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Falstaff minimal corroborante al Teatro Verdi di Busseto

Falstaff minimal corroborante al Teatro Verdi di Busseto
Fermata Spettacolo

Uno scoppiettante Falstaff torna nella città natale del Maestro, ovvero al Teatro Verdi di Busseto per la regia di Manuel Renga e la direzione di Alessandro Palumbo, in scena per il Festival Verdi fino al 14 ottobre.

L’ultimo capolavoro di Verdi, realizzato in tarda età a corroborare l’unicità e l’incessante rinnovarsi del genio verdiano, vide la luce, dopo una lunga gestazione in collaborazione con il librettista Arrigo Boito, il 9 febbraio 1893 al Teatro alla Scala di Milano, e fu accolto con un grande trionfo a coronamento di una straordinaria carriera.

© Roberto Ricci

Una vera perla ammirare uno dei protagonisti più strabordanti del cigno di Busseto in uno dei teatri dalla minor capienza con i suoi deliziosi e unici 300 posti proprio a lui dedicato, ma dove lui, in realtà, stizzito per la pessima accoglienza ricevuta con la sua amata compagna Giuseppina dai compaesani, mai aveva messo piede (pur possedendovi un palco e avendo contribuito con la notevole somma di ben £. 10.000 alla sua costruzione, alla prima dove tutti lo aspettavano ammirati e in trepidazione, aveva dato clamorosamente ‘buca’).

E così, per ovviare alle dimensioni del teatro bomboniera, regista e direttore hanno dato prova di grande ingegno. Alessandro Palumbo ha ri-orchestrato la partitura con grande maestria e delicatezza, affidandola al quintetto d’archi Kyiv Virtuosi  e all’ensemble di fiati La Toscanini, con al piano Gianluca Ascheri, preservando nei limiti colori e timbri della magnifica partitura originale, sempre in perfetto accordo con la narrazione e la drammaturgia.

© Roberto Ricci

Manuel Renga, da parte sua, ha dato vita ad una regia minimalista ma funzionale, con l’utilizzo, su una scena scevra di orpelli, di soli pochi tavoli, utilizzati con un colpo di prestigio per ogni occorrenza: ora come osteria, ora come cesta, ora come salotto. E l’immaginifico ha preso corpo dal grottesco elisabettiano, con i bei costumi di scena di Aurelio Colombo, che firma anche le scene, e le ottime luci di Giorgio Morelli, che creano tagli e atmosfere suggestive. Il didascalico lascia campo all’immaginifico: così il tuffo nel fiume è un gioco di luci e coriandoli, il parco di Windsor è un semplice salotto, dove maschere e alberi si delineano nei contorni di quadri appesi alle pareti, fate e folletti si celano dietro sfavillanti abiti da sera, le corna non mancano, appese come trofeo anch’esse alla parete. E l’intimità di Sir John Falstaff si riflette nella solitudine di una parte di palco protesa verso il pubblico. I tempi sono sferzanti, la recitazione e mimica esilarante, tutto funziona con una semplicità disarmante.

© Roberto Ricci

Ottima prova anche per il giovane cast, dalla presenza scenica perfettamente modellata sulla scelta registica: profondamente umano il Falstaff di Franco Vassallo dalla voce imponente e lo humour inglese, che padroneggia la scena con sicurezza ed è capace di ridere di sé stesso con malinconia sorniona, denotando tinte più cupe (ricordiamo la sua ottima prova di ben altro protagonista verdiano al Carlo Felice di Genova ne I Due Foscari). Lo spalleggiano il Bardolfo di Roberto Covatta e il tonante Pistola di Andrea Pellegrini, esilaranti nelle scene in costumi femminili. Vivace l’Alice Ford di Ilaria Alida Quilico dal bel timbro chiaro e melodico, altrettanto l’incantevole Meg di Shaked Bar, spassosa ed emozionata la Quickly di Adriana Di Paola dal timbro scuro e avvolgente, specialmente negli splendidi esempi di parola declamata quali “Povera donna” e “Reverenza”. Bene i giovani innamorati ovvero la leggiadra Nannetta di Veronica Marin e l’impetuoso Fenton di Vasyl Solodkyy. Infine il geloso Ford di Andrea Broghini e il beffeggiato Dott.Cajus di Gregory Bonfatti.

Ne risulta una frizzante serata applaudita con vigore da un divertito pubblico.

Falstaff minimal corroborante al Teatro Verdi di Busseto
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