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E.G.O. Come parlare e ridere della morte con Lorenzo Balducci

E.G.O. Come parlare e ridere della Morte con Lorenzo Balducci
Fermata Spettacolo

La morte è da sempre argomento tabù, sul quale per ragioni anche culturali, facciamo fatica a ridere. Da qualche anno tuttavia il black humor anglosassone ha iniziato lentamente a pervaderci, travalicando i confini britannici e raggiungendo pure i nostri palchi. Soprattutto nell’ambito della stand-up comedy, ma di recente pure nell’advertising irresistibile del gruppo Taffo. Ridere sì, ma parlarne anche in modo dissacrante e intelligente non è cosa da tutti. Mariano Lamberti con la sua penna divertente e coltissima, ci riesce alla perfezione con E.G.O. – Extreme Game Over, in scena al Teatro Sannazzaro di Napoli dal 22 al 24 marzo.

Protagonista della pièce il one-man-show Lorenzo Balducci che, con la sua verve ironica e presenza scenica di marca, risucchia il pubblico dentro l’universo narrativo di EGO, dove fra citazioni letterarie raffinatissime e lipsync dal trash italiano, tutto riporta al terrore tragicomico dell’invecchiamento dei corpi. Facciamo di tutto per combatterlo, portando indietro posticciamente nella plastica le lancette del nostro orologio biologico, perfino con interventi di ringiovanimento delle parti intime, di cui pare il Belpaese detenga uno dei suoi più assurdi primati. Ma perché questo naturale deperimento preludio della fine più fine che riusciamo a immaginare ci fa tanto paura?

Forse proprio perché non ne parliamo abbastanza. Ecco allora che Mariano Lamberti Regista in solitaria e autore a quattro mani con Riccardo Pechini dello spettacolo, ci suggerisce l’adozione di un precetto buddista: pensare alla morte cinque minuti o cinque volte al giorno. Come in Buthan, il paese che invece del PIL calcola la felicità interna lorda. Magari a Natale invece della solita tombola, potremmo allora estrarre alla cieca un numeretto che rappresenti ipoteticamente gli anni che ci restano da vivere. Cosa ne faremmo? E quanto questa informazione potrebbe cambiare la nostra percezione sulla vita? Probabilmente molto di più di quanto saremmo disposti ad accettare.

Mariano Lamberti, regista di E.G.O. – Extreme Game Over.

EGO racconta con ritmo serrato proprio questo, impastando battute, citazioni, tradizioni popolari legate al culto dei morti, non per rimestare fastidiosamente su un tema che i più preferiscono ignorare, ma con la leggerezza di un narrato ironico e graffiante e dal quale non ci possiamo sottrarre, letteralmente. Un testo ricchissimo, pieno di tutto, vestito da stand-up comedy dove però non c’è lo schiaffo politicamente scorretto, ma solo una finestra sull'”oscura arte della felicità”. Sì perché possiamo esserlo, felici, davvero, solo apprezzando la nostra fugace presenza nel mondo, in qualche modo abituandoci a toccarla quotidianamente con mano.

Di fatto in questa miscellanea ideale da Kierkegaard a Valeria Marini, in cui passa dentro un tunnel sempre più stretto l’autoaffermazione e l’approvazione dell’altro, non possiamo che ritrovarci fatalmente coinvolti. La formula portata in scena da Balducci che canta, balla, imita, non perde un attimo il lunghissimo filato del copione è un format a sé, ormai divenuto riconoscibilissimo. L’attore romano che già in altre occasioni aveva dimostrato il suo talento duttile e pervasivo, si dimostra ancora una volta performer all’altezza di testi tanto densi e dopo Allegro non troppo e Fake, chiude con Ego questa straordinaria trilogia scenica.

Che dire? Bravo bravissimo il trio Lamberti-Pechini-Balducci in questo straordinario elogio dell’inutilità dell’apparenza social, che ci invita senza retorica ad accettare una più autentica seppur decadente bellezza, evitando la banalità dell’esorcismo della morte, ma offrendocela piuttosto come materia di quotidiana esperienza. È dopotutto anche questa una doverosa interpretazione dei precetti del Siddhārtha, ma più in generale della cultura indiana, abituata alla prossimità giornaliera con la marcescenza, che laggiù non è nient’affatto repulsiva, ma che esiste apposta per insegnarci la caducissima preziosità delle nostre esistenze.

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