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Misery non è ancora morta

Misery non è ancora morta
Fermata Spettacolo

E’ andato in scena venerdì 9 dicembre al Teatro Goldoni di Livorno la pièce di Filippo Dini Misery tratta dall’omonimo e celeberrimo romanzo del maestro del thriller Stephen King e riadattato per il cinema da William Godman.

Dini si confronta con coraggio con un doppio capolavoro, non solo infatti il libro di King è da sempre uno dei capisaldi del genere, ma il film del 1990 rimane, a oltre trent’anni dalla sua uscita, un successo senza tempo che all’epoca fece guadagnare all’attrice protagonista, Kathy Bates, un Oscar e un Golden Globe.

Ma cos’è che rende questo capolavoro un classico? E soprattutto Dini ne è stato all’altezza?

Rispondo subito alla seconda domanda: sì, Misery di Dini è uno spettacolo appassionante e magistralmente orchestrato in ogni sua parte che tiene la tensione altissima anche per un pubblico che sa già l’epilogo della storia.

Ora passiamo alla prima domanda, Misery è senz’altro un capolavoro e lo è perchè sulla semplicità della sua struttura, un lungo dialogo a due che sul finale ospita una terza voce, è costruita su una trama complessa che però ha una lettura metatestuale chiarissima a tutti.

Paul Sheldon (in scena Aldo Ottobrino) è uno scrittore di romanzi reso celebre dalla saga di Misery, un’orfanella dell’Inghilterra del 1800 sfortunatissima e costretta a lottare per avere un piccolo posto nel mondo. La sua “ammiratrice numero 1” è l’infermiera Annie Walks (Arianna Scommegna) che vive da sola in una fattoria di un piccolo paese di montagna e che trova l’unico sollievo alla sua grigia esistenza proprio nella lettura delle avventure di Misery.

Annie trova Paul privo di sensi dopo un incidente in montagna e decide di portarlo a casa e curarlo, è qui che dopo pochi giorni dall’arrivo del suo idolo, costretto a letto da fratture a entrambe le gambe, che la donna scopre che lo scrittore ha deciso di far morire Misery mettendo fine alla saga. Annie non prende bene la notizia e decide che Misery non deve morire e che Paul deve scrivere il seguito in cui la sua eroina sarà riportata in vita.

Annie e Paul cominciano la stesura del romanzo, lo scrittore ha poca ispirazione ma la donna lo aiuta e lo sprona (spesso anche con la violenza) a continuare, e così tra un tentativo di fuga e qualche ossa rotta Sheldon riesce nella sua opera: Il ritorno di Misery. 

Ottobrino e Scommegna riescono con un’ottima interpretazione, aiutati dalla suggestiva scenografia rotante di Laura Benzi, a mettere in scena il vero significato di Misery: Annie infatti è la creatività dell’artista, è il demone della creazione che fa disperare quando manca e che pretende una totale abnegazione alla causa quando ritorna. Sheldon è costretto a scrivere, anche se non vuole, anche se è dolorante, lo fa di giorno e di notte, Annie arriva nel cuore della notte, lo sveglia suggerendogli un’idea per continuare la sua opera e lui non può fare altro che prendere la macchina da scrivere e creare.

Come ha detto Dini in un’intervista

Annie è l’esasperazione del desiderio e dell’amore per l’arte, di quella silenziosa e segreta preghiera che ognuno di noi innalza nel proprio cuore ogni volta che voltiamo la prima pagina dell’ultimo romanzo del nostro scrittore preferito. O che sediamo in platea, le luci si spengono e inizia lo spettacolo. Misery è una grande opera sul potere magico della narrazione.

E sull’ossessione che essa provoca in chi la fa e in che ne gode, aggiungerei io.

Misery di Filippo Dini, ma ancor più del maestro Stephen King, è un’opera appassionante e contorta che rivive dopo trent’anni a teatro con un cast assolutamente degno e un regista che sa collegare con armonia tutti i suoi piani interpretativi.

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