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Madre: nell’antro dell’animo umano

Madre: nell’antro dell’animo umano
Fermata Spettacolo

Lo spazio de Il Funaro con la sua biblioteca e le sue sale dal 2022 è entrato a far parte dei Teatri di Pistoia, arricchendo l’offerta culturale del territorio e conservando quello spirito libero con uno sguardo oltre i confini che abbiamo sempre ammirato. Ogni anno regala perle agli spettatori più curiosi, come lo spettacolo “Madre” del Teatro delle Albe di Ravenna. Un vero piacere ritrovarli dopo anni di assenza in terra toscana.

Un’ancestrale cerimonia intessuta di magia si svolge davanti agli occhi del pubblico, mai così vicino, come succede invece nell’intimità de Il Funaro, trascinandolo in un’esplorazione attraverso territori insondati.

Un figlio corre verso il pozzo dove è caduta la madre. La voce gutturale e sibilante di Ermanna Montanari, accompagnata dalle note di un contrabbasso e dai disegni che appaiono e scompaiono su un cartoncino nero, si avvicina al microfrono. È l’inizio di Madre, il concerto scenico del Teatro delle Albe, che mescola realtà e allegoria, mito e fiaba, arti visive e sonore, in un viaggio viscerale che guarda dritto nell’antro dell’animo umano.

Ermanna Montanariin Madre. Fotografia di Enrico Fedrigoli, 2020

Ermanna Montanari, con la sua presenza magnetica, trasforma il leggio in un altare della parola, dove gorgheggi, versi e profezie prendono vita, attraverso suoni, immagini e parole.

Nei due monologhi del dittico, l’attrice dà vita a un confronto intenso tra madre e figlio, dove il dialetto romagnolo che a volte emerge, restituisce tutta la durezza della campagna e la crudeltà della vita. Le parole, masticate e rigettate in un grammelot arcano, si diffondono nell’aria come incantesimi, in cui la realtà si mescola con il fantastico, tra il mondo reale e quello dell’immaginazione.

Nel testo poetico di Marco Martinelli, dal sapore leopardiano, si dipana una narrazione ricca di simbolismi e tensioni latenti, un intreccio complesso di emozioni e significati. La madre che cade nel pozzo diventa il simbolo della nostra stessa Terra, di Madre Natura, che pur nella sua disperazione, accetta il suo destino con dignità e resilienza, mentre il figlio che non sa come salvarla riflette le incertezze e le ambiguità della nostra società.

In un impianto scenico a sfondo circolare e una regia essenziale e raffinata, le immagini che prendono vita dal gesso e dal sudore di Stefano Ricci, simili a fotogrammi surreali, aggiungono profondità e intensità alla narrazione e si fondono con il suono ammaliante del contrabbasso di Daniele Roccato (come le variazioni sul nostalgico tema del secondo movimento della “Settima sinfonia” di Beethoven), mentre le luci di Luca Pagliano, completano il quadro, illuminando la scena con bagliori lunari che si riflettono nella voce ovattata e sibilante di Ermanna Montanari, trasformando il figlio in madre e creando un intreccio suggestivo di suoni, immagini e sensazioni.

“Madre” è un’esplorazione delle relazioni familiari e delle dinamiche della natura stessa, dove le convenzioni vengono ribaltate e la verità emerge in tutta la sua cruda bellezza. Una piccola sinfonia a tre voci, cupa, primitiva e coinvolgente, quella del Teatro delle Albe, che accompagna lo spettatore a tu per tu con la madre di tutte le madri, quella su cui poggiamo i piedi e dalla quale siamo lontani da troppo tempo.
Come è caduta nel pozzo? Nessuno lo sa, né desidera scoprirlo.

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