisti Donald Trump e Ron DeSantis – ma anche la riconferma di Joe Biden con il Congresso in mano ai repubblicani non rassicura del tutto. L’apprensione di Macron è emersa ancora una volta nel suo discorso pronunciato a maggio alla conferenza Globsec di Bratislava in cui ha riconosciuto che la Nato non è più un’istituzione “cerebralmente morta”, come aveva invece dichiarato nel 2019, e che Vladimir Putin “l’ha risvegliata con un elettroshock”. Allo stesso tempo però, dopo aver riconosciuto il ruolo cruciale giocato dagli Stati Uniti in favore della sicurezza europea, il presidente francese ha esortato il Vecchio Continente ad elevarsi a partner “adulto” ribadendo il concetto di autonomia strategica, da lui spesso enunciato. Sottintesa nelle parole di Macron è l’esigenza di rafforzare il pilastro europeo dell’Alleanza attraverso la spinta all’innovazione dell’industria tecnologica e della difesa, l’implementazione di capacità militari operative europee e l’adozione di una visione strategica di lungo termine rappresentativa degli interessi di Bruxelles.

Per la verità, Macron sembra oggi trovare interlocutori attenti non solo tra i partners europei ma anche presso le istituzioni comunitarie. Per l’Unione europea, complici la presidenza Trump che ha messo in discussione la permanenza degli Stati Uniti nella Nato, il ritiro disastroso americano dall’Afghanistan e soprattutto lo scoppio della guerra in Ucraina, non è più possibile rimandare il dibattito sull’autonomia del Vecchio Continente. Un’iniziativa importante in questa direzione è arrivata nel marzo 2022 con l’approvazione da parte del Consiglio europeo dello Strategic compass che prevede la creazione di un’unità composta da 5000 militari e invita i 27 stati membri ad aumentare il budget della difesa.

Se Bruxelles ha dimostrato di essere d’accordo nel voler sposare la teoria dell’autonomia strategica, nella realtà però tra i nodi da sciogliere spicca la dipendenza nei confronti dell’industria militare americana. Al momento la metà della spesa effettuata dai paesi europei per la difesa finisce per favorire i fornitori americani. Nonostante, infatti, la rilevante produzione dei caccia francesi Rafale, dei carri armati tedeschi Leopard e dei sistemi di difesa aerei polacchi Piorun, molti paesi europei continuano ad acquistare massicciamente armi dalle aziende americane Lockheed Martin, Raytheon e General Dynamics land systems. L’acquisto di missili anticarro Javelin, carri armati Abrams, caccia F-16 e F-35 mostra i limiti almeno per il momento nella capacità europea di essere autosufficiente nella produzione militare.

È per questo motivo che nei giorni scorsi l’Unione europea ha voluto rimuovere un ostacolo rilevante per la realizzazione di un sistema di difesa comune europea dando il via libera all’istituzione di un nuovo strumento per gli appalti comuni nell’industria di questo settore (Edirpa). Il fondo potrà contare su un bilancio di 300 milioni di euro fino al 2025 e permetterà agli stati membri di velocizzare gli acquisti in comune di armi e munizioni e, secondo la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, “ci porterà più vicini all’Unione della difesa”. Nella stessa direzione andrebbe anche l’approvazione da parte di Bruxelles della legge a sostegno della produzione di munizioni (Asap) con uno stanziamento di 500 milioni di euro. L’obiettivo è quello di rafforzare la capacità produttiva non solo al fine di garantire un maggiore sostegno all’Ucraina ma anche per ricostituire le scorte europee.

L’Unione europea, con una guerra alle porte, si presenta dunque al vertice di Vilnius con l’impegno a far sentire il suo peso crescente sia all’interno della Nato sia come gigante economico con aspirazioni da potenza militare globale. La strada intrapresa è ancora lunga e i ritardi da colmare non sono trascurabili ma a Bruxelles, e non solo, l’auspicio è che nei prossimi anni la difesa del Vecchio Continente possa dipendere più dal voto degli elettori del Baden-Württemberg che da quelli del Wisconsin.

FONTE: https://it.insideover.com/difesa/la-nato-e-la-difesa-comune-europea-perche-lo-scontro-e-inevitabile.html



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