Get Even More Visitors To Your Blog, Upgrade To A Business Listing >>

Io ed Emma, silenzi e voci di donna

Io ed Emma, silenzi e voci di donna
Fermata Spettacolo

È solo di poche settimane fa l’ondata di polemiche sollevata da un post della polizia di Stato, in merito alla lotta condotta contro la violenza di genere. Molte donne avevano denunciato situazioni di abusi e disagio rimaste inascoltate, o peggio irrise. Talvolta certe voci, per qualche strano e incomprensibile meccanismo, rimangono sommerse, portando a conseguenze irreversibili più spesso di quanto taluni non siano disposti ad accettare.

Io ed Emma, il toccante testo di Valentina Cognatti, che ne firma anche la regia, è una forte e al tempo stesso delicatissima vetrina di questo fenomeno. A parlare infatti, sono proprio le denunce stesse, reali, concrete, di donne inghiottite nell’abuso quotidiano. A pronunciarle Emma, la protagonista, una strepitosa Loredana Piedimonte, la cui potenza scenica, tutta chiusa dentro uno sguardo denso di parole, sembra quasi concederle una veste archetipica, unicum di tutte le istanze femminili, soffocate nel tempo e nello spazio. È la storia di una donna, di una madre, di una figlia, ma è soprattutto lo specchio di un conflitto, tanto famigliare, quanto sociale.

Io ed Emma, andato in scena al Teatrosophia dal 14 al 17 dicembre a Roma, sembra quasi un quadro d’autore, che va formandosi via via con dense pennellate di sentimento, ricostruendo piano un amore filiale perduto. Pochi oggetti in scena e luci ocra che disegnano profili di ombre umane attorno a un tavolo, dove Irene confessa alla madre la sua inaspettata gravidanza e con essa tutto il carico di anni di incomprensioni e silenzi incastrati fra i denti.

Il rapporto madre-figlia si dipana così di fronte agli occhi del pubblico, che scopre un vissuto difficile, in cui una moglie economicamente dipendente dal marito violento, impara a tacere, a nascondere, a sopprimere il dolore. Il risultato di questa protezione estrema e disperata è per assurdo la salvezza del rapporto di Irene col padre, al prezzo pesantissimo di un disgregarsi progressivo del legame con Emma, così strana e criptica nel mutismo del suo dolore. Colpisce soprattutto il famoso e reiterato senso di colpa, esperienza umanissima e tristemente diffusa fra le donne, “colpevoli a tutti i costi”, perfino per non essersi ribellate.

Uno sguardo, una prospettiva intelligente da cui guardare, come oltre il buco di una serratura, dentro le vite di queste due donne, raccontate soprattutto dall’occhio critico della figlia, interpretata nella versione adulta da una brava Martina Grandin. Sarà proprio Irene, indossando letteralmente i panni di Emma, a darci la chiave di lettura finale, con le spalle coperte da un vecchio soprabito, dentro una nuova vita. Irene la madre-bambina, ancora così arrabbiata, che sembra ereditare e al tempo stesso respingere la precoce maternità, nel terrore di assomigliare a una madre di cui non era riuscita a comprendere in tempo l’amore. Ma concorrono all’efficacia del racconto anche le altre età di Irene: l’adolescente, incarnata da un’altrettanto vibrante Viola Sura e la bambina: Nicole Caleffi, anche lei un precoce talento della scena.

È proprio il momento scenico del buio alternato in cui compaiono tutte e tre “le Irene” nel corso del tempo, a confronto con la madre, a strapparci una lunga e sentita stretta emozionale. La regia della Cognatti è in tal senso raffinata, gentile, precisa, intrisa di sottotesti e capace di restituire ai personaggi una valenza soprattutto umana, facilmente riconoscibile e condivisibile da un pubblico transgenerazionale.

Martina Grandin in “Io ed Emma” in scena al Teatrosophia di Roma dal 14 al 17 dicembre 2023.

Qualche purista tecnico dirà che non è opportuno moltiplicare “i bui” a teatro, prestando il fianco a un facile accostamento allo sketch filmico, ma mi sento di dire in questa occasione, anche per l’esigenza drammaturgica di riproporre in qualche modo apparizioni fantasmatiche del passato, che la scelta è più che azzeccata. Anzi di più, lascia esplodere empaticamente nello spettatore tutto il pathos psicologico accumulato durante il racconto. Pathos costruito con una dettagliata architettura testuale che non lascia nulla al caso, costruendo pezzo per pezzo il mosaico della narrazione.

D’altro canto i sentiti applausi della platea non hanno lasciato dubbi in merito, riconoscendo soprattutto al dualismo anche identitario fra Emma e Irene, un’opportunissima incensatura. Proprio questo confronto madre-figlia è forse il mezzo migliore per comprendere al meglio il personaggio della protagonista e per concentrarsi ancora e sempre su un tema come quello del femminicidio che dobbiamo continuare a contrastare, anche attraverso il racconto e quindi la denuncia dello stesso. Non ultimo proprio in ambito teatrale, un luogo che offre, laddove opportunamente colto, uno specchio dei tempi e soprattutto di noi stessi.

Lo spettacolo realizzato da Margot Theatre, si inserisce perfettamente nell’offerta attenta e perspicace di Teatrosophia, un luogo che più che un teatro è appunto una filosofia artistica, di questi tempi amarissimi, non solo in fatti creativi, rappresenta un’oasi di accoglienza e cura che meritava di essere sottolineata in questa sede. Insomma una piccola perla racchiusa dentro uno scrigno d’arte nel cuore del centro storico capitolino, entrambe da scoprire o riscoprire alla prima occasione utile, nella speranza e nell’attesa di rivedere presto in scena Io ed Emma.

Io ed Emma, silenzi e voci di donna
Fermata Spettacolo



This post first appeared on Fermata Spettacolo - Web Magazine Di Recensioni E, please read the originial post: here

Share the post

Io ed Emma, silenzi e voci di donna

×

Subscribe to Fermata Spettacolo - Web Magazine Di Recensioni E

Get updates delivered right to your inbox!

Thank you for your subscription

×