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Le Maschere di Mascagni: al Goldoni di Livorno va di scena il Carnevale degli archetipi

Le Maschere di Mascagni: al Goldoni di Livorno va di scena il Carnevale degli archetipi
Fermata Spettacolo

Al Teatro Goldoni di Livorno il Carnevale irrompe sulla scena grazie all’opera buffa mascagnana Le Maschere, firmata dagli estrosi registi palermitani Ugo Giacomazzi e Luigi Di Gangi, sotto l’attenta direzione di Mario Menicagli.

Rappresentata contemporaneamente in sei teatri, seguita da una settima rappresentazione posticipata di due giorni a Napoli a causa di un’indisposizione del tenore, la prima de Le Maschere del 1901 fu un clamoroso insuccesso, sia da parte del pubblico che della critica, non ancora pronta ad un’opera tanto inconsueta, che arrivò ad accusare persino gli autori d’imbroglio e turlupinatura. Mascagni rimise mano all’opera più volte, fino alla versione definitiva del 1931, accolta finalmente con gli onori dovuti. Un’opera poco nota, ma che merita la riscoperta in primis per l’originalissima parabasi, vero e proprio metateatro, precursore di ben venti anni dello stesso Luigi Pirandello e dei suoi Sei personaggi in cerca d’autore. Pregevole poi la volontà dell’autore di “far risorgere la Commedia dell’Arte”, allora come oggi in lento declino e quasi caduta nel dimenticatoio, grazie a quest’opera parodistica e satirica per eccellenza, dove con l’aiuto di Illica, la lingua colta stride con quella popolare, tra inserti dialettali, un’aulicità tutta letteraria ed il becerismo più trito.

© Trifiletti-Bizzi

Quindi chapeau al lavoro di recupero della dimenticata opera buffa a quaranta anni esatti dall’ultima edizione al Teatro Goldoni, riprendendo i bei costumi di Lindsay Kemp della storica edizione del Centenario de Le Maschere che si tenne nel 2001 al Teatro La Gran Guardia di Livorno. Una produzione che punta al recupero ed alla sostenibilità, se vogliamo dire, collaborando a braccetto con la Fondazione Carnevale di Viareggio, che a ragion veduta presta le sue maschere per eccellenza, Burlamacco e Ondina. Ed il risultato è esilarante come il Carnevale stesso, nelle cui date cadono le due rappresentazioni, guidate da una regia a quattro mani che ne mette in risalto allo stesso tempo la sua portata alchemica e spassosa: maschere che rappresentano l’umanità stessa nei loro archetipi, da interpretare  in una “somma di attitudini vere”, come sottolineava la volontà stessa dell’autore.

© Trifiletti-Bizzi

Troneggia così sulla scena il Burlamacco, anima della festa, nascosto da un lenzuolo bianco fino al disvelamento. E tutto il palco, dopo l’incipit della Cavalleria Rusticana, scelta registica che rende bene l’idea mascagnana, interrotta dall’irruzione sulla scena delle Maschere desiderose di un cambio di programma in loro favore a suon di striscione “Ogni uomo mente ma dategli una maschera e sarà sincero”, rivela come un grande laboratorio di carri di viareggina memoria, quasi un hangar della cittadella del Carnevale, dove infine prende corpo la testa festosa e ridanciana di un enorme Burlamacco, realizzato per l’occasione. Pochi gli altri oggetti di scena, arricchiti dall’utilizzo in toto del teatro, compresi platea e palchetti, per un coinvolgimento completo del pubblico. Grande la bellezza della raffinata Pavana, e la partecipazione per la coinvolgente Furlana, inserti accorti di un lungimirante Mascagni.

© Trifiletti-Bizzi

Buona prova per tutto il giovane cast, a partire da Massimo Cavalletti, un istrionico impresario Giocadio quindi davvero perfetto nella parte di Tartaglia con la sua importante voce baritonale. Da menzione Min Kim  nei panni di un Capitan Spavento dalla dizione perfetta, un timbro scuro e imponente, una parodistica presenza scenica. Buona prova anche per il Florindo innamorato di Matteo Falcier in risalto soprattutto nella serenata del terzo atto. Bene Marco Miglietta con il suo navigato Brighella e lo spigliato Arlecchino di Didier Pieri. Meno incisivo il Pantalone di Vladimir Alexandrovich, dalla dizione poco corretta e il canto pesante. Risultano nella parte anche l’innamorata Rosaura di Valentina Corò, dal timbro agile e brillante, e l’ottima presenza scenica e vocale della Colombina di Irene Bonvicini. Infine, il Dottor Graziano di Giacomo Medici completa in positivo il cast.

Direzione incisiva ed energica quella di Mario Menicagli, con un’orchestra che lo segue egregiamente. Ottima prova anche per il coro, esilarante nella Furlana del bis finale, accolta con entusiasmo da un caloroso e partecipe pubblico.

E l’augurio è, perché no, far de Le Maschere una tappa fissa belcantistica del Carnevale Livornese.

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